Non sappiamo se essere arrabbiati o meno con gli organizzatori dell'Australian Open. Hanno ignorato la richiesta di wild card di Francesca Schiavone, privilegiando le indigene Tammi Patterson, Kimberly Birrell e Storm Sanders. Ragazze giovani, con un buon futuro davanti. Ma Francesca – al netto della nazionalità e dell'affetto che nutriamo nei suoi confronti – avrebbe strameritato l'invito. E' inutile ricordare il suo palmares, o il fatto che bazzica nel tour da quasi 20 anni. Si parla di Australia, allora è opportuno ricordare gli ottavi di cinque anni fa, quando impiegò 4 ore e 44 minuti per battere Svetlana Kuznetsova ed entrare nella leggenda di questo torneo. Per l'Italia era un brutto periodo, soprattutto sul piano morale. Il termine “olgettine” era diventato di dominio pubblico e Fabio Maccheroni colse il parallelo in uno splendido editoriale sulla free press “Leggo”. La Schiavone rappresentava il lato bello, pulito e incontaminato della donna italiana. Oggi non è più una top-10, ma è sempre lo stesso. Anzi, ancora di più. Perchè è uscita dalle top-100 eppure cerca disperatamente di acciuffare il main draw dell'Australian Open. Per questo, gli organizzatori cattivoni ci hanno regalato una storia. Dovesse farcela, avrebbe la quasi certezza di diventare la tennista ad aver giocato più Slam consecutivi. Adesso è ferma a 61, Ai Sugiyama la precede a 62. Tenendo conto che al Roland Garros dovrebbero accoglierla con i tappeti rossi, diventa chiave la tappa australiana. Gli uomini di Craig Tiley hanno optato per la Giovine Australia, ma lei non ha fatto una piega. A Melbourne con una settimana di anticipo e allenamenti sempre più intensi, oseremmo dire “cazzuti” (nel 2016 si può dire-scrivere, vero?). Tre match extra per centrare il miracolo, tre match lontano dalla folla del tempo che fu. Il primo ostacolo era duro. An-Sophie Mestach viene dal Belgio, ha 22 anni scarsi ed è una ragazzona possente. Un ostacolo duro perché, negli stessi giorni di Schiavone-Kuznetsova, l'avevamo vista spadroneggiare proprio a Melbourne Park. Era una ragazzina e vinse sia il singolare che il doppio nella prova junior. Tempo dopo, sarebbe diventata numero 1 ITF. Qualche romantico ha pensato che potesse essere una degna erede di Kim Clijsters (che ricorda molto più della Henin). Ad oggi qualcosa è andato storto, se è vero che non è mai andata oltre le 98esima posizione WTA e oggi langue al numero 158.
EFFETTO MALINCONIA, PERO'…A-HIIIII!!
Forse gli organizzatori si sentono in colpa, così hanno programmato il match sullo Show Court 3, una sorta di “centrale” delle qualificazioni, con 3.000 posti a sedere e una dignitosissima copertura TV. Oltre allo straming gratuito su Youtube, abbiamo potuto seguire l'incontro in TV su SuperTennis. Se possibile, l'effetto malinconia è stato ancora più grande. Da una parte è parso di rivedere la Schiavone di qualche tempo fa, quando battagliava su quegli stessi campi. Nottate piene di emozioni, sublimati da belle vittorie e sconfitte dolorose ma altrettanto epiche. Dall'altra si avvertiva che mancava qualcosa. Il pubblico, prima di tutto. I seggiolini verde pistacchio dello Show Court 3 erano quasi tutti vuoti e non deve essere stato facile, per l'adrenalinica Schiavone, trovare carica e motivazioni in un clima spettrale. Ci siamo tranquillizzati solo quando abbiamo sentito i primi “A-hiiii” ad accompagnare ogni colpo. Era lo squillo di tromba, il segnale che Francesca c'è. La milanese ha vinto 7-6 4-6 6-0 ma non è stata facile, contro una giocatrice che ricorda un po' CoCo Vandeweghe per il modo di portare i colpi. La Mestach vorrebbe essere potente, ma non lo è a sufficienza. Però non compensa l'assenza di punch con due gambe rapide. Insomma, ci stupiremmo nel vederla tra le top-25, un giorno. Però era più motivata che mai, quasi strabordante nel vestitino nero reso ancora più ridicolo dagli shorts bianchi. Da par suo, la Schiavone indossava un completo attillato, come a voler mostrare un fisico tirato a lucido, sostanzialmente perfetto. Le due sono rimaste in campo 2 ore e 34 minuti, comprensive di raffiche di vento, qualche spruzzata d'acqua e tanti ribaltamenti di fronte.
NIENTE SENTIMENTALISMI CON VIRGINIE
La Schiavone ha preso il largo nel quinto game, poi ha avuto la chance di andare 5-2 e servizio. L'ha fallita, ha sciupato una manciata di setpoint e si è fatta riacchiappare. Fantasmi. Fantasmi che compaiono quando non sei più tanto abituata a vincere. Bene o male, ha portato a casa il primo tie-break e la strada sembrava in discesa, specie sul 7-6 2-0. Niente di tutto questo. La Mestach ha capito che Francesca aveva qualche problema se veniva attaccata sul rovescio, o se doveva spingere con il dritto su palle senza peso. L'età che avanza non la noti guardandola, ma te ne accorgi quando prova a spingere il rovescio in topspin. E' più lenta nell'organizzare il movimento, arriva spesso in ritardo e non sempre lo slice è una soluzione praticabile. Vengono fuori palle un po' corte, magari fuori in larghezza. Tanto è bastato alla Mestach e al suo tennis un po' insipido per allungare la pugna al terzo set. Ti aspetti la battaglia, l'ennesimo “drama” griffato Schiavone, invece il terzo è stato una passeggiata. Francesca ha tirato tre rovesci vincenti nei primi nove punti del set (tutti vinti) e ha dato il la al 6-0 finale, frutto di un parziale di 25 punti a 5. Quando la tensione agonistica era ormai svanita, le abbiamo visto tirare un paio di smorzate da standing ovation. Peccato che non le abbia viste quasi nessuno, almeno dal vivo. Francesca è viva, il sogno è a “-2”. La prossima avversaria è di quelle complicate. Un'altra veterana, una giocatrice con una storia drammatica. Virginie Razzano è ricordata per il clamoroso successo su Serena Williams al Roland Garros 2012, dopo che le era morto il compagno per una grave malattia. Una storia che ha commosso la Francia. Ma non ci sarà spazio per i sentimenti, nella notte europea tra giovedì e venerdì. Francesca ha un obiettivo da raggiungere, una piccola favola da scrivere. Dovesse farcela, sarebbe tra le più belle di una carriera che pure ha tanto da raccontare. Ma non possiamo definire altrimenti un viaggio di migliaia di chilometri, a quasi 36 anni, con la speranza di sentire, “one more time”, quelle sensazioni che ormai sembrano sopite. Contro la Razzano ha giocato sei volte, vincendone cinque (2-0 sul cemento all'aperto), ma ci ha perso l'ultima volta, sei mesi fa a Strasburgo. Entrambe sapranno bene cosa fare. Francesca può farcela. Per dare l'ennesimo godimento a se stessa e un bello schiaffo morale a chi si è permesso di chiuderle la porta in faccia. Preferendole Tammi Patterson, Kimberly Birrell e Storm Sanders.