Un commosso Novak Djokovic, provato per la morte di nonno Vladimir, batte Dolgopolov in 3 set e raggiunge i quarti a Monte Carlo. Nel terzo set ha giocato da vero “Nole”.
Novak Djokovic "saluta" nonno Vladimir dopo la vittoria su Dolgopolov
Di Riccardo Bisti – 19 aprile 2012
Sospettiamo che la cantina di Vladimir, nonno di Novak Djokovic, non fosse esattamente come la suite di un hotel di lusso. Era il luogo dove “Nole” si rifugiava nel 1999, in piena notte, quando gli aerei della NATO bombardavano Belgrado. Sono fatti che segnano nel profondo, specie se sei un bambino di 12 anni. Lo stesso Djokovic ha più volte ricordato che risale a quel periodo la sua grande voglia di vincere. E’ normale che fosse legatissimo al nonno. Il destino ha voluto giocargli un brutto scherzo: la notizia della sua morte è arrivata mentre si trovava a Monte Carlo, uno dei luoghi più lussuosi del pianeta. Là dove tutto luccica e dove “guerra” e “crisi” sono sostantivi sconosciuti. Puoi essere un grande showman (e Djokovic lo è), ma certi eventi vanno oltre. Non puoi controllare per tue reazioni. E allora è scoppiato in lacrime. Accanto a lui il manager e tutto l’entourage. La morte di una persona cara è un evento durissimo, è come un pezzo di te che vola via. In una giornata fortemente condizionata dalla pioggia, è sceso ugualmente in campo contro l’imprevedibile Dolgopolov. L’ambiente del Country Club era spettrale, quasi surreale. E sul campo si vedevano cose insensate. Approfittando delle logiche difficoltà di Djokovic, l’ucraino si è aggiudicato facilmente il primo set. A quel punto il numero 1 del mondo ha avuto una reazione puramente nervosa, dominando il secondo con un netto 6-1. La partita filava via veloce (meno di un’ora per i primi due set), poi c’è stata l’ennesima interruzione per pioggia sull’1-1 al terzo. La qualità è cresciuta a dismisura, con Dolgopolov capace di deliziare il pubblico con le sue devastanti smorzate. La palla corta dell’ucraino è la migliore del circuito, ma un conto è farla contro Darcis al challenger di Genova, un altro è sul centrale di Monte Carlo contro il numero 1 del mondo. Eppure spesso faceva il punto, esaltando i quasi 500 membri della “setta raeliana” che lo venerano su Facebook.
Nel nono game, Djokovic ha deciso di rompere gli indugi. Ha alzato il livello e ha infilato il break decisivo. Nell’ultimo game ha tirato due ace, lasciando di sasso il povero Dolgopolov, cui non è bastato lo sguardo rassicurante di coach Jack Reader in tribuna (c’era anche il manager Corrado Tschabuschnig). Dopo il matchpoint, Djokovic non sapeva cosa fare. Si è piegato in due, poi ha indicato il cielo prima di stringere la mano all’avversario. Poi è tornato in mezzo al campo, osservando il cielo finalmente azzurro, dando un commosso saluto al nonno. Sono stati momenti di grande pathos emotivo. Djokovic è scoppiato a piangere mentre sistemava la racchetta dentro la borsa, e non ha avuto la forza né di portarla fuori (gliel’hanno presa) né di autografare la telecamera come vuole il rituale dei Masters 1000. Tra mille patimenti, il serbo si è qualificato per i quarti, dove se la vedrà con Robin Haase, bravo a eliminare Thomaz Bellucci (giustiziere di Ferrer) con un netto 6-2 6-3. Chissà se la forza di nonno Vladimir lo accompagnerà fino a domenica, quando potrebbe affrontare Rafa Nadal e impedirgli di vincere Monte Carlo per l’ottavo anno consecutivo. In chiusura di programma, lo spagnolo ha fatto il compitino lasciando appena due giochi al povero Kukushkin, battuto 6-1 6-1 per firmare la 39esima vittoria di fila a Monte Carlo.
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