Errani e Vinci ci spingono a un passo dalla Fed Cup in una giornata ad alto tasso emotivo: prima gli operai Alcoa manifestano, poi la Panova sciupa quattro matchpoint.
Corrado Barazzutti in posa con gli operai
(Foto Costantini – FIT / E' di Costantini anche la foto in home page)
Dall’inviato a Cagliari, Riccardo Bisti – 3 novembre 2013
Pensi alla Sardegna e vengono in mente i soliti 3-4 luoghi comuni. I Quattro Mori, i Nuraghi, le spiagge meravigliose…e la musica dei Tazenda. Quando Roberta Vinci si è aggiudicata il secondo set e la graziosa Alexandra Panova era fuggita negli spogliatoi per cambiarsi d’abito, è partito a palla il classico “Spunta la luna dal monte”, canzone che ha travalicato il Mar Tirreno ed è diventata un classico di tutti i tempi. Proprio in quel momento, il sole aveva fatto capolino sul cielo di Cagliari dopo qualche ora di tempo variabile, tra caldo estivo e nubi prima sparse, poi minacciose, infine accompagnate dal vento. Quando la musica volava nell’aria, abbiamo capito che Roberta avrebbe vinto. C’erano troppi segnali, troppe indicazioni: il lieto fine ci sarebbe stato, almeno per noi. E la Russia piange, forse ancora più amaro, perché a un certo punto ci hanno creduto davvero. Con il suo tennis da Safina meno evoluta (ma più femminile), Alexandra Panova è stato a un solo punto dal coronare il secondo dei tre sogni espressi nei giorni scorsi: vincere il match d’esordio di questa finale. L’unica chance era metterla sulla lotta, perché il tennis della Vinci ha qualcosa in più. Eppure lei si è messa d’impegno, con il giusto atteggiamento, nel cercare qualche falla nel muro tarantino. L’ha trovata con il dritto lungolinea. Quando il colpo funzionava, faceva davvero male. Certo, Roberta l’ha aiutata. Ha commesso una valanga di errori, soprattutto con il dritto. “Non trovava il suo miglior tennis, allora ha fatto alcune scelte sbagliate” dirà poi Barazzutti. Forse racconteremo un’altra storia se “Sasha” avesse azzeccato uno dei quattro matchpoint, i primi sul 5-2 nel secondo, l’ultimo sul 5-4 al terzo. Invece Roberta ha tirato fuori quel poco che è bastato per vincere una partita bruttina ma emozionante. Il pubblico le ha dato una grossa mano, così come il trio Pennetta-Knapp-Schiavone che hanno fatto da tifose itineranti, cambiando angolo ad ogni cambio di campo, per mettersi dove giocava Roberta. Per incitarla, soffiarle sul collo, farle sentire la loro presenza. "E' stato bellissimo, una grande squadra si vede anche da questo" drà poi Roberta.
Una passione che ha ricordato quella dei dipendenti dell’Alcoa (anzi, ex Alcoa), fabbica che produceva alluminio fino allo scorso anno. Sono in più di 1.000 e li hanno messi tutti in cassa integrazione. Loro scendono in piazza per far sentire la loro voce, la loro disperazione. Davanti all’ingresso principale del TC Cagliari c’erano polizia e carabinieri in tenuta anti-sommossa. Sapevano che sarebbero arrivati. E così, verso le 11 del mattino, mischiati a tanti appassionati di tennis, si sono presentati in Via Pietro Leo, dopo aver bloccato il traffico per qualche minuto. Hanno effettuato un sit-in all’ingresso del Circolo, intonando cori del tipo “Il lavoro non si tocca, il lavoro non si tocca…”, altri ancor più elaborati: “Oh mamma mamma mamma, oh mamma mamma mamma, sai perché io sono venuto qua, la cassa integrazione, la cassa integrazione, io non la voglio far” e altri ancora, più offensivi, rivolti al presidente della Regione Sardegna Ugo Cappellacci. Si sono seduti sulla strada, battendo gli elmetti per terra in un gesto dal forte valore simbolico, avvolti nella bandiere di vari sindacati. Il tutto mentre lanciavano appelli più o meno disperati alle telecamere di SuperTennis, del TG Regionale della RAI e delle TV locali, commuovendo persino un’intervistatrice. “Noi vogliamo lavorare – ci hanno detto un paio di operai – in questo momento siamo in cassa integrazione fino al 31 dicembre, ma non sappiamo se ci verrà rinnovata. La verità è che siamo a piedi dal 1 gennaio e ci sentiamo presi in giro dalla classe dirigente. Il governo è immobile, e ce l’abbiamo anche con la Regione perché promette, promette, ma poi non prende mai una posizione. Sappiamo che c’è la possibilità che la fabbrica venga rilevata e riprenda a produrre, ma nessuno fa nulla. Noi vogliamo solo lavorare”. Quando abbiamo chiesto loro un parere sul grosso investimento per ospitare la finale di tennis, hanno specificato che la rabbia non è relativa a quello. “La spesa non ci ha fatto piacere, ma si tratta di un evento che promuove il nome della Sardegna. Ci scusiamo con gli appassionati, ma proprio perché è una vetrina così importante siamo venuti per avere la maggiore risonanza possibile”. Persone di oltre 50 anni, con famiglie alle spalle, si ritrovano a guadagnare 900 euro di cassa integrazione. Ma fino a quando? E, soprattutto, con quale futuro? Alcuni ragazzi si sono inseriti nella discussione: “Noi possiamo ancora scappare da qui, magari dall’Italia. Ma loro?”. Una delegazione è stata fatta entrare al club e ha incassato la solidarietà di Corrado Barazzutti, che di certo non poteva fare di più. Ma le risposte, quelle vere, devono arrivare da altre parti.
L’episodio proletario del mattino non ha sconvolto le abitudini borghesi del tennis, esaltate da una splendida cerimonia inaugurale in cui sono stati premiati Diego Nargiso e Corrado Barazzutti per i loro trascorsi in Coppa Davis, e le squadre hanno fatto il loro ingresso accompagnate da hostess in tradizionali costumi sardi. Roberta aveva male ai cervicali, poi ha sofferto di crampi (anche se in press conference pure la Panova ha detto di aver avuto qualche problema nei primi game del terzo set), ma ha vinto perché la russa si è fatta prendere dal panico, per quanto abbia detto di aver giocato punto per punto, tanto da non essersi quasi accorta di aver avuto quattro matchpoint. Sarà vero, ma gli errori più gravi li ha commessi quando stava per chiudere. Ha accettato la sconfitta, maturata dopo 193 minuti di passione, con una dignità esemplare. Tanti giocatori, uomini e donne, dovrebbero prendere esempio da lei. Si è trovata nella situazione più difficile e ha mantenuto il focolaio emotivo dentro di sé. E’ sicuramente più espansiva Irina Khromacheva, ma il suo tennis è ancora insufficiente per questi livelli. E’ bastata una Errani attenta per chiudere la pratica in un’ora e mezza, con un netto 6-1 6-4. Per la verità, “Ira” è stata avanti 3-1 e poi 4-2 nel secondo set. “Ma lì è mancata l’esperienza” ha detto, supportata da Shamil Tarpischev, sfinge a bordocampo. Un tipo enigmatico, pieno di carisma ma apparentemente privo di grinta. Ci sono stati momenti in cui la Panova aveva bisogno di una guida, di ordine tattico, anche solo di uno sguardo. Lui non sempre rispondeva alle richieste d’aiuto della giocatrice. Molto meglio la cinquantina di tifosi russi, armati bandiere e piuttosto rumorosi. Ancora più bravo il pubblico italiano, uno dei migliori mai visti. Il campo era pieno sin da mezzogiorno, in ogni ordine di posti. Non abbiamo assistito ai consueti via vai, al riempimento progressivo…niente. Attento, caloroso, appassionato. Una grande sorpresa, di passione e civiltà. Un pubblico che merita la Fed Cup, merita di gioire prima di tornare alla difficile vita di tutti i giorni. La Fed Cup è spuntata lassù, dietro le tribune, mentre passavano la canzone dei Tazenda. Oggi le azzurre se la prenderanno, probabilmente già con il 3-0 firmato dalla Errani (contro una scoppiata Panova o un’arrugginita Kleybanova). E per l’Italia sarà poker. Dolce e un po’ amaro, come il gelato al cioccolato cantato da Pupo. Ma quella era un’altra storia, un’altra canzone.
FED CUP 2013 – FINALE
ITALIA – RUSSIA 2-0
Roberta Vinci (ITA) b. Alexandra Panova (RUS) 5-7 7-5 8-6
Sara Errani (ITA) b. Irina Khromacheva (RUS) 6-1 6-4
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