Chissà se Alexander Zverev conosce i metodi adottati da Ivan Lendl con i ragazzi americani che supervisiona da un paio d'anni. Come gli accadeva da ragazzino, a Ostrava, applica una punizione per ogni sgarro: 5.000 passi se lanci una racchetta, 3.000 se ti presenti col cappellino all'indietro e 1.000 per ogni minuto di ritardo agli allenamenti. Il tedesco ha lo scatto d'ira facile, come ha mostrato sul finire del match contro Isner a Miami, quando ha distrutto la sua racchetta e poi l'ha lanciata in mezzo al pubblico. E poi – anche se il diretto interessato smentisce – pare che una delle ragioni di scontro con l'ex coach Juan Carlos Ferrero fosse la sua tendenza ad arrivare in ritardo agli allenamenti. Se davvero dovesse intraprendere un percorso tecnico con Lendl, è bene che conosca le idee dell'ex n.1 del mondo. Più o meno in contemporanea all'annuncio della separazione tra Djokovic e Agassi, è emersa l'indiscrezione secondo cui Zverev potrebbe farsi seguire proprio da Ivan il Terribile. La fonte è un avvistamento in tribuna, venerdì scorso, durante la semifinale contro Borna Coric a Miami. In effetti, nel team Zverev manca una figura di riferimento. Il suo tennis si è sviluppato con i consigli di papà Alexander Sr. e mamma Irina, entrambi giocatori di livello nell'ex Unione Sovietica. C'è anche il fratello maggiore Mischa, senza dimenticare il preparatore atletico Jez Green. E chissà che non sia proprio quest'ultimo il “gancio” per arrivare a Lendl. Green ha lavorato per anni con Andy Murray, anche quando lo scozzese era seguito da Lendl.
POSSIBILE IMPEGNO PART-TIME?
L'ex campione cecoslovacco (oggi cittadino americano a tutti gli effetti) si è costruito la reputazione di coach in grado di cambiare una carriera. Questo non significa che Zverev sia in crisi: anzi, le performance a Miami ne hanno rilanciato le quotazioni dopo un avvio di stagione un po' incerto. Però ha un problema: negli Slam fatica a mantenere lo stesso rendimento mostrato nel circuito. In undici tentativi, non ha mai superato gli ottavi. Per questo, Lendl potrebbe essere l'uomo giusto in virtù dei suoi trascorsi, sia da giocatore che da tecnico. Prima di intascare il primo Slam (Roland Garros 1984) aveva perso quattro finali, poi ha aiutato Murray a togliersi di dosso l'angoscia di vincere un Major, peraltro amplificata dal fatto che un britannico non ci riusciva dagli anni 30. Difficile dire se esiste una trattativa e se l'eventuale progetto andrà in porto. Sembra chiaro che Lendl non abbia voglia di mettersi in gioco a tempo pieno: aveva già rifiutato un'offerta di Berdych, poi il secondo stint della collaborazione con Murray non era stato efficace come il primo. Preferisce svernare negli Stati Uniti, dedicandosi alla famiglia e alla supervisione (da consulente esterno USTA) dei migliori giovani americani. Un impegno part-time con un potenziale numero 1, tuttavia, potrebbe stimolarlo. In attesa di sviluppi, Zverev si sta recando in Spagna per il match di Coppa Davis a Valencia. Si allenerà sulla terra battuta soltanto mercoledì e giovedì: chissà se capitan Michael Kohlmann lo rischierà nella prima giornata.