Sono in tanti a dover ringraziare Stan Wawrinka. In primis, quelli che hanno conquistato il Career Grand Slam e non si vedono raggiungere da Novak Djokovic. Ma, soprattutto, Roger Federer. Lo svizzero, che sei anni fa raggiungeva lo stesso traguardo vincendo a Parigi all'undicesimo tentativo (proprio come Wawrinka), ha passato la giornata allo stadio per tifare il suo Basilea nella finale della Coppa di Svizzera, peraltro persa nettamente contro il Sion. Però aveva con sé un tablet che gli ha permesso di seguire una delle finali Slam più sorprendenti di sempre. Dopo aver "salvato" il suo record di semifinali Slam consecutive, l'amico Stan ha dato una bella mazzata alle ambizioni "storiche" di Djokovic. Era tutto pronto per festeggiare il serbo, il suo Career Grand Slam e l'incoronamento verso traguardi sempre più ambiziosi, sempre più storici. Invece si è scontrato contro un avversario che, a parte un primo set in cui ha dovuto prendere le misure, ha tirato fuori una prestazione mostruosa, lucidando l'artiglieria pesante e bucherellando Djokovic per tre set, vinti (quasi) senza patemi, se non quelli emotivi. La verità è che il punteggio avrebbe potuto essere più pesante del 4-6 6-4 6-3 6-4 con cui Stan si è preso il secondo Slam dopo l'Australian Open 2014, vinto a spese di Rafa Nadal e dello stesso Djokovic (battuto nei quarti). Wawrinka è un nome che piace, che sta bene nell'albo d'oro. Perchè gioca un tennis moderno ma con un'ottima tecnica, sublimata da un rovescio a una mano che supera anche i 150 km/h. Il suo braccio destro sprigiona una potenza devastante. Il limite risiede nella testa, in un'umanità non sempre impeccabile. Nella vicenda della separazione con la moglie, non ha fatto una gran figura. I problemi extra-tennistici sembravano metterlo in crisi anche sul campo (vergognosa la sua performance a Monte Carlo), ma già a Roma aveva dato importanti segni di ripresa, battendo Nadal e giocando alcuni game eccezionali con Federer. Ma poi era crollato. E tante volte, durante questo Roland Garros, si era pensato che crollasse.
SI SGRETOLA LA PERSONALITA' DI NOLE
Niente di tutto questo. Sempre più in forma, sempre più sicuro di sé, ha superato i (tanti) ostacoli incontrati in sette partite. Non ha avuto colpi di fortuna, semmai si è costruito tutto da solo. Fantastico contro Federer, un po' meno contro Tsonga (ma bravissimo nel momento decisivo), e superlativo contro Djokovic. L'impressione è che abbia battuto il serbo sul suo territorio, senza che Nole avesse particolari problemi fisici, se non la stanchezza dopo la complicata semifinale contro Andy Murray. Ma questo non basta per definire una prestazione clamorosa, di quelle che ogni tanto gli riescono. E' curioso che gli succeda soprattutto contro Djokovic, specie negli Slam. Ci aveva perso 17 volte in una ventina di scontri diretti, ma la sua potenza ha avuto la meglio sull'elasticità di Nole. Si pensava che la terra battuta potesse in qualche modo disinnescare la sua capacità di tirare vincenti, sia con il dritto che con il rovescio. Invece ha approfittato della condotta tattica di Djokovic, via via sempre meno aggressiva, quasi difensiva. Nole era che lontano parente di quello che aveva dominato Nadal e non aveva mai dato l'impressione di poter perdere contro Murray. Forse era stanco, forse si è fatto travolgere dalla pressione e dalle aspettative di un torneo da vincere a tutti i costi. Avrebbe avuto una valenza storica, lo avrebbe collocato tra i più grandi di ogni tempo. I suoi colpi non erano così incisivi, il linguaggio del corpo si è sgretolato, come se la sua personalità fosse scomparsa nell'occasione più importante. Mentre Novak ciondolava, incapace di trovare una soluzione, sono tornate in mente le parole quando assunse Boris Becker: “Voglio migliorare quando gioco i punti importanti contro i più forti, nelle grandi finali”. Ad oggi, nonostante numeri da record, la missione è sostanzialmente fallita. Con Becker all'angolo ha vinto due Slam sui sei giocati. Tanti quanti Wawrinka. C'è qualcosa che non torna.
NORMAN ESULTA PIU' DI WAWRINKA
C'è stata una reazione d'orgoglio nel quarto set, quando è salito 3-0 e ha provato, effettivamente, a fare qualcosa di diverso. E' sceso a rete, ha provato ad accorciare gli scambi, perchè nella sparatoria da fondocampo non c'era più niente da fare. Riacciuffato al termine di uno scambio di 31 colpi, chiuso da un dritto in rete, sul 3-3 è stato bravissimo a tenere un turno di servizio complicato, esaltandosi come raramente gli era capitato anche durante i match precedenti. Si era presentato a rete, aveva effettuato un paio di “parate” in punti importanti, ma Wawrinka non si è scomposto. Anzi,ha chiuso gli occhi e ha continuato a tirare sempre più forte. Il break è arrivato al nono game, la vittoria in quello successivo, dopo un matchpoint fallito, suggellata da un rovescio lungolinea che è il suo marchio di fabbrica. Fedele al suo stile, non ha esultato più di tanto. Anche in Australia, 18 mesi fa, era rimasto tranquillo. Più incredulo di lui Magnus Norman, capace di vincere un Roland Garros che gli era sfuggito 15 anni fa al termine di una drammatica finale contro Guga Kuerten, lo stesso che ha consegnato a Wawrinka la Coppa dei Moschettieri. Un curioso scherzo del destino ha rimesso le cose al proprio posto, anche se con anni di ritardo. Un po' come Lendl a Wimbledon. Anche per questo, Novak Djokovic e Boris Becker non devono mollare, sempre sconfitti a Parigi. “Io continuerò a provarci” ha detto Nole durante la premiazione, dopo che l'ovazione dello Chatrier lo aveva emozionato fin quasi a commuoverlo. Ma prima o poi verrà anche il suo turno. E' il momento più difficile per affermarlo, ma Nole non è Guillermo Coria, che dopo la finale con Gaudio disse le stesse cose. E sappiamo come andò. No, stavolta è diverso.
ROLANDA GARROS UOMINI – FINALE
Stan Wawrinka (SUI) b. Novak Djokovic (SRB) 4-6 6-4 6-3 6-4