La curiosa raccolta fondi del doppista australiano Steven De Waard, numero 128 della classifica ATP di specialità. Avrebbe dovuto giocare lo Us Open, invece al Challenger di Vancouver è finito in ospedale per un’appendicite. Un’operazione ha risolto il problema, ma siccome era sprovvisto di assicurazione medica di viaggio dovrà versare oltre 14.000 dollari all’ospedale. Ha chiesto aiuto sul web.Da quando anche le testate più importanti nel mondo della racchetta si sono accorte delle difficoltà economiche dei giocatori di seconda fascia, l’equazione tennista = miliardario è stata gradualmente smontata. Il discorso continua a reggere per i grandi, che di anno in anno ricevono assegni sempre più corposi, ma già per chi veleggia appena dentro ai primi 100 del mondo è difficile guadagnare cifre sufficienti a sistemarsi per tutta la vita, perché le spese sono enormi e in costante crescita. Figurarsi per tutti gli altri, quelli che i top-100 non li vedranno mai, oppure per i doppisti, che pur giocando gli stessi tornei combattono per montepremi parecchio inferiori, quindi per raggiungere il famoso “break even” sono costretti a fare il triplo della fatica. Nel 2016 solo Nicolas Mahut e Pierre-Hugues Herbert hanno superato il milione di euro di montepremi (a fronte di una trentina di singolaristi), e ci sono tanti giocatori costretti a navigare a vista, combattendo piccole o grandi difficoltà che rischiano di far saltare i piani da un giorno all’altro. È il caso dell’australiano Steve De Waard, numero 128 del ranking ATP di doppio, suo malgrado protagonista di un episodio che fa riflettere. Due settimane or sono era impegnato al Challenger di Vancouver, in Canada, dove in coppia col connazionale Marc Polmans ha superato il primo turno. Ma invece che presentarsi in campo per il secondo, si è presentato al pronto soccorso, dove è stato ricoverato d’urgenza per un’appendicite, che ha obbligato i medici ad intervenire d’urgenza. L’operazione è andata a buon fine, l’appendice è stata asportata e lui è stato dimesso in fretta, ma con una sorpresina tutt’altro che piacevole: per risparmiare il 26enne del Queensland aveva deciso di recarsi in America senza travel insurance, l’assicurazione di viaggio che copre anche eventuali spese mediche, così all’uscita dall’ospedale ha ricevuto un conto di oltre 14.000$. Tantissimi. Troppi per un giocatore del suo livello.FUNDRAISING OBBLIGATORIO
Se dai 17.212 dollari di prize money riportati sulla scheda ATP di De Waard si tolgono le tasse, il solo intervento chirurgico gli è costato più di quanto ha guadagnato da gennaio ad agosto, giocando quattro finali a livello Challenger, altrettante semifinali e vincendo il suo primo titolo, a luglio sulla terra di Todi. Fortunatamente, nei tornei Challenger americani c’è la tradizione che siano i soci dei club che organizzano i tornei a ospitare i tennisti, permettendo a tornei e giocatori di risparmiare sulle spese d’alloggio, e la famiglia che ha accolto De Waard non solo l’ha accompagnato in ospedale e seguito nel breve periodo di degenza, ma gli ha anche messo a disposizione la propria casa anche dopo la fine del torneo. Così, l’australiano ha potuto lasciare l’ospedale il prima possibile, per ridurre i costi, ed evitare anche di pagare un hotel, ma la cifra da saldare resta altissima. Da lì, l’idea di chiedere una mano alla più vasta rete di persone al fondo: il web. È stato il direttore del torneo di Vancouver a proporgli l’idea, e anche ad attivare una raccolta fondi sulla piattaforma GoFundMe, che permette a chiunque voglia di contribuire alla sua causa. Quella del fundraising è una pratica sempre più in voga, anche perché è completamente libera: chiunque può esporre un progetto e indicare la cifra necessaria per raggiungerlo, e chi si appassiona all’idea può finanziarlo con delle donazioni a piacimento. Se l’obiettivo economico viene raggiunto entro i tempi prestabiliti, i soldi vengono spediti al richiedente, altrimenti tornano nelle tasche dei donatori.6.638 DOLLARI IN UNA SETTIMANA
Una strada, quella del fundraising, già battuta da qualche tennista di secondo piano, e con fortune alterne, ma sempre per chiedere un aiuto economico all’attività. Non era mai capitato che il motivo del fundraising fosse una salatissima fattura medica. “Quella del tennista professionista può sembrare una vita glamour – ha scritto De Waard nel messaggio che accompagna la raccolta –, ma al mio livello attuale non c’è nulla di più distante dalla verità. Ogni soldo che incasso finisce dritto nella lista delle spese, ed ecco perché prima di partire non mi sono potuto permettere l’assicurazione di viaggio. Qualsiasi donazione, grande o piccola, sarà estremamente apprezzata”. De Waard ha fissato l’obiettivo in 15.000$, e a sette giorni dal lancio della campagna ne ha già raccolti quasi la metà, precisamente 6.638, riuscendo a coinvolgere 71 donatori, fra i quali qualche collega che conoscendo certe situazioni ha deciso di dargli un contributo. L’obiettivo resta distante, ma va raggiunto a tutti i costi, pena l'obbligo di dire addio all’obiettivo top-100 fissato nel corso dell’anno, quando in coppia con Ben McLachlan ha compiuto il definitivo salto di qualità a livello Challenger. Lo Us Open sarebbe diventato il loro primo Slam, invece non solo hanno dovuto dire addio a un piccolo sogno e a 7.500 a testa garantiti anche in caso di sconfitta al primo turno, ma con 14.000 da versare all’ospedale De Waard rischia di dover chiudere anzitempo la sua stagione. Un caso che fa ulteriormente emergere le difficoltà di una fascia molto molto vasta di giocatori. Quando si dice che chi viaggia lontano dai grandi tornei vive senza garanzie, vuol dire anche questo. Vuol dire rischiare di dire addio a tre mesi di attività non per un’appendicite, ma per il costo dell’operazione.
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