Il Times ha scoperto che il programma antidoping ITF ha saltato il Masters 1000 di Shanghai, uno dei più ricchi dell'anno. La notizia impressiona, ma il (misero) budget di 4 milioni impone un programma ben ponderato. E focalizzato sui test fuori dalle competizioni, tanto invocati negli anni passati.Slam a parte, i tornei più ricchi dell'anno sono i Masters 1000 di Indian Wells e Miami. Tuttavia, grazie a una diversa distribuzione dei montepremi, il torneo di Shanghai offre più soldi di tutti al vincitore. Andy Murray, infatti, ha intascato un assegno di 1,04 milioni di dollari (lordi). Tuttavia, durante l'evento cinese non c'è stato neanche un controllo antidoping. Incredibile ma vero. Le norme ATP obbligano ogni torneo a mettere a disposizione stanze e strutture adeguate per permettere di lavorare ai tecnici antidoping, ma capita spesso che restino inutilizzate. La scoperta è stata effettuata dal Times, che peraltro ha avuto la conferma da una fonte legata a un altro torneo, uno dei più antichi del tour, secondo cui capita spesso che gli addetti all'antidoping non si presentino nemmeno. Sulla stessa lunghezza d'onda le testimonianze dei giocatori. Secondo un top-player, non essere testato è ben più comune che vedersi trascinare nella stanza con aghi e provette. Un altro, classificato tra i top-50, ha detto di essere stato controllato otto volte nel 2016, nonostante abbia giocato venti tornei e ben 65 partite. Queste testimonianze fanno il paio con le affermazioni di Roger Federer, che l'anno scorso aveva manifestato perplessità per la carenza di test. “Sono sempre sorpreso quando mi capita di vincere un torneo, esco dal campo e mi domando dove sia l'addetto dell'antidoping”. Si è tanto discusso, anche in modo critico, su programma antidoping dell'ITF (che rispetta i parametri dell'agenzia mondiale antidoping, la WADA), ma c'è un problema di fondo: il budget. Quest'anno erano a disposizione circa 4 milioni di dollari: secondo molti è una cifra insufficiente per combattere la minaccia delle sostanze dopanti. Andy Murray, per esempio, ha detto che i fondi dovrebbero essere aumentati.
LA FUNZIONE DETERRENTE DELL'ANTIDOPING
Il responsabile del programma è il dottor Stuart Miller (per l'esattezza, è direttore del dipartimento tecnico-scientifico dell'ITF). Le sue parole sono dure m sincere: il budget non consente all'ITF di effettuare i test a ogni torneo, per quanto non esista alcun obbligo della WADA. “In un mondo ideale, il programma sarebbe efficace e avrebbe effetto deterrente se potessimo testare ogni giocatore, ogni giorno, per ogni sostanza. Purtroppo non è fattibile, allora abbiamo un programma antidoping che varia anno dopo anno. I test si effettuano in certi giorni, sia durante che al di fuori dei tornei. Non c'è l'antidoping a ogni torneo”. Secondo Miller non avrebbe senso operare ogni settimana, nemmeno se ci fossero le risorse. “Bisogna trovare il giusto equilibrio tra l'efficacia del programma e la funzione deterrente. Per questo, non progetteremo mai i test antidoping a ogni singolo evento”. A suo dire, i test a tappeto garantiscono l'imprevedibilità dei controlli e la funzione deterrente resta più o meno la stessa. Parlare dell'argomento è sempre corretto, ma l'articolo del Times sembra un po' pretestuoso. Ok, a Shanghai non c'erano controlli, ma soltanto pochi anni fa si criticava l'ITF per la carenza di test sul sangue e fuori dalle competizioni. Negli ultimi anni, i test si sono sviluppati in questo senso. Detto che il doping, purtroppo, è sempre avanti rispetto all'antidoping, è più probabile che un tennista si dopi al di fuori dei tornei. Il problema, semmai, è un altro: il budget. 4 milioni di dollari per controllare migliaia di tennisti, più volte, sono davvero pochi. Qualcuno aveva ipotizzato una possibile auto-tassazione dei giocatori, ma difficilmente l'idea troverà concretezza. E allora si naviga a vista, continuando a combattere una guerra impari.
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