di Giorgio Spalluto – foto Getty Images
“Posso piangere come Roger ma non posso giocare come lui” è con queste parole che un Andy Murray, sull’orlo di una crisi pianto, rende omaggio alla superiorità del suo incredibile avversario, al termine di un match giocato in maniera impeccabile dal numero 1 del mondo.
“Sei troppo forte per non vincere un torneo dello slam” cerca di consolarlo Roger che, dodici mesi dopo, sembra indossare i panni che furono di Rafa Nadal al termine della finale dello scorso anno, intento a rincuorare l’avversario sconfitto, e in preda allo sconforto.
All’epoca Rafa si disse sicuro che il suo eterno antagonista avrebbe colto quei pochi successi che lo separavano dal record di slam di Pete Sampras e dal Career Grand Slam. Siamo sicuri che Murray si accontenterebbe anche di una minima parte del bottino incamerato da Roger da allora: 3 titoli dello slam (Parigi, Wimbledon e appunto Melbourne) e una finale persa di un soffio a New York.
Non ci sono parole o aggettivi di cui non si sia abusato, per descrivere la grandezza di questo campione che torna a trionfare in Australia dopo un digiuno di 3 anni. Quello odierno è il 4° sigillo a Melbourne (raggiunti Andre Agassi, Jack Crawford e Ken Rosewall), il primo da papà, in quella che era la sua 22.esima finale in uno slam.
Purtroppo per Murray, proprio contro lo scozzese, lo svizzero ha giocato 2 delle migliori finali di slam della sua impareggiabile carriera. A New York nel 2008, lo aveva demolito dall’inizio alla fine, togliendogli il tempo e affondando di dritto non appena ne aveva l’occasione.
La cronaca. Analogamente ad allora, anche quest’oggi Roger è partito alla grande; incamera subito nel 2° game il break, aspettando il momento giusto per girarsi sul dritto e affondare con l’inside out. Lo scozzese rientra subito in carreggiata, ottenendo il controbreak, con 2 passanti straordinari, sfruttando 2 voleè non definitive dello svizzero. Sul 2-2, Murray ha 3 palle break per portarsi a sua volta avanti di un break. L’elvetico si salva grazie al servizio e chiude il game con i primi 2 ace dell’incontro. E’ tutta qui la differenza tra i 2 giocatori. Roger, a differenza di Andy, può contare su un buon numero di punti gratuiti, con cui tiene anche il servizio del 4-3. Nell’ottavo gioco, Murray esordisce con un doppio fallo e va subito sotto 0-30. Sul 30 pari, Federer si esibisce nello stesso scambio, prima in un rovescio stretto in controbalzo e poi in un rovescio lungolinea da sogno. Sulla palla break è ancora lo svizzero a osare, con un’accelerazione di dritto lungolinea, su cui non può nulla lo scozzese.
Si chiude un primo set (6-3) molto equilibrato, con Murray che può recriminare per una delle 3 palle break non sfruttare sul 2-2, e per una percentuale di prime del 45%, cui si va a sommare un ancor più deficitario 33% di punti sulla seconda.
Federer si è aggiudicato 47 partite su 48 a Melbourne, quando ha vinto il primo set (fu sconfitto solo da Safin nella semifinale epica del 2005). Non una bella statistica per “Muzza” che nella conferenza stampa prepartita, aveva detto che non si sarebbe fatto scoraggiare da una partenza sprint dello svizzero, memore di quanto accaduto a New York nella finale vinta in rimonta da Del Potro.
Nel secondo set la musica non cambia. Federer vola via subito in apertura, brekkando a zero l’avversario nel 3° game. Può conquistare il 2° break di vantaggio, sia nel quinto gioco che nel settimo, ma non sfrutta rispettivamente 2 e 3 palle break, grazie anche a una ritrovata verve dello scozzese al servizio.
Se Murray fa una fatica dell’anima per difendere i suoi turni di battuta, Roger fila via liscio, tenendo a zero il servizio del 5-3 e a 15 quello che gli consente di chiudere il secondo set col punteggio di 6-4, al termine di un parziale che sarebbe potuto essere molto più pesante per lo scozzese.
Altro triste presagio statistico per Murray: solo in 2 occasioni Roger non è riuscito a portare a casa un match in cui si era trovato avanti di 2 set (con Hewitt in Davis nel 2003, e con Nalbandian nella finale del Master del 2005)
Dopo aver esordito perdendo il primo 15, in 7 dei primi 8 turni di battuta, lo scozzese inaugura il terzo set dimostrando di aver acquisito una certa continuità con questo fondamentale. Cede solo un punto (un doppio fallo) nei primi 2 turni di servizio, e non sfrutta una palla break nel secondo game, al termine di un lungo scambio concluso con un lungolinea di rovescio impreciso, decisamente alla sua portata.
L’occasione per brekkare l’avversario, si ripresenta poco dopo, proprio quando Murray sembra risentire di un problema al ginocchio. Nel sesto game, lo svizzero si distrae e concede allo scozzese 3 palle break consecutive. La terza è quella buona per Murray che esce vincitore da uno scambio ravvicinato e si lascia andare all’urlo di Munch che aveva già sfoggiato dopo il famoso passante in giravolta contro Cilic.
Andy sfrutta il “momentum” per allungare sul 5-2 e mettere una seria ipoteca sul 3° set. Federer sembra essersi preso una piccola pausa, la prima del match, a dimostrazione che anche lo svizzero è umano…Non abbastanza per Murray, però, che si fa riprendere proprio nel momento in cui è chiamato a servire per il set. Lo scozzese, che fino a quel momento aveva ceduto solo 4 punti nel set sulla propria battuta, concede il controbreak con un errore di dritto in diagonale, il colpo che più lo ha fatto dannare per tutto l’incontro.
Murray è bravo però a garantirsi il tiebreak, sul 5-5, tenendo a fatica un turno di battuta impreziosito da una fantastica demivoleè angolata di Federer, che però deve arrendersi ai 3 ace messi a segno complessivamente nel game, dallo scozzese.
Si va così al tiebreak, con Murray che ottiene subito il minibreak, ma spreca tutto sul 3-1 con un rovescio in corridoio. Ne approfitta Federer che si porta 4-3 grazie al 4° errore di rovescio dell’avversario. Un dritto in contropiede e un ace regalano il 5-4 a Murray che con un passante stretto di dritto si procura i primi 2 setpoint: 6-4. Federer li annulla prima con un angolo pazzesco di dritto e poi beneficiando di un sanguinoso errore di dritto da metà campo del suo avversario, poco coraggioso nell’occasione. Poco più tardi Murray fallisce un occasione ancora più ghiotta, sul 7-6, mettendo larga una volée di rovescio abbastanza elementare per lui. Graziato più di una volta, Federer va a matchpoint sull’8-7, ma mette fuori di pochissimo un passante in corsa di dritto: 8-8. Sul 9-8 in suo favore, Murray spreca il 4° setpoint fallendo un lob non impossibile, giocato però in equilibrio precario. Sul 9-9 è Federer a prendere il coraggio a 4 mani ed a presentarsi a rete con una stopvolley di rovescio clamorosamente perfetta: 2° matchpoint (10-9) per il numero 1 del mondo che, però, commette un madornale errore di valutazione, non chiudendo a rete un recupero di rovescio dell’avversario, battezzato erroneamente fuori: 10-10 e partita sempre più emozionante con Murray che si procura un 5° setpoint, annullato da un servizio vincente di Roger che con un dritto in contropiede si procura il terzo e decisivo matchpoint. Finisce 13-11, uno dei tiebreak più emozionanti che l’Open di Australia ricordi.
Ennesimo trionfo per Federer che può così asciugare le lacrime versate 12 mesi or sono. Il successo odierno, il 16° in uno slam, gli consente di staccare ulteriormente Pete Sampras (14), cui Roger si appresta a strappare anche l’ultimo record che gli manca: quello delle settimane da numero 1. La settimana prossima Federer eguaglierà Jimmy Connors a quota 268 settimane in testa al ranking, al terzo posto di questa speciale classifica. Il distacco sugli inseguitori è tale per cui, due settimane più tardi (15 febbraio), tra 2 settimane raggiungerà Ivan Lendl (270 settimane), lanciandosi a caccia di Pete Sampras, che potrebbe eguagliare la settimana successiva al Roland Garros.
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