Mamma Murray svela il suo pensiero sulla scelta del figlio scrivendo un articolo per British Telecom. “Confidarsi a una donna è più facile. E troppi coach uomini si comportano da sergenti”.

TennisBest – 15 giugno 2014

 
C’era anche lei nella lista (infinita) dei papabili coach di Andy Murray. In fondo, mamma Judy ha avuto un ruolo fondamentale nella carriera del figlio. Alla fine è stata scelta proprio una donna, quella Amelie Mauresmo che ha già vinto Wimbledon da giocatrice e adesso sogna di ripetersi da coach. British Telecom ha attivato un'offerta interattiva con alcuni canali sportivi, e dedica parecchio spazio al tennis. Si sono anche aggiudicati i diritti della WTA. Non c'è dunque da stupirsi che abbiano chiesto a Judy un parere sulla decisione del figlio: lei ha scritto un articolo lucido e interessante. Judy ha spiegato perchè una presenza femminile, se scatta l’alchimia giusta, può essere molto utile per un campione uomo. Ecco la sua opinione.
 
Di Judy Murray
 
E’ stato molto interessante osservare le reazioni dell’opinione pubblica dopo la scelta di Andy, che ha scelto Amelie Mauresmo come allenatrice. Riconosco che si tratta di un concetto completamente nuovo: non era mai successo che una donna lavorasse con uno dei più forti del circuito ATP. Ma non esistono ragioni per cui una donna non possa allenare un uomo. Nel caso di Amelie, lei è stata una giocatrice molto creativa, con un grande senso del gioco. Trovo che ci siano un sacco di somiglianze tra il modo in cui giocava, la sua abilità sul campo, e il gioco di Andy. Inoltre ha grande esperienza, è una ex numero 1 WTA nonchè campionessa di Wimbledon. Lavora con la federazione francese come capitano di Fed Cup ed è già stata nel circuito ATP perchè ha seguito Michael Llodra. Lavoreranno in prova per la stagione su erba per capire se la partnership funziona sia dentro che fuori dal campo, poi vedranno il da farsi. I giocatori scelgono i coach per le loro abilità, qualità, esperienza e conoscenze. Il fatto che siano uomini o donne non dovrebbe essere un problema. L’unico aspetto da considerare è se si tratta della persona migliore possibile. Il tennis è uno sport di grande pressione mentale, i giocatori hanno bisogno di un grosso supporto emotivo. Anche per questo, credo, buona parte dei giocatori viaggiano con le loro fidanzate-mogli. A volte è molto più facile esprimere i propri sentimenti con una donna. Quando si è tra uomini, entra in ballo l’ego e non si vuole mai perdere la faccia.
 
Penso che le donne tendano ad ascoltare di più e a trascorrere più tempo per conoscere le persone. E se conosci meglio il tuo giocatore come persona, è più facile trovare il modo migliore per comunicare con lui. Naturalmente ci sono molti grandi allenatori uomini, ma diversi pensano che esista un solo modo di lavorare: il loro. Non sono interessati ad ascoltare l'opinione del giocatore. Si limitano a dire: “Io sono il capo e si fa come dico io”. Ma ci sono sempre due persone in ballo, e se si ascolta è molto più probabile fare le proposte adatte. Ho visto un articolo in cui si stigmatizza il concetto di un uomo allenato da una donna. Non dovrebbe esserci niente di di tutto questo. Si tratta di una mossa audace, ma penso che sia molto buona. E accresce la consapevolezza. Non vedo alcuna ragione per cui non possano esserci più donne allenatrici. In questo momento siamo in grande minoranza. Al livello di base, attualmente il rapporto tra uomini e donne è 4:1. Tra gli agonisti, la proporzione è terrificante: 12:1. Nei circuiti mondiali, le donne allenatrici si possono contare sulle dita di una mano. Ovviamente entrano in ballo altri fattori. Non tutti possono permettersi un allenatore più sparring, fisioterapista, preparatore atletico. Bisogna combinare tutti i ruoli per diminuire i costi, e in molti casi un maschio è più indicato. Inoltre è molto difficile gestire una famiglia e viaggiare 30 settimane all’anno. Non nego che siano degli ostacoli, ma in termini di offerta una donna può offrire tutto quello che serve come competenze, conoscenze ed esperienza.
 
Tutto questo farà bene ad Andy. Vuole tornare a divertirsi sul campo di allenamento, e la presenza di una donna porterà il giusto bilancio. Fino ad oggi, il suo team era composto esclusivamente da uomini. E’ quasi giunto il momento di provare a difendere il titolo a Wimbledon e penso che abbia mostrato più di un segnale di un ritorno ai suoi massimi livelli. La partita contro Nadal a Roma e quella contro Verdasco a Parigi sono state eccezionali. Il match contro Verdasco è uno dei migliori che gli abbia mai visto giocare. Ovviamente non posso prevedere cosa succederà a Wimbledon, ma Andy ama l’erba, ha il sostegno del pubblico e adesso ha il massimo incentivo proveniente dal nuovo coach: da lì nascerà un pizzico di voglia in più. A Parigi ha perso in semifinale, ma giocare contro Rafa su un campo in terra veloce è la sfida più difficile del tennis, una delle più dure nello sport. Quel giorno Rafa era scatenato e Andy non ha trovato un modo per entrare nel match. Dopo la partita ho incontrato Toni Nadal e mi ha detto: “Mi dispiace”. Gli ho risposto: “Non devi esserlo. Oggi Rafa era troppo bravo”. Ha sorriso e ha insistito. “No, sono ancora dispiaciuto”. Adesso vedremo come andrà il nuovo percorso di coaching e capiremo se sarà significativo. Penso che sia in corso un’ondata che faccia capire alle donne l’importanza del loro ruolo. La copertura mediatica, le allenatrici, le dirigenti, più praticanti, più spettatrici. Siamo una nazione da 50 e 50 quando si tratta di equilibrio di genere, ma nello sport le donne sono ancora in profonda inferiorità numerica. Lo scorso mese mi ha fatto piacere partecipare all’evento #BeAGameChanger. C’erano molte donne influenti, ma anche uomini, tutti determinati a fare qualcosa di positivo per lo sport femminile. Se abbiamo una voce a la utilizziamo, possiamo cambiare le cose. Se restiamo uniti, ce la faremo. Il mio motto è “Bring it on!”.