Tra Wuhan, Pechino e Shanghai, l'Asia ha costruito tre stadi tra i più belli e capienti al mondo. Ma non sempre è stato così. Anzi. Nel 1993, quando il circuito ATP è sbarcato a Pechino grazie alla spinta indiretta di Michael Chang (vincitore delle prime tre edizioni) non esisteva neanche uno stadio del tennis. Il campo centrale era accanto ad altri due, con i quali condivideva le tribune. Nel 1998, il manager americano Charles Smith ha messo piede a Shanghai e trovò un mini impianto da 3.500 posti, costruito per i Campionati Nazionali Cinesi (secondo molti, la ragione per cui la Cina non produce giocatori di livello internazionale: i campionati interni sono 'troppo' sentiti e remunerativi). Quell'anno Pechino era uscito dal calendario (ci sarebbe tornato nel 2004), così a Shanghai pensarono bene di organizzare un piccolo torneo ATP grazie all'ausilio di Heineken. Non c'erano grosse aspettative: invece, a sorpresa, il governo ha apprezzato e ha deciso di investirci. Nel 2002 organizzarono un'edizione del Masters in un impianto non esattamente all'altezza, poi hanno costruito l'impressionante Qi Zhong Forest Sports City Arena, sede delle ATP World Tour Finals (che all'epoca si chiamavano "ATP Masters Cup") dal 2005 al 2008 salvo poi ospitare il Masters 1000 in corso in questi giorni, giunto alla settima edizione. Il Qi Zhong Stadium, con i suoi 14.000 posti a sedere e la particolare conformazione (è dotato di un tetto retrattile “a petalo di magnolia”, simbolo della Cina), è uno degli stadi tennistici più famosi al mondo. Non è un caso che Pechino e Wuhan ne abbiano scopiazzato l'architettura.
25 CAMPI E SUPERFICIE VELOCE
“Non potevamo costruire uno stadio senza tetto retrattile – dice Smith – la Cina è soggetta a varie condizioni meteo, avevamo già avuto problemi con la pioggia”. Basti pensare che l'acqua aveva fatto terminare al lunedì le prime tre edizioni del torneo. Il centrale è il fiore all'occhiello di un impianto che comprende anche un secondo campo con 5.500 posti a sedere (costruito nel 2011 per soddisfare le esigenze di un Masters 1000), e un terzo da 1.500. Ci sono poi altri quattro campi di gara (con tribune tra i 400 e gli 800 posti), senza dimenticare sei campi indoor e ben dodici campi d'allenamento. Insomma, i giocatori non hanno certo problemi a trovare spazio per allenarsi, come invece accade altrove. A Shanghai si gioca sul Decoturf, la stessa superficie dello Us Open, ma c'è una sostanziale differenza: a New York c'è un “cuscinetto” che attenua la durezza della superficie, mentre Shanghai è un vero e proprio torneo “sul cemento”. E' curiosa la metodologia con cui a Shanghai si determina la velocità della superficie: niente di scientifico, ma solo prove empiriche. “Giochiamo su vari campi di prova e poi decidiamo”. Le scelte faranno piacere agli appassionati del tennis anni 90: Shanghai prova ad allontanarsi dall'omologazione: da superficie “media”, quella di Shanghai è diventata una delle più veloci del tour. “Vogliamo vedere un tennis di transizione – dice Smith – ci piace un gioco particolarmente rapido”. Il cambiamento risale a tre anni fa, ma va detto che i risultati non si sono discostati molto dagli altri tornei: le ultime edizioni sono andate a Novak Djokovic (2012 e 2013) e a Roger Federer (2014). Certo, quattro set su otto, nelle ultime tre finali, sono arrivati al tie-break. Qualcosa vorrà pur dire. Il campo è considerato “medio veloce”; ma a determinare la rapidità del gioco sono soprattutto le palline.
PALLE PESANTI E COLORE PERSONALIZZATO
A differenza degli altri grandi tornei, a Shanghai si gioca con le palle giapponesi Srixon, marchio noto anche per fornire le racchette a Kevin Anderson. Produce le palle per Dunlop e Babolat, ma adesso si è lanciata nel mercato con il proprio marchio. “Quando i giocatori colpiscono la palla vogliono sapere cosa succederà – dice Smith – le Srixon sono più pesanti della media e leggermente più controllabili. E' una caratteristica che piace”. Al contrario, la superficie è verde all'esterno e blu-porpora all'interno. La scelta, ovviamente, è stata fatta in nome della visibilità, soprattutto per il pubblico a casa. Si tratta di una decisione del torneo, che ha chiesto a California Sports Surfaces (la società che produce diversi tipi di superficie, tra cui il Decoturf) di avere questa specifica combinazione. Ogni torneo vuole avere il proprio colore in modo da essere unico e riconoscibile. Anche Shanghai ha voluto avere il suo marchio. Non si lascia nulla di intentato per restare nell'elite del circuito a dispetto di un entusiasmo e una tradizione che faticano a svilupparsi: non è un caso che il Masters 1000 di Shanghai (che pure è stato votato miglior torneo della categoria dal 2009 al 2013) sia quello con meno spettatori, superando a stento le 100.000 unita. E adesso che Indian Wells vinto il premio come miglior Masters 1000, c'è bisogno di mostrarsi più forti che mai. Le semifinali Nadal-Tsonga e Djokovic-Murray, tutto sommato, sono un buon biglietto da visita.