Quando Maria Sharapova e Simona Halep scenderanno in campo, il pubblico di Flushing Meadows sarà ancora inebriato dall'esibizione di Shania Twain. La nota cantante americana ha scelto lo Us Open per tornare sulla scena, ma il main event di lunedì notte non sarà il suo concerto. Per intenderci, soltanto tre anni fa la russa e la rumena si erano giocate il titolo al Roland Garros. Quando l'urna beffarda le ha messe una contro l'altra, Simona Halep si trovava in campo per un allenamento. “Ho avuto una reazione normale, anche perché quest'anno ho spesso avuto tabelloni difficili. Mi sono detta: 'com'è stato possibile, anche stavolta?' – ha detto la Halep – sarà una grande sfida affrontarla al primo turno di uno Slam. Mi ha battuto sei volte, forse è giunto il momento di cambiare la storia. Non sto pensando a Maria o alla situazione, penso solo a me stessa. Voglio solo scendere in campo e giocare il mio miglior tennis. Non sarà facile perché ci ho perso diverse volte, ma sarà una sfida tutta nuova”. In effetti, i precedenti sono impietosi. Sei partite, sei vittorie della russa, mai sconfitta al primo turno in 11 partecipazioni allo Us Open. “Sono stata diverse volte vicina a batterla – racconta la Halep, che ha avuto l'onore di tirare il primo lancio in occasione di una partita dei New York Mets – forse trovo difficile affrontarla perché adotta un tennis piatto e rischioso. Nei momenti importanti non ho saputo cogliere l'opportunità”. La rivalità tra le due ha raggiunto il suo picco nel 2014: oltre alla citata sfida parigina, si sono affrontate in finale a Madrid e nei quarti a Cincinnati. Da allora, soltanto uno scontro diretto. “Ma sono una giocatrice diversa rispetto ad allora – dice la Halep – sia mentalmente che tecnicamente, mi sento più forte. In questi tre anni ho vissuto diverse situazioni. Mi sento meglio e pronta a sfidarla di nuovo. Voglio cambiare qualcosa, forse posso vincere. Vedremo”. La Halep è una delle otto giocatrici in lotta per la prima posizione, ma l'argomento le è un po' indigesto. Quest'anno si è trovata in diverse occasioni a un solo match, a volte a pochissimi punti, dal numero 1 WTA. L'ultima volta a Cincinnati, dove però ha ceduto nettamente alla Muguruza.
L'ACCOGLIENZA PER MARIA
“Ci ero andata vicina sia a Parigi che a Wimbledon, a non posso dire altrettanto per Cincinnati, visto che ho perso nettamente la finale!”. Simona prova ad allontanare la pressione, pur ammettendo di averla patita in determinate situazioni. La rumena ha le sue fragilità, ma non si può certo dire che le manchi continuità. Quest'anno ha perso al primo turno soltanto all'Australian Open (ma le faceva male il ginocchio), mentre è arrivata in semifinale (o meglio) in sei degli ultimi nove tornei. Da parte sua, per la Sharapova sarà il quinto torneo dopo l'arcinota squalifica per doping. Sul cemento ha giocato una sola partita a Stanford, poi si è fermata per un problema al braccio. La USTA, tuttavia, le ha ugualmente concesso la wild card. Da quando è tornata, Masha non ha ancora battuto una top-20 WTA. Tuttavia, la sua popolarità non accenna a scendere. E crescerà ulteriormente dopo il torneo, quando uscirà la sua autobiografia. Sarà interessante vedere la reazione del pubblico: i newyorkesi sosterranno Maria Sharapova oppure l'accoglieranno con freddezza? O si limiteranno a godersi lo spettacolo? Difficile a dirsi. Più facile intuire a chi andrà il tifo delle colleghe. Molte si sono apertamente schierate contro le wild card concesse alla russa. Certi aiuti non sono andati giù. L'ultima a parlarne è stata Garbine Muguruza, favorita per il titolo (almeno secondo i bookmakers). Quando le hanno chiesto un parere sull'ennesima wild card, ha detto. “È difficile rispondere. Io credo che quando qualcuno viene sospeso dalle competizioni debba lavorare e non essere troppo aiutato. Devi lavorare sodo e meritartelo di nuovo. Penso che sia la strada corretta”. Un modo elegante per dire che non l'ha condivisa. Ma certe dinamiche, si sa, non sono controllabili. Non resta che attendere l'esito del campo.