Niente di nuovo, tutto come previsto. Novak Djokovic si prende lo Us Open per la seconda volta e lo fa con una prova di forza, classe e solidità contro Roger Federer, battuto 6-4 5-7 6-4 6-4 in 3 ore e 23 minuti di lotta, sommate alle tre ore di attesa che hanno fatto slittare la finale in sessione serale. E' difficile raccontare cose originali quando due giocatori si affrontano per 42 volte e offrono partite bellissime, ma molto simili tra loro. C'è sempre da divertirsi perché tra Roger e Novak c'è un vivace contrasto di stili, ma poi decidono i dettagli. Sulla distanza dei tre set su cinque, il margine a favore di Djokovic aumenta. Si è visto anche stavolta, quando Federer ha avuto bisogno di un rabbocco di benzina a fine terzo set. Il serbo è volato 5-2 (e servizio) nel quarto e tutto sembrava pronto per la premiazione, i rituali, le stelle filanti rosse, bianche e blu, i colori della bandiera americana ma anche di quella serba. Invece Federer ha giocato due game paranormali (“Anche se sul 5-2 e 15-0 ho avuto un rovescio facile e l'ho sbagliato” ha poi detto Djokovic) e per poco non riusciva nel clamoroso aggancio, ripetendo una trama già vissuta nella finale di Wimbledon 2014, quando artigliò il quarto set ma gli girò male nel quinto. Nell'ultimo game si è trovato 15-40 sul servizio di Djokovic e lì, forse, qualcosa sarebbe potuto accadere. Invece Nole ha trovato una buona prima di servizio e due scambi solidi, ottimamente giocati, fino a prendersi il successo un paio di minuti dopo, peraltro dopo aver annullato una terza palla del 5-5. Per lui è lo Slam numero 10, la cifra dei campioni, dei Maradona, dei Platini, dei Pelè. Ma nel tennis significa entrare in un'elite sempre più ristretta, al pari di Bill Tilden a una sola lunghezza da due leggende come Bjorn Borg e Rod Laver. Ci sarà tempo per domandarsi (di nuovo!) dove arriverà il serbo. Ma è un dato di fatto che nove mesi fa il distacco da Federer fosse di 10 Slam, oggi ridotti a 7, peraltro con due finali vinte risolte da scontri diretti.
I NUMERI DICONO TANTO, MA NON TUTTO
Federer l'ha presa male. A 34 anni, con una moglie e quattro figli in più, non si è spinto fino alle lacrime come accaduto all'Australian Open 2009 dopo il KO contro Rafa Nadal, ma era molto seccato. I rapporti tra i due sono freddi: rispetto, ammirazione, magari anche stima, ma non andranno mai d'accordo. Se poi ci si mette Boris Becker con le sue dichiarazioni al vetriolo, prima nel suo libro e poi con le osservazioni sulla SABR, è ancora più complicato farli diventare amici. Roger ci ha provato, ci ha creduto. Il suo problema è rappresentato dai numeri, non certo dal gioco. Ha avuto la bellezza di 23 palle break e ne ha sfruttate appena 4. Al contrario, Nole è stato più concreto con un buon 6 su 13. La partita si è decisa lì, specie se ricordiamo che Federer ha chiuso con un saldo in attivo tra colpi vincenti ed errori gratuiti (56 a 54), mentre Djokovic ha chiuso in negativo (35 a 37). Eppure ha vinto il serbo, in quattro set, dando sempre l'idea di essere in controllo. Insomma, i numeri spiegano tanto ma non tutto. Il match è partito in salita per Federer, poco incisivo nei colpi di inizio gioco e travolto in un primo set chiuso 6-4 ma in cui il divario è parso ancora più ampio. Tra l'altro, Djokovic è caduto nel quarto game e seguito di una scivolata, procurandosi alcune escoriazioni a gamba e braccio. Ha perso il servizio, ma non ne ha risentito. Nel secondo, Roger ha messo a punto il servizio ed è diventato via via più insidioso in risposta. Ha avuto grandi chance (compresi due setpoint sul 5-4, uno malamente sciupato), ma le ha concretizzate solo sul 6-5, chiudendo il set con un maestoso rovescio in avanzamento su cui il serbo ha raggiunto a malapena la palla. E' stato importante il terzo set, in cui Federer ha avuto tante occasioni ma le ha perse tutte, cedendo ben quattro game in cui ha avuto la palla per vincerlo. Djokovic ha fatto il suo compito e si è aggiudicato il parziale. L'equilibrio si è finalmente spezzato e il serbo ha dominato il quarto prima che Roger avesse la rabbiosa reazione già raccontata, ma insufficiente per rimettere in sesto la partita.
NOLE BATTE ANCHE IL PUBBLICO
“Il 2015 è stata una stagione fantastica, al pari del 2011 – ha detto Djokovic – però questa me la godo di più perché oggi sono un marito e un padre”. Ha poi risposto alle mini-ovazioni del pubblico ma non era contento, per nulla. Quattro anni fa provò ad attirarsi le simpatie del pubblico indossando il cappellino dei Vigili del Fuoco di New York, peraltro nel decennale dell'11 settembre. Stavolta la sua espressione tradiva il nervosismo per un pubblico tutto schierato per Federer e quasi antisportivo, fino ad applaudire i suoi errori. Non capiva, il pubblico di New York, che Nole trae linfa vitale da queste situazioni. Nonostante un palmares sempre più importante, non è entrato nel cuore della gente come Federer (e non ci riuscirà mai) e nemmeno come Nadal. L'unico modo per continuare a provarci è vincere, e lui lo sta facendo alla grande. L'estate americana era stata buona ma non eccezionale: finale a Montreal (KO con Murray), finale a Cincinnati (KO con Federer) e qualche partita così così. Morale della favola? Nell'appuntamento più importante, Murray si è sciolto negli ottavi e Federer ha pagato i 6 anni di differenza che sono via via più importanti. Siamo convinti che lo svizzero avrebbe preferito sfidare sia Djokovic che Nadal a parità di età anagrafica, e forse la storia degli scontri diretti sarebbe diversa. Ma è anche vero il contrario, la classica coperta corta: se Nadal e Djokovic avessero avuto la sua stessa età, avrebbe vinto 17 Slam? Avrebbe dominato come gli è accaduto nel quadriennio 2004-2005-2006-2007 (per intenderci, quello in cui ha concentrato undici dei suoi diciassette Slam?). Domande interessanti ma senza risposta. Per adesso, le risposte al suo tennis le possiede soltanto Novak Djokovic: a 34 anni, non è un cattivo risultato. Ma se ti chiami Roger Federer, la seconda posizione e i piazzamenti in finale stanno stretti. Molto, molto stretti. Intanto Djokovic lo ha raggiunto nel computo degli scontri diretti (21 a 21) e sgomita sempre di più per prendersi il suo posto nella storia. Ce l'ha già, ma gli obiettivi sono sempre più alti. E se avesse avuto ragione papà Srdjan, quando disse che a fine carriera suo figlio sarebbe stato ricordato come il migliore di sempre? No, meglio non addentrarsi in questi discorsi…
US OPEN 2015 UOMINI – Finale
Novak Djokovic (SRB) b. Roger Federer (SUI) 6-4 5-7 6-4 6-4
Novak Djokovic – 10