Senza grossi squilli, il giovane coreano è già a ridosso dei top-50 ATP. Ragazzo umile, ha appena terminato un corso di addestramento presso l'esercito coreano. Nel 2016 arriveranno i primi esami, ma ha un grosso vantaggio: in Corea non l'hanno caricato di pressione.  

La frase pronunciata da Hyeon Chung, con l'ausilio d un traduttore, è un buon punto di partenza per spiegare le 332 posizioni di differenza con Gianluigi Quinzi. Mentre l'azzurro ha giocato una stagione al di sotto delle aspettative, lui ha fatto irruzione tra i top-100 ATP, ormai tra i primi 50. “Non sento alcun tipo di pressione da parte dei miei connazionali – ha detto – in Corea il tennis non è così popolare. Solo chi è interessato conosce me o Hyung Taik Lee, quindi non ho particolari fastidi”. Numero 36 ATP nel 2007, Lee resta il miglior coreano di sempre. Ma Chung è in ottima posizione per superarlo. Potrebbe riuscirci già nel 2016, a dispetto della giovane età. Mentre Quinzi è stato travolto dalla pressione di un paese, l'Italia, disperatamente a caccia di un tennista da copertina, Chung non ha problemi nemmeno in famiglia. Suo padre è un ex giocatore, oggi fa il professore di educazione fisica, ma non tira quasi mai fuori il tennis. Non vuole pressare il figlio. “L'unica cosa che gli interessa è lasciarmi giocare e divertire”. La parabola del giovane coreano ha alcuni punti in comune con quella di un altro giocatore dagli occhi a mandorla: Kei Nishikori. Al pari del giapponese, anche lui ha lasciato casa molto giovane (a 13 anni) e il rapporto con la sua famiglia si è limitato a conversazioni telefoniche. Hyeon è volato a Bradenton, nella fu accademia di Nick Bollettieri (oggi di proprietà IMG), accompagnato dal fratello maggiore. Giusto il tempo di assicurarsi che fosse tutto ok, e Hong Chung tornato a casa. La solitudine non ha impedito a Hyeon di crescere, come atleta e come tennista. Nel 2013 ha perso la finale di Wimbledon Junior contro Quinzi e durante quel match, onestamente, non era parso un fenomeno. Ma l'anno dopo è stato autore di una vertiginosa scalata nel ranking ATP. Quest'anno ha fatto ancora meglio, vincendo quattro tornei challenger e passando i primi turni sia in un Masters 1000 (Miami) che in uno Slam (Us Open). A New York ha poi giocato alla pari contro Stan Wawrinka. 

CRESCITA SILENZIOSA

A Miami si era fatto conoscere, arrivando a giocarsi una bella partita contro Tomas Berdych. “Ero sotto stress, ma ho fatto del mio meglio – ha detto dopo la sconfitta per 6-3 6-4 – mi sembrava di assistere all'incontro in TV, come se non fossi un protagonista ma un semplice spettatore”. Quando torna nella natia Suwon, 30 chilometri a sud di Seul, gli capita di incontrare Hyung Taik Lee. I due si sono allenati insieme e il buon Lee gli ha dato qualche consiglio. “Mi ha detto che il tour è pieno di stress, ma il segreto sta proprio nel non farsi travolgere da quello che c'è intorno”. Le sue scarse capacità linguistiche, paradossalmente, potrebbero dargli una mano. Magari non lo favoriranno al momento di firmare con uno sponsor di prestigio (anche se IMG, che lo segue dal 2009, lavora per lui su questi aspetti: attualmente ha un interessante contratto con Rado), ma potrebbero essere utili quando sarà il momento di resistere alle tentazioni. Per ora funziona tutto alla perfezione, anche nel lavorare sotto traccia. E' diventato numero 51 ATP senza che nessuno se ne accorgesse. Prendete il coetaneo Borna Coric (sconfitto da Chung nel famoso Wimbledon 2013). Si parla molto di lui, eppure lo precede di appena sette posizioni. La crescita di Hyeon è silenziosa perché si sviluppa da lontano, dall'immensa Seul, dove si allena insieme al coach Yong-Il Yoon. Già, perchè a Bradenton ha resistito appena un paio d'anni, poi ha scelto di tornare a casa sviluppare un tennis moderno, simile a quello di David Nalbandian. Qualcuno dice che il suo rovescio sia identico a quello di Thomas Johansson. Somiglianze a parte, i fondamentali sono solidi ed equilibrati, mentre può ancora migliorare il servizio.

UN MESE CON L'ESERCITO COREANO
Il suo “colpo” debole, tuttavia, resta la vista. Senza interventi laser o lenti a contatto all'orizzonte, per ora gioca con due vistosi occhiali da vista. Ma è proprio grazie alle sue difficoltà visive che è diventato un tennista. Già, perché ha iniziato a giocare a 6 anni ma stava per smettere. E' andato avanti perché i dottori gli hanno suggerito di proseguire perché osservare a lungo il colore verde gli avrebbe dato una mano alla vista. Detto, fatto. Da allora è cresciuto insieme al fratello Hong, dando un'occhiata ai match di Federer e Nadal in TV, ma affezionandosi a Novak Djokovic. Il numero 1 ATP è il suo punto di riferimento. “Perché gioca un tennis fantastico ed è molto forte mentalmente”. Molti pensano che Chung abbia le carte in regola per diventare un top-10. Ma ci sono mille fattori in ballo. Mille fattori da valutare. Il 2016 sarà l'anno dei primi veri esami. Intanto ha chiuso il 2015 effettuando un corso di addestramento militare, obbligatorio per tutti i giovani coreani. Quattro settimane di lavoro che hanno tardato l'inizio della preparazione invernale, ma il programma è già definito: prima dell'Australian Open giocherà a Brisbane e poi il Kooyong Classic di Melbourne. Però sta già pianificando il futuro: oltre a giocare a tennis, inzierà a studiare presso la Korea National Sport University. Si costruirà una vita dopo il tennis. Ma prima c'è il tennis: “ll sogno è vincere uno Slam, ma vorrei guadagnare il rispetto che tutti mi danno e affrontare almeno una volta tutti i più forti”. Umiltà, prima di tutto. Beh, il ragazzo arriva dalla Corea…