Un match di contrasti di stili, quello tra Sinner e Dimitrov a Miami, che Jannik ha magistralmente dominato

Non c’è dubbio che siano i più in forma del momento! Mettiamoci la storia degli stili contrastanti ed ecco sbucare la ragione della finale ad alto gradimento andata in onda sull’Hard Rock Stadium di Miami. Un classico scontro tra il tennis moderno che strizza l’occhio al rendimento e quello spumeggiante dai tratti in po’ vintage incline a soluzioni mozzafiato che strappano l’applauso ma non offrono garanzia di successo.

Un modello tattico di cui Grigor Dimitrov s’è fatto interprete nel tentativo di far breccia in un confronto che, senza una visione più tangibile del gioco, rischia di veder sfumare ogni qualvolta la sorte lo metterà dinanzi a quel Sinner dal bulbo rosso che nell’anno in corso ha già vinto tre tornei e smarrito la miseria di un match. Controllando la sua metà campo con la mobilità che gli è propria, il nostro portabandiera si è calato nella sua botte di ferro uscendone a tratti con situazioni vincenti ben congegnate, lasciando al bulgaro il cruccio di accumulare errori su errori alla disperata ricerca di uno sfondamento che non è mai arrivato. Combinazioni difficili che fanno di Dimitrov, l’acclamato creativo che tutti sappiamo ma anche il talento inespresso che il mondo racchettaro ha lungamente atteso.


Il match tra i due è stato una somma di traiettorie degne del miglior Picasso, geometrie di gioco ricche di tale fantasia tattica da soddisfare anche il gusto dei più esigenti.
Un torneo, quello di Miami, apparentemente stregato per il nostro connazionale. Ce l’ha fatta al terzo assalto e insieme alla vittoria è arrivata la seconda poltrona mondiale. Mai italico tennista fece di meglio e siamo appena all’inizio. Di lontano, la terra color mattone si avvicina a grandi passi e se tanto mi da tanto potrebbe riservarci sorprese non da poco.