“Lo può fare ancora? Non lo sappiamo.
Però ricordate chi è. E cos'ha fatto”.
E' l'incipit di uno splendido video Youtube pubblicato qualche anno fa, con protagonista Rafael Nadal. Aveva il ginocchio in officina: un calvario di 7 mesi che lo costrinse a saltare le Olimpiadi di Londra, inaugurato dalla dolorosa sconfitta contro Lukas Rosol a Wimbledon. Una sconfitta che poteva essere il simbolo della resa. Lo temevano in molti, anche chi ha montato questo filmato di un quarto d'ora. Inizia con “Here Without You” dei 3 Doors Down, splendida canzone che racconta di un amore finito. Un senso di vuoto che spinse gli autori a ricordarci quello che Rafa aveva fatto fino ad allora. Perchè il mondo digital è crudele: va di fretta, e dimentica altrettanto in fretta. Però il video terminava con “Someday” dei Nickelback, come a dire che forse non era finita. E non è un caso che il video si intitoli: “RAFAEL NADAL – Someday I'll Come Back”. Anche Rafa in persona lo ha guardato, più di una volta. Gli è servito per mantenere la voglia di sgobbare, per provare a tornare più forte di prima. Ce l'ha fatta. Il filmato ha raccolto circa 225.000 visite. Neanche troppe, ma è possibile che molte siano arrivate nelle ultime 48 ore. In fondo rappresenta una tana in cui il tifoso di Nadal può rifugiarsi per contenere il bombardamento mediatico di questi giorni, frutto della vittoria di Roger Federer all'Australian Open. Una vittoria splendida e meritata.
CLASSE PURA
Ma il luogo comune ci insegna che la grandezza si vede più nella sconfitta che nella vittoria. Serena Williams, ad esempio, non è una grande perdente. E' facile dispensare sorrisi e abbracci quando vinci uno Slam. Lo è meno se perdi da Roberta Vinci e fallisci la caccia grossa. Nel Federer-Day, l'ex Mowgli di Manacor ha dimostrato ancora una volta di avercela, questa grandezza. Aveva tutti (vabbè, tanti) contro, ma ha mostrato una classe immensa. Nel discorso durante la premiazione, per esempio, in cui ha trovato la forza di sorridere, persino di scherzare (“La coppa sarebbe meglio del piatto, ormai è la terza volta che me lo porto a casa…”). Ha dato tutto il credito possibile a Federer (“Ha meritato più di me”) e non ha cercato scuse. Ad esempio, avrebbe potuto lagnarsi per il giorno in meno di riposo, anomalia tutta australiana che lo ha certamente condizionato. “Mi è mancata un po' di velocità nel finale, ma nel complesso ho recuperato abbastanza bene” ha detto. E ha tranciato sul nascere ogni tentativo di polemica. Qualcuno, maliziosamente, gli ha chiesto del medical time out di Federer alla fine del quarto set. “Non ho opinioni su questa cosa. Non so cosa sia successo” ha tagliato corto. Questa si chiama classe. Pura, purissima. Come quando si è fermato a firmare autografi dopo alcune delle sconfitte più dolorose, tipo quelle contro Lukas Rosol e Steve Darcis, entrambe a Wimbledon (2012 e 2013). O la capacità di incassare i fischi-carogna dei francesi quando perse da Soderling al Roland Garros, senza dimenticare l'inspiegabile boato da stadio che ha accompagnato la sconfitta londinese contro Rosol. La stessa classe che gli ha dato la forza di stare zitto di fronte alle parole di Rod Laver. “Mi piacerebbe premiare Roger Federer” aveva detto il mitico Rocket, alla vigilia della finale. Non c'era malizia, nulla contro Nadal. Lui lo ha capito e non era così scontato. Silenzio, nessuna polemica, nessun risentimento. Anzi, abbracci e pacche sulle spalle. Perché la sua famiglia, i genitori e zio Toni, gli hanno insegnato un valore molto importante: il rispetto. Rafa ha sorriso e ha dato una lezione di stile, lasciando la scena a Federer.
TORNERA' A VINCERE
Che differenza con il 2009, quando lo svizzero perse la lucidità per qualche minuto: “Oddio, tutto questo mi uccide” disse dopo la sconfitta contro Nadal, sullo stesso campo, nella stessa finale. E scoppiò in lacrime. Rafa fu il primo a consolarso. Senza volerlo, Roger gli aveva rubato la scena. Per Nadal è diverso: anche lui ha pianto, ma lo ha fatto nell'intimità degli spogliatoi (dopo la sconfitta a Wimbledon 2007, per esempio), o quando pensava di essere al riparo da telecamere impiccione (ricordate il pietoso rientro negli spogliatoi dopo la sconfitta con Fognini allo Us Open 2015?). Federer è stato il giusto vincitore dell'Australian Open, ma la perniciosa abitudine di salire sul carro del vincitore ha fatto dimenticare Nadal. In pochi gli hanno concesso l'onore delle armi, relegandolo a comparsa, addirittura rimettendo in discussione una storia che gli dà ragione. “Quanti Slam avrebbe vinto Federer se i campi in cemento fossero stati veloci come quelli di questo Australian Open?” è una delle riflessioni più in voga in queste ore. Opinioni, ci mancherebbe. Ma è come delegittimare i successi di Rafa, dimenticando che Federer non ha mai violato il Roland Garros contro lo spagnolo, mentre Nadal è riuscito a batterlo a Wimbledon (ok, su un giardino liberato dalla festuca perenne…). E che sul campo super-veloce di Melbourne, nonostante 24 ore in meno di riposo, è arrivato a tanto così dal successo. Ma non serve riaprire l'eterna discussione su chi sia il più forte tra. Semmai, è doveroso restituire a Nadal un onore delle armi scippato da un'onda emotiva che ha trasceso il nostro piccolo mondo, planando nell'informazione mainstream. La visione più lucida l'ha avuta proprio Federer, che ha parlato di una partita “da pareggio” e ha dispensato frasi tanto belle quanto sincere all'indirizzo del rivale. Perché anche Roger ha grande classe, pur avendo un rapporto meno sereno con la sconfitta. E' diverso il discorso per tanti (mica tutti!) suoi sostenitori, travolti da un processo di divinizzazione senza precedenti, amplificato dagli altoparlanti virtuali del web. Nadal non è visto per quello che è, ovvero un magnifico campione, ma per l'antieroe che ha impedito a Federer di frantumare qualsiasi record. Un guastafeste o poco più, ruolo che negli ultimi anni avevano appioppato a Novak Djokovic. Una visione quasi offensiva per Rafa e per tutto quello che ha dato e che – si è capito a Melbourne – continuerà a dare. Accogliendo la sconfitta in questo modo, Nadal ha gettato le basi per tornare a vincere. Riprenderà a farlo, e quando succederà saprà gestire la vittoria come ha sempre fatto. Da gran signore. Quelli che lo amano faranno altrettanto, perché in questi anni hanno compreso il valore e la nobiltà della sconfitta. Lo hanno compreso meglio di altri. E per questo non sporcheranno di volgarità la vittoria. E quel video di 14 minuti e 46 secondi tornerà ad essere un ricordo.