L’altoatesino ha parlato in un’intervista esclusiva a La Stampa, raccontando anche aspetti fuori dall’ambito tennistico: “Ho i difetto che hanno tutti i ragazzi”
Jannik Sinner è il personaggio più visibile dell’intero sport italiano in questo momento: intorno a lui sono scattate mille attenzioni, mille telecamere per analizzare ogni suo aspetto e dettaglio, analizzare a 360 gradi quello che in questo momento è il tennista più forte del mondo. In un’intervista esclusiva a La Stampa al nostro direttore Stefano Semeraro prima del torneo di Montecarlo, l’altoatesino ha raccontato alcuni aneddoti al di fuori dal campo del tennis: “Ho gli stessi difetti di tutti i ragazzi, quando finisco di mangiare non lavo i patti, li lascio lì due giorni…E a volte mi arrabbio anch’io. Ma va capito il momento, ce n’è uno per scherzare e uno per arrabbiarsi. Come tennista a volte ho troppa fretta di imparare, di aggiungere cose, mentre la fretta è il nemico più grande perché ti fa perdere lucidità. E invece di aiutarti, ti frega“.
Sul lavoro svolto in palestra per irrobustirsi: “Fino a due anni fa non ho mai lavorato tanto con i pesi. Stavo ancora crescendo e non era salutare per il fisico, rispetto a molti altri della mia età ero in ritardo da quel punto di vista, ne ho approfittato per dedicarmi ad altri aspetti, come il movimento in campo, che si sono rivelati molto utili. Solo io e il mio team sappiamo quanto tempo passo in palestra. Ma sto bene. Ho giocato tutto l’anno scorso senza problemi e questo mi ha consentito di dare sempre il meglio, settimana dopo settimana“. Sinner ha anche dichiarato di non trovarsi a meraviglia sulla terra battuta: “Non è la mia superficie migliore. In passato mi è capitato di faticarci un po’, e la scorsa stagione non è stata fra le migliori. Ma i miei primi quarti in uno Slam li ho raggiunti al Roland Garros, e li ho fatti anche a Roma. Sarà una stagione lunga e complicata, ma credo di poter giocare bene anche sul rosso. Montecarlo? Non ho grandi aspettative. Questa settimana la prendo come l’opportunità di fare un misto di allenamento e partite. Gli obiettivi chiave saranno il Roland Garros e le Olimpiadi, e Roma che per me è molto importante“.
Infine, un’ultima battuta sull’eventualità di fare il portabandiera ai Giochi Olimpici di Parigi: “Secondo me è giusto che lo faccia chi ha già vinto una medaglia d’oro. Per me sarà la prima volta. Sento di aver contribuito insieme ad altri a far crescere il nostro tennis, ma ci sono atleti che hanno costruito la carriera sulle Olimpiadi, e lavorano quattro anni per una gara. Ho letto una intervista a Usain Bolt in cui diceva: “io lavoro quattro anni per correre in meno di 10 secondi, e c’è chi vorrebbe risultati dopo due mesi’. Per loro è un appuntamento fondamentale. Per noi tennisti anche, ma fra Slam, Masters 1000 e Coppa Davis abbiamo più occasioni. Detto questo, se mi chiedono di farlo, mi farà molto piacere“.