Il caso Sinner si è risolto con un accordo con la WADA e la sospensione di tre mesi, soluzione che si pone a metà e che lascia ai più la curiosità di sapere come sarebbe finita se si fosse andati fino al processo
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Una settimana particolare quella appena alle spalle. Una manciata di giorni in cui il vento dei buoni sentimenti ha soffiato sui brani musicali del 75° Festival Sanremese e il buon senso ha finito per prevalere sulla spinosa vicenda Sinner. Una questione, quest’ultima, tenuta appesa agli sbalzi umorali di un’agenzia antidoping presa più da se stessa che non dalla tutela razionale della prestazione sportiva. Il ricorso al patteggiamento, così come inteso nel nostro ordinamento giuridico, non offre alla vicenda vincitori né vinti e nel caso in esame è stata sicuramente la migliore delle soluzioni adottabili, viste le sorprese che i comuni processi possono riservare. Tutto bene dunque. Rimane la sottile curiosità di immaginare come sarebbe finita se ognuna delle due parti fosse rimasta arroccata sulle proprie posizioni spingendo il lodo alle estreme conseguenze. Una testardaggine che avrebbe indotto allo scoperto l’onestà di un atleta cristallino capace di tenere la barra dritta anche tra le onde alte, e l’operatività di un’agenzia antidoping che usa filtri e filtrini secondo i casi da esaminare. La stessa agenzia che vista la malparata , si è affrettata subito dopo a strombazzare cambiamenti radicali circa le normative su prodotti dopanti e soprattutto sulle quantità tollerate. Tutto questo a partire dal 2027. Dichiarazioni che tuttavia rimandano a un quesito finale: e fino ad allora?