(*) Mentre Michael Stich metteva a punto il suo successo a Wimbledon, Sandro Della Piana si recò in Finlandia. Modesto giocatore svizzero, mai oltre il n.325 ATP, pensava che il circuito satellite a Lohjan Kunta fosse una buona occasione per dare ossigeno alla sua carriera. In quel luglio 1991, Della Piana capì che non avrebbe mai avvicinato Marc Rosset e Jakob Hlasek, migliori svizzeri dell'epoca. In singolare perse sempre al primo turno, fece qualcosa di meglio in doppio insieme al finlandese Pasi Virtanen, nome che ritroveremo in questa storia. Ma in quei giorni successe anche altro: Della Piana conobbe una bella ragazza del posto, di nome Pirjo. Più che amore a prima vista, fu un colpo di fulmine. Le date coincidono in misura scientifica: nove mesi dopo, il 31 marzo 1992, nacque Henri Laaksonen. In quei giorni, Della Piana si trovava negli Stati Uniti per giocare altri tornei satellite. L'amore con Pirjo era sfumato presto, ma era rimasto il dono più bello: un ragazzo sano, dai geni perfetti per intraprendere la carriera di sportivo, giacché anche la madre aveva giocato a tennis. Il destino ha preso forma quando Henri ha incontrato Pasi Virtanen. Già, lo stesso che in quei giorni galeotti faceva coppia con il padre. Virtanen è un tipo preciso, in gamba. Per anni ha allenato l'estone Jurgen Zopp e dopo ogni partita si recava dallo staff del torneo, chiedendo una stampa delle statistiche del match. Vuole sempre analizzare tutto. E' stato lui a plasmare il tennis di Laaksonen, forse il più temibile tra i nostri avversari nel weekend di Pesaro. Senza Roger Federer (che ha ripreso ad allenarsi dopo l'intervento al ginocchio) e Wawrinka (che ha scelto una danarosa esibizione negli States), il team svizzero di Coppa Davis è un pozzo da scoprire, fonte alternativa di conoscenza tennistica. Di Antoine Bellier non si sa nulla, probabilmente Severin Luthi l'ha scelto per fargli fare esperienza. Adrien Bossel è noto per avere un pacemaker, frutto di una vecchia operazione al cuore. L'unico con un po' di pedigree è Marco Chiudinelli, ex top-60 ATP che a 34 anni ha ritrovato smalto. Qualche giorno fa ha vinto il terzo challenger in carriera, a Wroclaw. Il più importante, a quasi sette anni dall'ultimo. “Non avessi avuto un mare di infortuni, il mio posto sarebbe stato a ridosso dei primi 50” ha detto. Purtroppo per lui, a Pesaro si giocherà sulla terra battuta. E allora, volendo credere alla sua biografia sul sito ATP, l'avversario più pericoloso dovrebbe essere Laaksonen. C'è scritto che la sua superficie preferita è la terra battuta. Sarà, anche se non ci gioca dallo scorso agosto. Numero 174 ATP, sua miglior classifica, ma è in ritardo. Nel 2013 si era già affacciato tra i top-200. Un brutto infortunio nel 2014 lo ha costretto a fermarsi, poi la fretta di tornare non gli ha dato una mano. E la classifica ha ripreso a piangere.
RIFUGIO NEL PAESE DI PAPA'
Però ha chiuso alla grande il 2015, vincendo il suo primo challenger a Champaign, battendo in finale quel Taylor Fritz che oggi sta facendo sfracelli. Già che c'era, ha vinto anche la settimana dopo a Waco, Texas. Ma quello era un Future. Un paio di settimane fa ha passato le qualificazioni e un turno al torneo ATP di Memphis. Exploit sui campi duri, ma sufficienti per provare a conoscerlo meglio. Scavando qua e là, si scopre un personaggio interessante, combattuto tra due culture: la Finlandia della mamma e la Svizzera di papà. “In Svizzera fa più caldo, non c'è bisogno di guidare così spesso con le catene da neve” ha scherzato in una delle rare interviste. Si è formato tennisticamente a Lohjan Kunta e non c'è dubbio che Virtanen abbia fatto un buon lavoro: nel 2008 ha vinto i campionati europei Under 16. L'anno dopo ha colto le semifinali al Roland Garros Junior. Questi risultati hanno convinto Kim Tiilikainen a convocarlo in Coppa Davis ad appena 17 anni. Senza Jarkko Nieminen, la Finlandia si trovò 1-2 contro il Principato di Monaco. Con le spalle al muro, lo mandò in campo e lui vinse in cinque set contro Clement Morel. Wow. Però la Finlandia iniziava a stargli stretta. Capì che il tennis poteva dargli da mangiare, allora fece un paio di tappe esplorative in accademie tedesche e francesi. Niente di che. Poi, l'illuminazione: perché non dare un'occhiata nel paese di papà? Dopo il ritiro, Sandro Della Piana si è riciclato come coach e non ha mai rinnegato il figlio. Si sono conosciuti e apprezzati, tanto che il padre gli ha dato più di un consiglio e lo ha ospitato nella sua accademia di Schaffausen. E così, grazie al doppio passaporto, ha trovato posto presso il Centro Tecnico Nazionale di Biel (Bienne, per i francofoni). Da lì, la scelta di giocare per la Svizzera. “In Finlandia non ci sono compagni di allenamento, ci sono meno allenatori validi e ancor meno tornei. Al contrario, in Svizzera c'è tutto quello di cui ho bisogno” disse per giustificare la scelta. All'epoca le frontiere della Davis erano ancora aperte: chi aveva già rappresentato una nazione poteva vestire un'altra divisa, a patto di avere i documenti in regola e tre anni di verginità tennistica. Preoccupati dall'assenza di ricambi, gli svizzeri lo hanno preso al volo e nel 2013 ha esordito con la nuova nazionale. Lo ha fatto anche bene, scippando un set a Tomas Berdych. Ma per questo ragazzo timido, che non ride quasi mai, l'incidente diplomatico era dietro l'angolo. E non riguarda le sue competenze linguistiche: Henri parla finlandese e inglese, ma fatica con il tedesco, lingua più parlata in Svizzera. Francese e italiano? Manco a parlarne.
EX CATTIVO, UOMO DAVIS A SORPRESA
Nel settembre 2013, la Svizzera ha ospitato l'Ecuador in uno spareggio per restare nel World Group. Laaksonen era in squadra, diceva che i consigli di Wawrinka erano utili e preziosi per un giovane. Ma alla vigilia del match è successo qualcosa. Qualcuno sostiene che Laaksonen fosse troppo indolente durante un allenamento, qualcun altro che voleva palleggiare “alla pari” con Wawrinka, ignorando le esigenze del compagno: Stan doveva entrare in palla e aveva bisogno di uno sparring partner. Comunque sia, fu cacciato dal team. E Wawrinka non le mandò a dire. “In Svizzera ci sono alcune giovani promesse: tra loro, purtroppo, c'è qualcuno che pensa che tutto sia permesso e tutto sia dovuto. Se Henri non è con noi oggi è perché certi comportamenti non sono accettati. Alla sua età, con la sua classifica e i tanti aiuti di Swiss Tennis, non ci si può permettere di offendere i coach e il capitano. Non voglio più condividere un campo da tennis con lui”. Swiss Tennis lo ha multato, anche se non è mai stata diffusa l'entità della sanzione. L'anno dopo fu fatto fuori dal team, salvo che per il match contro il Kazakhstan, dove prese il posto di Marco Chiudinelli (pur senza giocare). Non fu tenuto in considerazione per semifinale e finale, ma lo scorso anno è tornato protagonista. Mentre l'etichetta di “cattivo” è passata a Yann Marti, che fu letteralmente cacciato per i litigi con compagni e capitano (non accettò il mancato schieramento nella prima giornata, si sussurra che qualcuno abbia alzato le mani), Laaksonen ha infilato due prestazioni d'oro, totalmente inattese. Ha battuto prima Ruben Bemelmans e poi Steve Darcis, in trasferta, entrambi in cinque set. La doppia impresa non è bastata per espugnare Liegi, ma è sufficiente per definirlo uomo-Davis e per considerarlo meritevole di rispetto. E' un tipo strano, Laaksonen: esulta poco, quasi non sorride. Dopo la vittoria su Darcis si è concesso l'unico vezzo di lasciar cadere per terra la racchetta. Per il resto è indecifrabile. Il linguaggio del corpo è quasi dimesso, ma il tennis non è male. Buon rovescio bimane, dal bel movimento compatto, dritto un po' artigianale ma efficace, servizio che scimmiotta alla lontana il movimento di Novak Djokovic. Onestamente, non un fenomeno. Però i suoi compagni hanno speso buone parole su di lui. Federer è convinto che potrà acciuffare i top-100, lui dice che i primi 50 possono essere alla portata. Il problema principale riguarda la continuità: a febbraio ha giocato il torneo Future di Trimbach e ha perso nei quarti contro Daniil Medvedev, 20enne russo che non ha alcun legame con l'ex numero 4 ATP. Non esattamente il miglior viatico per battere gli azzurri, tuttavia la storia della Davis insegna che le classifiche vanno a farsi benedire, così come i pronostici. Lo dice anche la storia di Henri Laaksonen, il finlandese che non ride mai e gioca per la Svizzera.
(*) L'articolo è stato scritto per il sito della Federazione Italia Tennis. Lo riproduciamo su autorizzazione dell'Ufficio Stampa FIT
Svizzero per scelta, davisman nell’anima
Henri Laaksonen, n. 2 svizzero, è in realtà finlandese. Nato da un flirt estivo, ha scelto la Svizzera perché offre strutture e possibilità migliori rispetto al paese natale. Parla poco, ride ancora meno ma in Davis ha fatto ottime cose. Dopo aver litigato con Wawrinka. (Foto Costantini – FIT)