Criticatissimo per decisioni che si sono rivelate giuste come la rinuncia alle Olimpiadi e recentemente al girone di Davis a Bologna, Sinner non ha risposto via social, ma con le vittorie in campo
«Il silenzio è d’oro», dice un proverbio, ed è pura verità. Anche nel tennis. Ce l’ ha dimostrato Jannik Sinner già due volte nella sua pur giovane carriera, prima rinunciando alle Olimpiadi – quando ebbe il coraggio di dire di no alle istituzioni perché voleva prepararsi per il Masters, cui poi arrivò seppure come riserva – e recentemente alla Coppa Davis per preparare il finale di stagione.
In quest’ultimo caso ha scatenato una rivoluzione dopo la nostra sconfitta nel primo incontro di Bologna, specie da parte della Gazzetta dello Sport, che non è stata tenera, e specialmente a firma di Giancarlo Dotto, che peraltro ha omesso molte cose nella sua pubblica arringa. Ad esempio ha detto che Djokovic ha giocato a 36 anni e Jannik che di anni ne ha 21, era stanco: è vero, Novak ha giocato a 36 anni; ma non l’ha fatto quando ne aveva 35 e 34: questo il nostro censore non lo ha scritto, come pure molto altro.
Insomma, c’era più di un motivo per entrare in polemica, ma Jannik se ne è fregato. Come per il forfait a Tokyo, dopo il comunicato non ha detto una parola, e ha risposto con i i risultati.
Nello sport è importante non farsi coinvolgere troppo dalle polemiche, soprattutto oggi con i social. Prendiamo i nostri giocatori: Sinner, Sonego e Arnaldi li usano poco, mentre, senza voler giudicare nessuno, mi pare che attorno a Berrettini e un po’ anche a Musetti ci sia troppo casino; e questo a mio modestissimo parere può essere sbagliato, sicuramente non li aiuta.
Bisogna saperli gestire i social, e non è facile. Sono come il surf, devi cavalcare l’onda: se lo sai fare, perfetto, altrimenti cadi in un mare pieno di squali, spesso squallidi e mediocri. Meglio il silenzio. Che come sappiamo, è d’oro.