Angelique Kerber era arrivata in semifinale per meriti propri, senza regali o concessioni. La vittoria nei quarti contro Victoria Azarenka era stata un piccolo capolavoro. Rovinare tutto sarebbe stato un peccato. “Angie” non ha tradito, battendo Johanna Konta col punteggio di 7-5 6-2. Una partita normale, non certo indimenticabile, è stata sufficiente per regalarle la sua prima finale Slam. Le esperienze del passato sono servite: nel 2011 perse dalla Stosur a New York, in un match giocato addirittura sul Grandstand a causa della pioggia. Già, lo stesso campo che è stato demolito dopo l'edizione 2015. A Wimbledon 2012 giocò piuttosto male contro la Radwanska in un quasi-derby, giacchè la Kerber ha origini polacche e risiede proprio in Polonia, dove ha anche fondato una piccola accademia a Puszczykowo, mezz'ora d'auto da Poznan. Ma stavolta non poteva tradire. La Konta sta crescendo “E vincerà tanti tornei”, come ha detto Angie nell'intervista-show con Sam Smith, ma era pur sempre alla prima esperienza così importante. Ha commesso un mucchio di errori, quasi il triplo della tedesca. Johanna ha sbagliato per 36 volte, Angelique solo 14. Avesse ridotto il numero di errori, chissà, forse se la sarebbe giocata. Da parte sua, la Kerber ha mostrato le solite qualità: un tennis didascalico, prevedibile ma preciso. Ha elevato il consueto muro di gomma, fatto di colpi piatti e geometrie severe, senza fantasia. E' partita forte, 3-0 con doppio break, poi la Konta ha iniziato a divertirsi. Ha ricucito il parziale e ha illuso il pubblico (tutto per lei, visto che è nata in Australia e ci ha vissuto fino ai 14 anni). Ma dal 5-5, quando il feltro giallo delle palline ha iniziato a infuocarsi, lei si è bruciata. Ha incassato il break, poi non è stata aiutata da una sospensione di cinque minuti per qualche gocciolone di passaggio (il match si è giocato all'aperto, mentre Williams e Radwanska avevano usufruito del tetto). La Kerber si è presa il primo set con una bella palla corta di rovescio e seguente tocco a campo aperto, producendosi nel suo proverbiale “Come On!”.
L'APPELLO A STEFFI GRAF
La Konta ha smesso di crederci, la tedesca ha dato il meglio di sé. Ad esempio, uno smash a rimbalzo tutt'altro che facile, un paio di rovesci al fulmicotone (pur tirandolo spesso, ne ha sbagliato uno in tutta la partita!) e un servizio sempre più insidioso. Sull'1-0 ha fronteggiato una palla break e l'ha cancellata con un ace. Il primo. Solo le campionesse fanno così. Non c'è dubbio che Angie la sia, pur senza accendere l'entusiasmo della gente. A parte qualche tedesco sparso, nessuno faceva il tifo per lei. E' la dura legge del carisma. La Kerber non ne ha, e non ha neanche un tennis spumeggiante. Però sa vincere le partite e lunedì prossimo, per la prima volta, troverà un posto tra le top-5. Nell'intervista sul campo le hanno chiesto se riceverà qualche consiglio da Steffi Graf, suo idolo d'infanzia (le hanno messo la prima racchetta in mano nel 1991, in pieno dominio di Fraulein Forehand). “Speriamo. Steffi, se puoi chiamami!” ha ululato in mondovisione, prima di ripetere le solite banalità con gli occhi di ghiaccio luccicanti. Difficilmente la Kerber trasmette le sue emozioni, ma è più per l'incapacità di tirarle fuori che per aridità interiore. Ringrazia continuamente il pubblico, come se avesse bisogno di approvazione, di qualche applauso in più. Gliel'hanno concesso, ma al momento di fare il tifo scelgono quasi sempre la sua avversaria. Chissà se faranno così contro Serena Williams, in una finale che sembra a senso unico. La Kerber ci ha perso sei volte su sette, imponendosi soltanto a Cincinnati nel 2012. Ma Serena era un po' stanca, dopo il successo in Canada. Insomma, un rametto un po' fragile per costruirci una speranza.
QUELLA PROMESSA DICEMBRINA
Ma Angie si è già presa la sua rivincita. Ad esempio, nella settimana prima del torneo, le top-10 si sono concesse alla tradizionale tavola rotonda con i giornalisti. Ma ad ascoltare la Kerber non si è presentato nessuno, forse perché le sue prestazioni Slam nel 2015 non avevano entusiasmato (primo turno in Australia, mai oltre il terzo negli altri). Eppure ha chiuso tra le top-10 per il quarto anno di fila e durante la preparazione invernale, in Polonia, ha rilasciato un'intervista al Suddeutsche Zeitung in cui aveva parlato chiaro. “Nel 2016 voglio fare grandi cose negli Slam. Giocherò meno piccoli tornei, i prossimi 2-3 anni sono quelli in cui vorrei raccogliere qualcosa”. Per adesso sta andando tutto alla grande, anche se il suo box è mezzo vuoto. Capita di vedere clan molto numerosi, mentre nel suo ci sono appena quattro persone: coach Torben Beltz, il fisioterapista Simon Iden (è anche osteopata e lavora nel calcio e nel basket, oltre che nel tennis) e un paio di giapponesi, uomini Yonex (azienda sempre molto attenta ai suoi giocatori, come ci aveva confidato Juan Monaco). La Graf avrà un motivo in più per darle qualche consiglio: in caso di vittoria, Serena Williams la raggiungerà a quota 22 Slam. Un aggancio che prima o poi ci sarà. Ma per rinviare la festa c'è proprio una sua connazionale, la prima tedesca in finale a Melbourne dopo 20 anni esatti (Anke Huber nel 1996, perse da Monica Seles). Sapendo di poter fare un favore al suo idolo d'infanzia, la Kerber darà tutto. Davvero tutto.
AUSTRALIAN OPEN 2016 – SEMIFINALI DONNE
Angelique Kerber (GER) b. Johanna Konta (GBR) 7-5 6-2