LA STORIA – Paradiso, inferno e (possibile) ritorno. Viktor Troicki ha scalato 700 posizioni in due mesi, forte di un nuovo amore e un coach che non lo ha mai abbandonato. “Voglio chiudere l’anno tra i top-100”. E magari ricostruirsi l’immagine pulita e onesta di quattro anni fa.
Di Riccardo Bisti – 30 settembre 2014
“Viktor ha l’appeal delle persone oneste. Mi aspetto chiamate di sponsor importanti, di quelli che hanno bisogno di un testimonail pulito, credibile, onesto”. Parole di Corrado Tschabuschnig nel dicembre 2010, dopo che il suo “cliente” Viktor Troicki era diventato un eroe nazionale in Serbia. Aveva vinto il punto decisivo nella finale di Coppa Davis e il suo volto era tra i più popolari del paese, quasi quanto quello di Novak Djokovic. Aveva realizzato uno spot pubblicitario per una banca e la TV pubblica lo trasmetteva anche 20-25 volte al giorno. Il mondo sembrava ai piedi di questo ragazzone dal passato difficile, come tutti quelli che sono cresciuti nella ex Jugoslavia negli anni 90. Quando aveva 13 anni, mentre Djokovic, Ivanovic e Jankovic palleggiavano in una piscina adibita a campo da tennis, riparandosi come potevano dalle bombe della NATO, lui è scappato via con mamma Mila, un’economista che lavorava per l’ambasciata americana a Belgrado. Furono evacuati in Ungheria. E da lì presero un volo per gli Stati Uniti, dove è rimasto per tre anni, forgiandosi al sole di Boca Raton. Poi è tornato in Serbia, dove ha ritrovato il suo primo maestro Nenad Trifunovic. Col tempo è diventato un ottimo giocatore, quasi a ridosso dei top-10. Jan de Witt e Jack Reader lo hanno tenuto su ottimi livelli, poi il ciclone-doping si è abbattuto su di lui. La storia è nota: a Monte Carlo si rifiutò di sostenere un test del sangue, era stanco, poi ha paura degli aghi. Lui sostiene che la dottoressa acconsentì (previa una lettera all'ITF), la controparte dice che era stato accuratamente avvisato sui rischi che correva. Nelle aule dei tribunali, fino al CAS di Losanna, hanno dato credito alla dottoressa Elena Gorodilova, pur ammettendo la buona fede di Viktor e riducendogli la sanzione da 18 a 12 mesi. Lui la prese malissimo, è franato al numero 847 ATP. E nessuno, a parte pochissimi amici, si è schierato apertamente dalla sua parte.
JACK READER STRACCIA LA CLAUSOLA
L’8 settembre 2014, mentre Viktor si trovava a Banja Luka per un challenger che avrebbe vinto, Marin Cilic trionfava allo Us Open. Pure il croato era passato dall’incubo-doping ed era tornato più forte di prima. Due storie simili, anche se nate su basi diverse. Lo stop di Cilic fu più breve (quattro mesi) e la rinascita è stata dettata da Goran Ivanisevic. Al contrario, Viktor si è affidato alle mani buone e sapienti di Jack Reader, coach australiano con un passato in Italia e la passione per i casi difficili. Dopo aver addomesticato il talento di Alexandr Dolgopolov, in febbraio lo abbiamo visto a Bergamo in compagnia di Sergei Bubka, appena tornato dopo il grave incidente dello scorso anno (cadde dal terzo piano di un palazzo e si salvò per miracolo). Jack lo ha aspettato, e Viktor non ha pensato di mollarlo neanche per un attimo. Nel loro contratto c’era scritto che Reader avrebbe avuto diritto a un sostanzioso indennizzo se Troicki fosse stato squalificato per doping. 100.000 euro che non ha mai voluto. E così, quando il serbo è tornato a giocare a Gstaad, era regolarmente al suo fianco. Per firmare un altro miracolo, forse il più difficile. Per ora va tutto alla grande: ha vinto un paio di challenger e ha raccolto 30 vittorie su 35 partite, l’ultima a Pechino, quando ha tenuto a bada Mikhail Youzhny. Nove di queste sono arrivate contro un top-100. A Shenzhen, per non farsi mancare nulla, ha battuto un top-10 come David Ferrer. “Non avevo mai battuto un top-10. Avevo un bilancio di sole sconfitte in venti partite, forse venticinque. E Ferrer mi aveva sempre sconfitto con facilità”. Il nuovo Troicki è un vulcano di passione ed entusiasmo. Nelle interviste non si tira indietro e riconosce di starsi divertendo un mondo. “Ho lavorato molto su questo aspetto. Mi mancava, adesso non ho pressione e quindi mi diverto. Era quello che sognavo sin da bambino e l’avevo perso. Adesso ce l’ho di nuovo”.
LA STESSA RABBIA DI 8 ANNI FA
Partito al numero 847 ATP, oggi è già in 152esima posizione. Settecento posizioni scalate come noccioline e un obiettivo molto chiaro. “Voglio chiudere l’anno tra i top-100. La cosa brutta è che non mi ha aiutato nessuno. Non ho quasi avuto wild card ed ero costretto a giocare le qualificazioni, e spesso non sapevo neanche se avrei potuto giocarle. Ringrazio Gstaad, il torneo del rientro, l’unico che mi ha aiutato. Adesso continuerò a giocare le qualificazioni ovunque posso. Il vantaggio è che i miei avversari sono un po’ stanchi, mentre io sono molto fresco”. Hanno deciso di aiutarlo anche a Pechino: lui era convinto di non andare, di prendersi una settimana di pausa, invece è arrivata in extremis una wild card onorata alla grande. E adesso aspetta il vincente di Lopez-Berdych. Insomma, l’aria dei grandi tornei è tornata a soffiare nei suoi polmoni. Ma Viktor non può dimenticare. “Quando sono stato squalificato, non ho seguito il tennis per qualche mese. Poi, dall’Australian Open, ho iniziato a guardare qualcosa in TV. Novak Djokovic mi ha portato con sè a qualche torneo, ma quando l’evento iniziava io non potevo entrare. Così mi limitavo alla TV”. Gli sono stati vicini in pochi: i genitori, gli allenatori, gli amici e la nuova fidanzata. “Ci siamo conosciuti a dicembre e mi ha trasmesso molta positività. Le sono grato, lei sa di essere molto importante per me e di essere il mio stimolo maggiore”. Nel circuito, l’unico che ha preso una posizione forte in suo favore è stato Novak Djokovic. “Il tennis è uno sport individuale, ognuno pensa per sè e non si interessa a cosa succede agli altri. Per questo non dimenticherò mai chi mi ha aiutato, ha anche avuto dei problemi per quello che ho fatto. Gli sarò grato per tutta la vita. Altri giocatori? Diversi che ho incontrato mi hanno detto di essere dispiaciuti, ma nessuno si è esposto pubblicamente. Non è il loro mestiere, lo capisco”. Ma adesso Troicki è pronto a ripartire, con la stessa motivazione che aveva una decina d’anni fa, quando Corrado Tschabuschig lo mise sotto contratto con la sua Topseed. Il 20enne Troicki aveva appena rifilato un netto 6-0 6-3 a Leonardo Azzaro nelle qualificazioni del challenger di Zagabria. Il fiorentino rimase irritato dal suo comportamento aggressivo e lo riferì a Tschabuschnig. Incuriosito, il manager italiano lo andò a cercare a Recanati e gli propose di rappresentarlo. Bastarono 30 minuti di chiacchierata per stringere un accordo che va avanti ancora oggi. Il segreto di Troicki, forse, è proprio quella rabbia che aveva mostrato tanti anni fa contro Azzaro. Oggi la sta scaricando sugli avversari e su un sistema che – forse – non l’ha difeso a dovere. Con lo staff di sempre al suo fianco, un nuovo amore e la maturità dei 28 anni, Troicki è pronto a tornare dov’era, anche passando dall Serie A1 italiana, dove è stato tesserato dal Tennis Club Italia di Forte dei Marmi. Quel best ranking fissato al numero 12 ATP, paradossalmente, è più in pericolo oggi rispetto a quando girava spaesato tra le stanze antidoping del Masters 1000 di Monte Carlo. A Shenzhen gli hanno chiesto quale canzone sceglierebbe per accompagnare il suo ingresso in campo. Non ha avuto dubbi. “Started from the bottom di Drake”. C’è forse bisogno di spiegazioni? La musica è già partita.
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