“L'idea di diventare numero 1 non mi esalta particolarmente, ad essere onesto. Non è qualcosa che mi auguravo. Se sono numero 13, numero 1, numero 20…la cosa non mi preoccupa. E' soltanto tennis”. Chi poteva dirlo, se non Nick Kyrgios? L'affermazione è stata raccolta dallo Strait Times, giornale di Singapore, sua patria improvvisata in occasione dell'International Premier Tennis League. Lo hanno definito così: 21 anni, provocatorio, bell'aspetto. Poi gli hanno riferito alcune delle diatribe che lo hanno coinvolto nel 2016. La risposta è un'altra bordata. “Ad essere onesto, non mi interessa. Ho conosciuto persone che mi dicono cosa devo fare, come devo agire, ogni giorno…ma tutto questo non mi importa”. Risposte talmente provocanti da pensare che in un altro contesto non le avrebbe pronunciate. Rohit Brijnath, giornalista dello Strait Times, ha avuto la fortuna di trovarlo in un momento di particolare rilassatezza. E allora ha portato a casa una serie di frasi da copertina. “Perché giochi a tennis?” gli ha domandato. “Perché purtroppo abbiamo tutti bisogno di soldi, vero?”. Insomma, ha ammesso di giocare a tennis per denaro. “Alla fine è molto gentile”, afferma il giornalista. Semplicemente, l'australiano ha una visione tutta sua dello sport. E' solo tennis, non una passione ma una fonte di sopravvivenza. Non è una cosa seria, ma uno show. “Non mi prendo troppo sul serio, il tennis non è così importante tra i massimi sistemi. Nel mondo ci sono altre cose di cui preoccuparsi”. Kyrgios è manna per i giornalisti, ma bisogna essere fortunati a trovarlo nel momento buono, e bravi a sapergli tirare fuori le parole giuste. Quando le due congiunture si verificano, viene fuori un personaggio originale. Gran parte degli atleti parlano della loro infanzia, dei sogni, delle prime racchette, degli idoli e delle trasferte a seguire un torneo.
"NON HO BISOGNO DI UN COACH"Kyrgios non racconterà di aver ammirato Pat Rafter, o magari di aver visto in TV la vittoria a Wimbledon di Lleyton Hewitt. Non dirà di essere andato a Melbourne Park da bambino e di essere rimasto estasiato dall'atmosfera. Oddio, anche lui ha avuto pulsioni di questo tipo. Il problema è che erano per un altro sport. “Mi piace tutto del basket – racconta – i suoni, la palla, il campo, l'atmosfera”. Il basket lo esalta, il tennis gli piace per quello che consegue. “Mi piace il denaro, mi piace lo stile di vita. Sono felice di giocare uno sport che offre grandi ricompense. Vado in posti nuovi, incontro tante persone e posso girare il mondo. Sono molto fortunato. Inoltre posso diventare una fonte d'ispirazione per tante persone, poi magari potrò aiutare qualcuno quando avrò smesso”. Giusto pochi giorni fa aveva ammesso che Mark Philippoussis avrebbe potuto essere una buona opzione nel ruolo di coach. Stavolta ha detto diversamente. “Non chiedo consigli perché non mi concentro per davvero sul mio tennis. Non ho una allenatore da quasi due anni perché non ne ho bisogno”. Però non gli piace il fatto che dire una parola, una “f….. parola”, per renderlo una cattiva persona. Quando gli è stato chiesto se dovrebbe stare più attento a quello che dice, se non altro perché ci sono tante persone che lo osservano, Kyrgios ha precisato. “Solo perché caccio una pallina al di là della rete, non significa che io debba crescere i figli di qualcuno”. Teniamoci stretta questa intervista e facciamo i complimenti al cronista dello Strait Times. Non è detto che Kyrgios ripeterà queste cose in futuro. Ma stia tranquillo: non le useremo contro di lui.