Un passo alla volta, per Jannik. Ora il giorno di riposo nel quale, probabilmente, non mancherà di sbirciare il match dell’amico Musetti contro Novak Djokovic
foto Ray Giubilo
«Domani è un giorno importante», dice Jannik Sinner in conferenza stampa, e uno pensa che si riferisca alla possibilità, nemmeno troppo remota, che Lorenzo Musetti gli faccia il favore di battere Novak Djokovic promuovendolo così a nuovo numero 1 del mondo. Ma Jannik non si smentisce, l’importanza risiede nell’occasione di riposarsi in vista del prossimo turno. «Il riposo negli Slam è molto importante, questo poi è un torneo molto fisico. Io sono felice e insieme al mio team orgoglioso per come abbiamo trattato l’infortunio all’anca, oggi in campo non sento nessun dolore, ma è vero che fisicamente non sono ancora al livello in cui vorrei essere, ed è su questo che dovremo concentrarci in vista dei prossimi turni». Ma al Muso, in caso di vittoria, non ha pensato di mandare neppure un mazzo di fiori?
«La verità è che qui non ci siamo visti molto. Di sicuro gli mando un grosso in bocca al lupo. Speriamo soprattutto che sia una bella partita, io che amo il tennis la vedo così. Non sto pensando molto al numero 1 o al numero 2, ma a conoscere meglio me stesso, a capire che cosa posso dare su questa superficie». Socratico Jannik.
Qualche avventuroso gli chiede se continuando con lo sci avrebbe potuto diventare tanto forte da sfidare Marco Odermatt, ma il paragone sembra esagerato persino a Jan: «Non credo che da professionista nello sci sarei potuto andare molto avanti, ma chissà. Di certo mi ha aiutato con l’equilibrio, e anche dal punto di vista mentale. Quando fai la libera o il Super G un po’ di paura la senti, invece nel tennis al massimo perdi un punto, per questo sul campo non ho paura…».
Per quanto riguarda le Olimpiadi, con l’ufficializzazione dei quattro posti in singolare – Sinner, Musetti, Darderi e Arnaldi – che esclude il suo possibile compagno di doppio Lorenzo Sonego, non ha invece ancora le idee chiare: «Adesso penso a Parigi, dopo la fine del torneo vedremo. Non so se giocherò anche doppio o doppio misto, una coppia già c’è, Bolelli e Vavassori, per l’altra vedremo».
Inutile anche tentare di indagare la natura esatta del problema all’anca, che lo ha costretto a letto per qualche giorno a Torino, magari speculando sull’arrivo anticipato a Parigi di Darren Cahill. «Non è che se arriva un allenatore vuol dire che gioco e se non arriva no. Di coach ne ho due, si alternano bene, e si danno il cambio perché fare 45 settimane sul Tour può essere pesante. Se non avessi giocato qui avrei aspettato 5 minuti e poi avrei iniziato a prepararmi per l’erba, quindi Darren sarebbe comunque arrivato». Ma non ripensa mai, con un po’ di emozione, a tutto quello che è riuscito a combinare negli ultimi dodici mesi, dalla sconfitta al secondo turno contro Altmaier qui a Parigi?
«Certo che ci ripenso, ma fa tutto parte di un percorso, e se vuoi crescere, diventare una persona migliore e un tennista più forte, è più importante capire che errori hai fatto».