Dieci anni fa, una vittoria contro Dmitry Tursunov diede il là alla carriera di Potito. Oggi ci perde, ma può guardare con ottimismo a una carriera tutt’altro che terminata.
Di Alessandro Mastroluca – 25 maggio 2014
Da Tursunov… a Tursunov. Dalla vittoria nel 2004, tappa di una cavalcata storica fino all'impresa sfiorata con Safin, a una sconfitta che può avere il gusto di una rinascita. In dieci anni, Potito Starace ha vissuto più di una vita tennistica e a 33 anni ha ancora obiettivi da raggiungere, ha ancora sogni per cui vale la pena sudare e lottare. Oggi Potito è al numero 176, ma da aprile 2013 (quando era n. 415) ha guadagnato 239 posizioni. Allora, dopo il torneo di Bucarest, meditava il ritiro dal tennis. Poi, la svolta. Ha interrotto il rapporto con coach Rianna ed è tornato a farsi seguire da Fabrizio Fanucci, con cui aveva già lavorato proprio nel 2004. Ha vinto una gran partita contro Stepanek al Foro Italico e si è concesso di nuovo l'emozione del Centrale contro Federer. I due sono amici, tanto che quest'anno “Poto”, pur non essendo in tabellone perché non ha ricevuto una delle due wild card assegnate a Lorenzi e Volandri e ha rifiutato di giocare le pre-qualificazioni, gli ha fatto da sparring-partner. Starace ha dovuto ricostruirsi una classifica dai challenger, è tornato “Re di Napoli” (ritiro di Giannessi in finale) e ha completato una stagione solida con la finale persa a Casablanca nell'ultimo torneo dell'anno da Dominic Thiem e tre semifinali a Caltanissetta, Cordenons e Szczecin, dove si è preso la briga e di certo il gusto di battere Andujar, che l'aveva battuto a Casablanca nel 2011 nell'ultima delle sue quattro finali ATP.
DIECI ANNI FA ERA DIVERSO
A Parigi ha passato i tre turni di qualificazione, come nel 2004, tornando nel main draw di uno slam per la prima volta da Wimbledon 2012, quando perse al primo turno da Ryan Sweeting (americano nato alle Bahamas che ha firmato la sua vittoria migliore sposando la bella attrice Kaley Cuoco). Era difficile, certo, che contro la testa di serie numero 31 Starace potesse vincere il suo primo match in un Major dallo Us Open 2011 (superò Berrer al primo turno), ma le tre vittorie nei tre precedenti confronti diretti concedevano comunque qualche spiraglio all'ottimismo della volontà. Spiragli chiusi da un primo set senza storia: 6-1 Tursunov dopo 22 minuti. Di fatto la partita di Starace si riassume nel secondo set. Tiene meglio il servizio, varia di più il gioco, trova anche qualche buona variazione in drop. Nel settimo game porta via due punti in risposta, una rarità, ma le palle break non arrivano. “Forse potevo fare di più in quel gioco – ha detto in conferenza stampa, ripensando a quel 4-3 30-30 – anche se Tursunov ha servito molto bene, e per questo in risposta non sono stato troppo efficace”. Sarà lui a perdere il servizio sul 5-5. Resta in partita solo fino al quarto game del terzo set. Troppi i 50 vincenti del russo contro i 18 dell'azzurro, che perde 36 punti al servizio e soprattutto ne ricava solo 4 su 22 quando mette in campo la seconda. “Quando l'avevo battuto, le condizioni erano diverse, era umido, aveva piovuto – ha spiegato Poto – oggi il campo era molto più veloce, c’era il sole e questo l'ha favorito, vista la potenza dei suoi colpi”.
PARIGI PER RIPARTIRE
Ora il ricordo di quel 2004 è un puntino lontano nella memoria, buona per le ricorrenze e per l'etichetta del vino di famiglia. Un Taurasi doc, un rosso naturalmente, come la maglietta che Poto infossava in un indimenticabile pomeriggio di maggio e la terra del Roland Garros su cui, numero 202 del ranking, rifilò una vera lezione a Grosjean, un 7-6 6-3 6-4 applaudito anche dai francesi. Sulle bottiglie dell'annata 2007, l'anno del best ranking del 33enne di Cervinara salito al n.27 del ranking, campeggia la foto di Potito esultante a Parigi prima dell'ultimo tango in quell'edizione memorabile, che rimane il suo miglior risultato in uno Slam, eguagliato sempre a Parigi nel 2007. Dopo Tursunov e Grosjean, Staracè, con l'accento finale come scandito dagli speaker dello stadio, ha messo paura e non poco a Safin. È stato avanti di due set a uno, si è visto annullare il secondo match point per un più che discutibile fallo di piede e si è arreso solo al sesto match point dopo 4 ore e 24 minuti con gli applausi dei 10 mila dello Chatrier e dei tifosi che hanno guardato la partita sul maxischermo nella sala del consiglio comunale di Cervinara. La sconfitta di oggi ha il sapore dell'esperienza, dei suoi ritorni e della sua strada, sempre in salita. Ha il sapore di un azzurro-doc, certezza del quartetto di Davis negli anni dell'inseguimento al World Group, che non si arrende agli infortuni e all'età. Un lottatore che non è stato baciato dal talento innato, un “mediano” che ha sognato una strada dove la polvere di mattone sporca i calzini e invade gli occhi, che ha lavorato al suo sogno senza scoraggiarsi. L'ha sentito allontanarsi, ma non l'ha mai abbandonato. Adesso ripartirà dai Challenger a Caltanissetta e Mestre, con un obiettivo chiaro. “Voglio avvicinarmi il più possibile ai primi 100!”. Un'altra pagina, un'altra vita tennistica si sta per aprire. Perché Potito Starace non ha smesso di cullare la sua passione. E continua a guardare lontano, con i piedi ben piantati sulla terra. Meglio se rossa.
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