Ekaterina Makarova, grande fan dei Roxette, fa la sorpresa battendo Victoria Azarenka a Madrid. Assomiglia alla Graf ma serve come la Seles. “Vika”, furiosa, spacca una racchetta.
La stretta di mano tra Ekaterina Makarova e Victoria Azarenka
Di Riccardo Bisti – 8 maggio 2013
Samuele Delpozzi, acuto osservatore del circuito WTA, ha dato una definizione straordinaria: “Ekaterina Makarova ha il naso della Graf e serve come la Seles”. E’ proprio così. La 25enne russa è protagonista al Mutua Madrid Open, dove si è tolta lo sfizio di battere Victoria Azarenka. Da quando è diventata una big, la Azarenka non aveva mai avuto un vero momento di crisi. Adesso c’è un piccolo allarme. Vika era ferma da quasi due mesi, da quando si è ritirata a Indian Wells prima di giocare contro la Wozniacki. Le dava fastidio una caviglia e ha avuto tutto il tempo per riprendersi. La scorsa settimana è stata ospite d’onore alla trasmissione TV “El Hormiguero”. Si è presentata con due tacchi vertiginosi e sembrava in forma smagliante. A quanto pare, non era così. Al primo turno ha giocato due tie-break per superare Anastasia Pavlyuchenkova, al secondo è uscita con la Makarova. La russa (n. 24 WTA) si è imposta col punteggio di 1-6 6-2 6-3. Come sempre, la verità sta nel mezzo: la Azarenka non era lei, non aveva il solito mordente, ma la Makarova è stata perfetta. Il suo tennis piatto ed aggressivo si adatta alle condizioni di Madrid, dove l’aria un filo rarefatta rende i campi più veloci. “Amo giocare sul rapido, specialmente sull’erba” dice quando le chiedono la superficie preferita. Contro la Azarenka, è stata brava a non mollare dopo aver perso rapidamente il primo set. Le ha restituito il trattamento nel secondo, mentre nel terzo ha saputo rimontare un set di svantaggio. Sotto 2-0 e 3-1, ha riacciuffato una Azarenka sempre più nervosa, autrice di molti (troppi) errori gratuiti. Sul 3-3, a seguito di una risposta sbagliata, Vika ha scaraventato per terra la racchetta e l’ha frantumata. Mariana Alves le ha dato un penalty point, mandandola definitivamente nel pallone. Pochi minuti dopo era sotto la doccia, sconfitta.
La Makarova “paga” una nazionalità pesante, eppure è un’ottima giocatrice. Si è specializzata nel doppio (fa coppia con Elena Vesnina), ma è cresciuta anche in singolare. Ha vinto il suo unico titolo nel 2010 sull’erba di Eastbourne, battendo in finale proprio la Azarenka. Ha iniziato a giocare all’età di 6 anni: a differenza di tante colleghe, non è cresciuta al mitico Spartak, bensì al Luzhniki. “Vengo da una famiglia normale – ama ripetere – mio padre è un uomo d’affari, mio fratello lavora in banca e mia madre fa la casalinga”. E' cresciuta nel mito di Anastasia Myskina, vincitrice al Roland Garros. “Ma non ho mai basato il mio gioco cercando di imitarla. Adesso lei lavora con il team di Fed Cup. Per me è importante seguire i suoi consigli, anche se da cinque anni mi alleno con Evgenia Manyukova”. La Fed Cup è molto importante per la Makarova: nella semifinale di Mosca, ha regalato il punto del 2-2 alla Russia battendo la Hantuchova e aggiudicandosi il doppio decisivo. I prossimi 2-3 novembre, dunque, sarà in Italia per sfidare le azzurre. Se va avanti così, potrebbe diventare un’alternativa anche per il singolare. Con l’annunciato forfait di Maria Sharapova e le prestazioni altalenanti di Kirilenko e Pavlyuchenkova, non è escluso che capitan Tarpischev possa puntare su di lei. Anche perchè ha sempre risposto presente alle convocazioni e ha un vivo senso della patria. “Non mi piace pormi sogni ed obiettivi: ma se dovessi scegliere, mi piacerebbe vincere le Olimpiadi”. La Fed Cup non è la stessa cosa, ma c’è sempre la bandiera russa di mezzo.
Quando le chiedono di descriversi in una parola, lei risponde senza esitazione: “Timida!”. In effetti non è molto espansiva, nemmeno nelle manifestazioni di esultanza. L’unica cosa che la entusiasma davvero è il ballo. Se non avesse fatto la tennista, le sarebbe piaciuto diventare una ballerina di hip-hop. Forse anche per questo non apprezza troppo il soprannome “Makarena”: ricorda troppo un ballo che non ha nulla a che vedere con il suo amato hip-hop. Però ha anche una passione segreta, più vicina a una dimensione pop: il mitico gruppo svedese dei Roxette, riformatosi dopo uno stop di 10 anni. Anche in virtù di questo non molla, nella speranza di migliorare la 19esima posizione del ranking. Per riuscirci, dovrà battere Marion Bartoli negli ottavi, la stessa sconfitta in Australia, quando era stata avanti 5-0 al terzo salvo farsi rimontare quasi del tutto. L’incostanza sembra essere l’unico punto debole di “Maka”: dovesse risolverlo, occhio: l’Armata Russa ha ancora cartucce da giocare.
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