Le parole dei due azzurri che si sono caricati sulle spalle le sorti della nazionale italiana per trascinarla in semifinale, a suggellare un’amicizia che vive dentro e fuori dal campo
Metti due singolaristi forti in doppio, e avranno la meglio quasi sempre su due doppisti bravi ma non fenomeni. E così Berrettini e Sinner – che insieme avevano giocato solo due volte in ATP Cup, con una vittoria e una sconfitta – hanno battuto in due set Gonzalez e Molteni, 77 anni in due, rispettivamente 22º e 21º nel ranking di specialità, spingendo sull’acceleratore quando serviva davvero. «Sì, abbiamo giocato poco in coppia – è il parere a caldo di Sinner – ma io e Matteo stiamo bene insieme, ci divertiamo tanto, e questo conta. Rispetto a Torino qui sento una responsabilità maggiore, va benissimo così».
La scelta di schierare Jannik e Matteo al posto dei collaudati Bolelli e Vavassori ha sorpreso qualcuno. «Già ieri sera ero orientato verso questa direzione, l’avevamo anche provata in allenamento. Naturalmente volevo prima verificare le condizioni di Sinner dopo le fatiche delle ATP Finals, viosta la partita con Baez ho confermato la scelta. La decisione di schierare Matteo a sinistra? Lui ha sempre giocato lì, e poi Jannik può rispondere da ogni parte del campo».
Berrettini-Sinner è una coppia che aspettavamo di vedere all’opera da tempo, la sintesi nobile di due giocatori dalle personalità diverse che però hanno più di un punto di contatto. «Chiaramente veniamo da mondi diversi – dice Sinner – però vediamo le cose in maniera abbastanza simile. In questi giorni abbiamo parlato, su come gestire certe situazioni, come migliorare alcune cose. Poi lui è più adulto, forse più… vecchio ma l’amicizia tra noi è nata in modo naturale». «Non siamo persone superficiali – tocca a Berrettini rispondere – abbiamo avuto percorsi naturalmente diversi ma amiamo quello che facciamo. Io poi lo considero davvero un ragazzo speciale. Per il fatto di stare qui dopo la sua stagione, dopo aver vinto quello che ha vinto, è arrivato qui con grande umiltà».
La sconfitta brutale di Musetti pone a Volandri un interrogativo di formazione verso l’Australia. «Ma Lorenzo in quattro giorni si era allenato in maniera strepitosa – dice Volandri – oggi non è riuscito a replicare quando di buono aveva fatto vedere. Ci rifletteremo e poi decideremo». «Io sono contentissimo di essere tornato in squadra, ringrazio il capitano per avermi scelto. Mi sento forte nella testa, la voglia di giocare in singolare c’è, naturalmente. Ho detto al capitano di schierarmi dove serviva, sono pronto anche a fare l’ultrà».