In una intervista concessa alla rivista “Esquire”, Sinner è tornato a parlare del caso doping e di molto altro

Foto di Ray Giubilo

Jannik Sinner uomo dell’anno di Esquire Italia. Il tennista altoatesino, protagonista della cover story del numero di Esquire in uscita a dicembre, per l’occasione ha rilasciato un’intervista esclusiva – realizzata a settembre – al direttore della rivista Giovanni Audiffredi. Tra i tanti temi trattati, Sinner è tornato ancora sulla vicenda doping, provando a raccontare le sensazioni vissute prima e dopo la diffusione della notizia. “Non auguro a nessuno di passare i momenti che ho trascorso io. Ho visto il buio. Non potevo parlarne con nessuno. Non potevo sfogarmi o farmi aiutare. Mi sono sentito perso. Tutte le persone che mi conoscevano e mi guardavano giocare capivano che c’era qualcosa in me che non girava bene. Ho passato notti insonni, perché anche se sei certo della tua innocenza, sai che queste vicende sono complesse. Tutti hanno detto subito la verità e questo mi ha permesso di giocare. Ma a Wimbledon, in campo, ero bianco come un fantasma, le cose non giravano. Sono entrato ad allenarmi nel circolo di Cincinnati e pensavo: come mi stanno guardando? Cosa pensano davvero di me? Lì ho capito chi mi è veramente amico“.

Poi anche una domanda di campo, per cercare di raccontare qualcosa sul suo stile anche a quelle persone – poche – che ancora non lo conoscono o non sanno nulla di tennis. “È un misto tra solido e aggressivo. Faccio più fatica a difendere. Infatti, cerco di non andare in difesa. Il mio tennis è polivalente, ma per esempio il gioco a rete non lo so praticare ancora bene. Un giocatore che mi ha fatto crescere tanto è Medvedev. Lo schema del serve & volley non mi appartiene ma lui mi ha costretto a praticarlo per provare a batterlo“.