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Murray ha dato i primi segnali preoccupanti proprio quando il 90% del suo compito sembrava fatto. Ha perso il servizio per la prima volta, ha iniziato a parlottare e lamentarsi, e dal 4-3 e servizio si è trovato 4-6, con Querrey che continuava a tirare, tirare, tirare, sia col rovescio incrociato sia con un diritto mortifero che oltre a viaggiare veloce ha il pregio di rimbalzare molto poco. Una situazione che ha offerto uno splendido contrasto negli angoli dei due giocatori: mentre la faccia di Ivan Lendl diventava via via sempre più grigia, negli occhi del suo coach Craig Boynton e della fidanzata Abby Dixon si iniziava a intravedere un briciolo di speranza. Si è spenta quando Sam ha perso di nuovo la battuta in avvio di terzo, poi è tornata quando Murray ha deciso di farsi del male da solo sul 5-4, nel momento meno opportuno, regalando contro-break e parità, ma si è volatilizzata di nuovo insieme al terribile smash messo in rete da Querrey nel quarto punto del tie-break, che ha permesso a Murray di solcare una distanza impossibile da colmare, e salire 2 set a 1. Ma il vero black-out dello scozzese doveva ancora arrivare, e si è presentato di colpo in avvio di quarto set. Era il momento di affondare il colpo, invece Andy si è trovato svuotato, senza più forze e con qualche fastidio di natura fisica che ne ha frenato gambe e spirito, finendo per crollare in un amen. Ha perso il quarto set in appena 22 minuti, lasciandolo scivolare via senza dire una parola, e nel quinto è durato giusto sette minuti in più, ma senza l’ombra di una chance. “Holy Sam Querrey” come l’ha definito Mardy Fish via Twitter ha continuato a servire missili e sparare colpi vincenti, come se il più forte fosse lui, e Murray non ha potuto fare altro che trascinarsi da una parte all’altra del campo, con un atteggiamento mai così sofferente, in attesa dell’ace (numero 27) che ha decretato l’upset.
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Nel 2016 c’erano state le mille interruzioni e un Djokovic con la testa altrove dopo la conquista del Career Grand Slam, mentre stavolta si parlerà di un Murray menomato, lasciato in pace per una volta dalla pressione del pubblico – dirottata su Johanna Konta – ma tradito dal fisico. Tuttavia, Querrey ha meritato la vittoria, giocando un tennis splendido e facendo volare sul campo i suoi 198 centimetri. Basta riguardare il punto che gli ha regalato il 5-1 nel quinto set: Murray l’ha tenuto lontano dalla linea di fondo e poi ha giocato una precisa smorzata, ma lui ci è arrivato alla velocità della luce e nella scaramuccia a rete ha messo la palla dove il rivale proprio non poteva arrivare. Non sarà il miglior punto della sua carriera, come l’ha definito John McEnroe durante la telecronaca, ma è il simbolo delle sue possibilità. Viene spesso etichettato come un tennista di solo servizio, quando in realtà sa fare (bene) più o meno tutto. Oggi ha vinto con l’aggressività, presentandosi a rete una cinquantina di volte, e il crollo del britannico è arrivato anche per meriti suoi. Murray non ne aveva per giocare cinque set, ma tre/tre e mezzo sì. Lui è stato bravo ad allungare il match e ne ha raccolto i frutti, conquistando la sua prima semifinale Slam al 42esimo tentativo (mai nessuno aveva dovuto aspettare così a lungo) e riportando la bandiera a stelle e strisce nelle semifinali maschili di un torneo del Grande Slam per la prima volta dal 2009. L’ultimo a riuscirci era stato Andy Roddick, proprio ai Championships, e negli States se lo ricordano bene, soprattutto la comoda volèe sbagliata che l’avrebbe mandato avanti due set a zero nella famosa finale persa per 16-14 al quinto contro Roger Federer. Querrey può eguagliarlo? Contro Cilic non sarà lui il favorito, ma se va avanti così…
WIMBLEDON UOMINI – Quarti di finale
Sam Querrey (USA) b. Andy Murray (GBR) 3-6 6-4 6-7 6-1 6-1
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