MASTERS 1000 SHANGHAI – Centrano i quarti soltanto due dei primi otto: Djokovic e Murray. Il serbo fa notizia per l’insolita dichiarazione su Boris Becker: “Sarà il mio coach fino a fine anno, poi non so se andremo avanti”. E’ strano che a metà ottobre non abbia ben chiari i progetti in vista del 2017. Negli ultimi mesi sembra esserci stato qualche problema.

C’è stata qualche sorpresa, al Masters 1000 di Shanghai. Alla sconfitta di Nadal si sono aggiunte quelle di Wawrinka, Raonic e Monfils. Nonostante i tanti soldi in palio, il torneo cinese non sta accendendo i big. A livello di quarti, soltanto due delle prime otto teste di serie sono ancora in gara: Novak Djokovic ed Andy Murray. Tutto farebbe pensare all’ennesima finale tra i due: il modo in cui Andy ha schiantato Lucas Pouille (6-1 6-3, chiusura in grande stile con un gran passante di dritto) farebbe pensare di sì, poi anche Djokovic ha fatto il suo dovere nel doppio 6-4 a Vasek Pospisil. La notizia del giorno, tuttavia, riguarda il serbo. Una sua frase sul rapporto con Boris Becker ha acceso mille illazioni sul futuro. “Non so se Boris sarà ancora il mio coach nel 2017, non ci ho ancora pensato. Di sicuro mi seguirà fino a fine anno, poi vedremo”. I dubbi sono legittimi: il numero 1 del mondo, così preciso e metodico, dovrebbe aver già pianificato le strategie per la nuova stagione. Un’incertezza del genere, a metà ottobre, è quantomeno sospetta. Dopo Shanghai giocherà soltanto Parigi Bercy e le ATP Finals: insomma, c’è il rischio che la collaborazione con Becker sia agli sgoccioli. Le voci vanno avanti da mesi, ma l’impressione è che le cose siano precipitate dopo Wimbledon, quando in un mese sono crollati i grandi progetti del serbo: Grande Slam e oro olimpico.



Le sconfitte e i problemi personali (è innegabile che sia successo qualcosa anche con la moglie Jelena Ristic) hanno messo in crisi equilibri faticosamente costruiti negli anni. Lo stesso Djokovic, nelle ultime interviste, ha detto che le sue priorità sono cambiate e dunque per lui sarà importante essere “un uomo felice”. E non è detto che la felicità passi necessariamente dai successi sul campo. La partnership con Becker è stata annunciata tre anni fa, nel dicembre 2013, ed è scattata con l’Australian Open 2014. I primi mesi non sono stati semplici, vuoi per la diversa mentalità, vuoi per l’inesperienza di Boris come coach. Ci sono voluti sei mesi per intascare il primo Slam (Wimbledon 2014), poi tutto sembrava essersi sistemato: con Becker al suo fianco ha vinto 6 Slam e ha rafforzato la leadership mondiale. “All’inizio ero ascoltato ma non compreso – aveva detto Becker qualche mese fa – c’erano alcune debolezze nel suo gioco, io le ho individuate e ci abbiamo lavorato sopra. Lui è stato molto aperto nell’ascoltare le mie critiche”. In particolare, Becker ha cercato di rendere più offensivo il tennis di Djokovic, sia tecnicamente che nell’approccio allo scambio, con una posizione più avanzata. Ma forse negli ultimi mesi è successo qualcosa che ha incrinato i rapporti. In caso di separazione (che per ora non è nulla più che un’ipotesi), Djokovic non resterebbe a piedi, poiché al suo fianco c’è sempre stato lo storico coach-amico Marian Vajda: si pensava che la sua figura fosse ridimensionata da Becker, invece lo slovacco ha mantenuto una sua importanza all’interno del team.