Due campioni abituati a comandare il gioco, non a subirlo. Al di là dell’esito finale, il match di New York ci ha fornito uno straordinario esempio di una futura grande rivalità

Ai pochi che, per sopraggiunta stanchezza, hanno abbandonato il video al canto del gallo tornandoci sopra all’ora del cappuccino, quei due dentro lo schermo devono essere apparsi come marziani alla conquista di mondi lontani. Questo per dare un’idea di quanto accaduto la scorsa notte sul grande centrale di Flushing Meadows tra Jannik Sinner e Carlos Alcaraz. Per rintracciare qualcosa di simile occorre muoversi a ritroso andando a spulciare tra i match indimenticabili che hanno arricchito la lunga storia dello slam americano.

Il dovere di sintesi mi sconsiglia dal farlo liberandomi, invece, a una visione d’insieme del confronto appena archiviato. Per dire che anche a un occhio attento può sfuggire il fluido invisibile che scorre tra i contendenti in campo: qualcosa di etereo che non si tocca ma c’è. Parliamo di scelte tattiche tradotte in simmetriche o complementari secondo la personalità dei singoli. Le prime sono tipiche di chi tende a primeggiare per via di un gioco propositivo destinato al successo, mentre in quelle complementari finisce per avere la meglio un atteggiamento di gregarietà che spinge il più debole a un appiattimento spontaneo o forzato rispetto all’altro.

Ma può anche accadere che i due rivali abbiano entrambi personalità spiccata e stile di gioco simile. Allora si può parlare di piena simmetria e il gioco sarà ricco di spunti interessanti che lo isseranno a spettacolo puro decretando un vincitore per il rotto della cuffia. A conferma di questo, tra Jannik Sinner e Carlos Alcaraz è stato un confronto altamente simmetrico, sia per filosofia di gioco sia per mentalità. Simili nei gesti, nelle movenze e nell’aspirazione da grandi campioni, i due giovani fenomeni condividono potenza da dietro timing e mobilità perfetti passando dal contenimento alla spinta con una disinvoltura che desta meraviglia.

Un concetto, quello simmetrico e complementare, che anche oggi si è avvalso di una sua espressività giacché, dopo quasi sei ore di gioco, né Alcaraz né Sinner hanno tradito sorta di gregarietà e la forte personalità ha dettato legge fino all’ultimo colpo. I due avrebbero meritato una «x», tanta è stata in entrambi la profonda volontà di darsi fino all’ultima goccia. Un match che fornisce positività all’Italia tutta , e manda un messaggio di compostezza mentale alle generazioni di giovanissimi che vogliono calpestare, con qualche possibilità di riuscita, l’affascinante monto della competizione.