A 24 mesi dalla vittoria Slam più sorprendente dell’ultimo decennio, ecco la conferma: Marin Cilic negli States è pericoloso sul serio. Al suo 71esimo Masters 1000 in carriera il croato fa un altro miracolo e sbanca il Western & Southern Open di Cincinnati, battendo uno stanco Murray con un match perfetto. È il primo nato dopo il 1987 a conquistare un “1000”. Tornerà in top-10 e guarda con fiducia agli Us Open, ma il bis resta difficilissimo.

Al Western & Southern Open di Cincinnati sono bastate poco più di quattro ore per cambiare completamente volto. Doveva essere il torneo del sorpasso di Angelique Kerber su Serena Williams, e dell’ulteriore avvicinamento di Andy Murray a Novak Djokovic nella classifica Race, invece si è trasformato prima nella festa di Karolina Pliskova e poi in quella di Marin Cilic, passato per 6-4 7-5 nella finale contro il miglior Andy Murray di sempre, e di nuovo grande protagonista a poco meno di due anni dallo splendido successo allo Us Open. Proprio lui che nei settanta Masters 1000 giocati in precedenza non era mai andato oltre i quarti di finale, e sabato notte era arrivato a soli due punti dalla sconfitta contro Grigor Dimitrov, ma quando vuole sa anche travestirsi da giocatore che vale molto di più dell’attuale 14esima posizione nel ranking ATP. L’aveva dimostrato la prima volta proprio due anni fa a Flushing Meadows, l’ha confermato a tratti a Wimbledon, giocando due set splendidi nel quarto di finale contro Federer, ed è tornato a ribadirlo nell’Ohio, guarda caso proprio alla vigilia dell’appuntamento che nel settembre del 2014 ha illuminato la sua carriera. Complici le assenze di Federer e Djokovic, e la stanchezza post-Olimpica di Nadal, quella di quest’anno è stata un’edizione dal tono un tantino minore, ma il valore del suo successo non cambia. È tornato a far vedere che quello Slam non arrivò per caso, e soprattutto ha vinto una finale in cui tutto sembrava dalla parte di Murray. Per il periodo d’oro dello scozzese, con una striscia aperta di 22 vittorie e 4 titoli consecutivi, ma anche per come si era messa alla vigilia, o meglio una quindicina di ore prima, visto che dopo il match con Dimitrov il croato era uscito dal campo intorno all’1.30 di notte. Invece, i quattordici incontri (fra singolare, doppio e misto) giocati negli ultimi quindici giorni hanno chiesto il conto a Murray in un colpo solo, lui ha disputato un match quasi perfetto e si è regalato il quindicesimo titolo ATP in carriera, con tanto di ritorno fra i primi 10 del mondo, alla nona posizione.

IL BENVENUTO A BJORKMAN, LA RIVINCITA SU IVANISEVIC
In una Cincinnati finalmente soleggiata, Cilic ha impiegato qualche game a ingranare, dovendo fronteggiare una palla-break già nel secondo game, ma una volta tarato il cannone ha giocato a livelli altissimi, riuscendo quasi sempre a dettare il ritmo degli scambi e annientando la gran risposta di Murray con percentuali da sogno al servizio. Nel primo set è scappato sul 5-2 pesante, prima di perdere otto punti di fila ma riuscire comunque a chiudere, malgrado un punto in meno del rivale. Nel secondo, invece, sembrava indiavolato: ha concesso appena tre punti in sei turni di battuta, sul 5-5 ha piazzato il break decisivo e sul match-point ha sparato il winner numero 24 del suo match (contro gli appena 8 di Murray), prima di lasciarsi andare a un’esplosione di gioia quasi sorprendente per uno come lui. Fa riflettere il fatto che quello conquistato dal gigante di Medjugorje sia solo il quinto degli ultimi 58 (!) Masters 1000 – e il primo dopo una serie di 18 consecutivi – a non finire nelle mani di uno fra Djokovic, Murray, Federer o Nadal, e pure che il croato sia il primo giocatore nato dopo il 1987 a conquistare un titolo negli ex “Super 9”, coi 28 anni da compiere fra poco più di un mese. Segno che la nuova generazione, per ora, ha raccolto solamente le briciole. Oltre a tornare fra i primi 10 del mondo, grazie al titolo Cilic dà il miglior benvenuto possibile al nuovo coach Jonas Bjorkman, col quale inizierà a lavorare dalla prossima settimana in preparazione allo Us Open, e si prende pure una bella rivincita sull’ex coach Goran Ivanisevic. L’ex campione di Wimbledon l’ha guidato a un impensabile titolo Slam, ma poi – a quanto pare – l’ha “tradito” per sedersi sulla panchina di Tomas Berdych, generando una separazione burrascosa. Per ora ha avuto ragione Cilic: mentre il ceco (sconfitto da lui stesso nell’Ohio) è appena rientrato in Europa e salterà lo Us Open a causa di un’appendicite, lui è tornato ad altissimi livelli, sembra più agguerrito che mai e si presenterà a Flushing Meadows per cercare il bis. E mostrare che sa vincere anche senza Ivanisevic.

MASTERS 1000 CINCINNATI – Finale
Marin Cilic (CRO) b. Andy Murray (GBR) 6-4 7-5