INDIAN WELLS – Le raffiche di vento mettono in crisi Dolgopolov ed esaltano lo svizzero, che impiega appena un’ora per centrare la finale. Nel secondo set, si è rivisto il cinismo di qualche anno fa. 
Roger Federer non ha lasciato scampo ad Alexandr Dolgopolov

Di Riccardo Bisti – 16 marzo 2014

 
Tutto troppo facile. Le 48 ore di attesa non hanno fatto bene ad Alexandr Dolgopolov. L’ucraino non ha praticamente opposto resistenza a Roger Federer, sotto il sole di mezzogiorno, nel catino dello Stadium 1 di Indian Wells. C’è poco, davvero poco da raccontare. Lo svizzero ha avuto bisogno di un’oretta per imporsi con un rapido 6-3 6-1. Dolgopolov è partito benino, sembrava potesse esserci equilibrio. Ma è bastato un piccolo strappo per mandarlo in tilt. Probabilmente avrebbe perso lo stesso, ma la gente si aspettava uno spettacolo degno dei turni precedenti, quando si era tolto lo sfizio di battere addirittura Rafael Nadal. La sensazione è che fosse travolto da un mix di sensazioni: da una parte l’appagamento per tre settimane eccezionali, dall’altra la pressione di giocare contro una leggenda su un campo molto importante. Nonostante la popolarità, infatti, “The Dog” non ha molta esperienza a certi livelli. In carriera vanta un solo quarto di finale Slam (Australian Open 2011) e non aveva mai giocato una semifinale Masters 1000. Si possono spiegare (anche) così i 25 errori gratuiti, troppi se spalmati in appena sedici giochi. C’è una piccola scusante: il vento. Non eravamo ai livelli di Pennetta-Stephens, dove lo scenario era da film horror, però non era semplice giocare. E’ come se Dolgopolov abbia perso all’improvviso il feeling acquisito in 10 giorni. Sul 3-4, si è trovato avanti 40-30 e ha sbagliato tre dritti consecutivi che hanno regalato a Federer un break che gli ha aperto – anzi, spalancato – le porte dell’ennesima finale a Indian Wells.
 
Lo svizzero è stato perfetto al servizio, tenendo ottime percentuali di trasformazione sia con la prima che con la seconda. Mentre gli altri affogano, i soffi di Eolo accompagnano il suo tennis e sembrano quasi avvantaggiarlo. Roger ha prestato massima attenzione ai colpi di inizio gioco, variando tagli e rotazioni come ai bei tempi. Gli anni passati sono tornati in mente nel quinto game del secondo set: già avanti 3-1, ha stretto i denti per soffocare i timidi tentativi di Dolgopolov. Un game lunghissimo, in cui ha annullato quattro palle game e alla fine ha centrato il break. Lo voleva, se lo è preso. Durante il gioco, tra l'altro, ha giocato un super-punto in difesa, chiuso da un passante di dritto in corsa in risposta a uno smash. Il cinismo era una delle armi principali di Federer, e sembrava un po’ perso. Adesso sembra averlo riconquistato grazie ai tre fattori che lo hanno fatto rinascere nel 2014, regalandogli undici partite di fila: Stefan Edberg, il feeling col nuovo telaio e un fisico finalmente senza dolori. Adesso cercherà di fare dodici. In caso di vittoria, azzannerà il titolo numero 79, il quinto a Indian Wells. Dolgopolov è comunque contento, forse nemmeno lui avrebbe pensato di andare così avanti. Trovata l’armonia tra la sua indole anarchica e la rigidità di papà Oleksandr, può certamente salire ancora. Vale più della 23esima posizione che arriverà lunedì: se continua così, potrebbe ritoccare il numero 13 raggiunto qualche anno fa. Ma a Coachella Valley, stavolta, non ce n’era per nessuno.
 
MASTERS 1000 INDIAN WELLS – SEMIFINALI
Roger Federer (SUI) b. Alexandr Dolgopolov (UCR) 6-3 6-1
Novak Djokovic (SRB) vs. John Isner (USA)