A 10 giorni dal primo Slam stagionale, vediamo alcune delle tematiche più interessanti di inizio stagione. Dalle crisi di Nadal e Serena alle speranze di Stephens e Murray, qualche carta sembra essersi rimescolata. E poi ci sono gli acciaccati…
Di Riccardo Bisti – 7 gennaio 2015
L'Australian Open è ormai dietro l’angolo. Ogni singolo giorno è preziosa fonte di preparazione, speranze e messe a punto per chi vorrà essere protagonista a Melbourne, o semplicemente fare bella figura. In questi giorni, quasi tutti i migliori si sono mischiati tra Doha, Brisbane, Chennai e Perth, poi si passerà a Sydney, Auckland e Hobart. E anche se si gioca da pochi giorni, il 2015 ha già qualche storia da raccontare. O meglio, situazioni da tenere sotto la lente d’ingrandimento, tra giocatori in crescita, altri in crisi, altri ancora che non sanno come e quando inizierà la loro stagione. Ecco alcune storie emerse con vigore in questi giorni.
SLOANE STEPHENS E IL NUOVO COACH
Per cancellare i ricordi di un pessimo 2014, l’americana ha scelto un nuovo allenatore. E che allenatore: Nick Saviano è l’ex coach di Eugenie Bouchard, presa da bambina e portata in finale a Wimbledon. Adesso spera di fare altrettanto con la Stephens. Non troppo tempo fa, Sloane era considerata la possibile erede di Serena Williams. Invece ha vissuto una cattiva stagione, con un bilancio di 21 vittore e 20 sconfitte e nessun piazzamento di rilievo negli Slam. Gli sono mancate soprattutto la solidità e la tenuta mentale che le avevano permesso di raggiungere la semifinale, proprio in Australia, ormai due anni da. L’ingaggio di Saviano è l’estremo tentativo per capire se questa ragazza (che ormai non è più una bambina, visto che nel 2015 compirà 22 anni) può ancora diventare una protagonista assoluta, diciamo da top-5. I due avevano già lavorato in passato e sarà un bene: conoscersi eviterà di partire da zero. Se la Bouchard è arrivata così in alto, perchè non può fare altrettanto la Stephens?
LA CRISI DI RAFA NADAL
C’è la sensazione che i problemi fisici del 2014, ancor più di quelli del passato, abbiano cancellato la sua aura di invincibilità. Dopo 10 anni ad alti livelli, peraltro vissuti lottando con i guai alle ginocchia, il corpo gli ha presentato il conto: schiena, polso e persino appendice gli hanno fatto perdere mezza stagione. Dice di essersi allenato bene e con una certa intensità in inverno, tanto da aver rinunciato all’IPTL, ma l’inizio è preoccupante. Ad Abu Dhabi ha raccolto due game contro Murray, mentre a Doha ha perso addirittura da Berrer. Senza voler essere trancianti nei giudizi, abbiamo già una certezza: Rafa ha ancora molto di lavoro da fare per tornare agli standard di sempre.
CILIC, METEORA DEL DECENNIO?
Si dice che lo Us Open sia lo Slam più duro, il più complicato, quello che non si vince mai per caso. Per questo, dopo il capolavoro a New York, si pensava che Marin Cilic avesse portato il suo tennis a un altro livello, magari come Wawrinka (diventato un big a tutti gli effetti). Invece, a parte il successo a Mosca, sembra essere tornato nell’anonimato. Al Masters ha fatto la comparsa, poi ha giocato l’intera IPTL e adesso sta pagando dazio. Un problema alla spalla, con ogni probabilità, lo terrà fuori dall’Australian Open. Mentre scriviamo manca ancora l’ufficialità, ma i media croati danno già per certo il forfait. Probabilmente lo rivedremo al torneo amico di Zagabria. Saltare Melbourne sarebbe una botta paralizzante, almeno sul breve termine. Allo stesso tempo, fermarsi non è una cattiva idea: la spalla deve guarire completamente, altrimenti rischia di compromettere qualcosa di più che un pezzo di stagione. Ne sa qualcosa coach Ivanisevic, che lo quindici anni fa fece un patto con il diavolo pur di vincere Wimbledon. Ma lui era a fine carriera…
IL DRAMMA DELLA JANKOVIC
Dopo la sconfitta al primo turno di Brisbane, ha rivelato di essere stata ad un passo dal ritiro sul finire del 2014. In autunno ha subìto un grave infortunio alla schiena che l’ha bloccata a letto e, di conseguenza, ne ha prosciugato la forma fisica. Senza alcuna certezza di tornare ad alti livelli, ha pensato al ritiro. “Volevo di smettere, quando non hai più certezze arrivi a pensare di non essere più competitiva”. Ma non si è arresa e si è rimessa in sesto già per i primi tornei. E poco importa se ha perso da Ajla Toljanovic al primo turno di Brisbane. Anche se deve ancora rimettersi a punto, è felice di essere ancora in campo. E la consapevolezza di aver rischiato di perdere tutto, beh, potrebbe regalarle una finale di carriera…rinascimentale.
DEL POTRO CONTINUA A RINVIARE
C’è da preoccuparsi per Juan Martin Del Potro. A parte le dichiarazioni di facciata, non è normale che continui a provare dolore al polso sinistro e rinvii continuamente il rientro. Cosa succede davvero, forse, lo sapremo dopo il ritiro, magari tra le pagine di un’autobiografia. Ha perso tutto il 2014 e sembrava pronto dopo un’intensa preparazione invernale. Invece ha rinunciato a Brisbane ed è ancora in dubbio la sua partecipazione a Sydney (dove è campione in carica) e all’Australian Open. Gli infortuni al polso sono una cosa seria, e quando tornerà avrà bisogno di tempo per ritrovare fiducia. Insomma, la prima parte del 2015 potrebbe servire soprattutto per rimettere insieme qualche mattonella dopo che la casa è andata in frantumi. Non è esattamente la migliore prospettiva possibile. Se dovesse saltare l’Australian Open, il tennis maschile dovrà ancora fare a meno del più potente diritto nella storia del gioco.
E SE MURRAY FOSSE RINATO?
La vittoria all’esibizione di Abu Dhabi è un bel segnale per un Murray tutto nuovo. Ha impiegato nove mesi per fare piazza pulita del suo vecchio staff, adesso lavora con Amelie Mauresmo ed è in cerca di un assistant coach. Il taglio col passato arriva anche dal nuovo sponsor tecnico (Under Armour). Ad Abu Dhabi non ha avuto pietà per Nadal, poi ha sollevato il trofeo grazie al forfait di Djokovic. Gli fa un po’ male la spalla, ma gli esami diagnostici di queste ore hanno cancellato qualsiasi timore. L’Australia gli piace, ha sempre giocato bene e ci ha colto due finali. Con meno pressione di qualche tempo fa, si presenterà a Melbourne con qualcosa che gli è mancata spesso nel 2014: la fiducia. E grazie alla ritrovata “confidence” potrebbe ritrovare quel tennis completo che, per certi versi, lo rende più ‘giocatore’ persino di Djokovic e Nadal. L’affermazione è forte, quasi provocatoria, ma sul piano strettamente tecnico non ha nulla da invidiare ai due migliori. Se riducesse il gap mentale…
LA STANCHEZZA DI SERENA WILLIAMS
La Hopman Cup è un’esibizione e va presa come tale. In oltre 25 anni di storia, non è mai stata indicativa per l’Australian Open. Ma nel tennis femminile non esistono partite senza agonismo. E le ultime prestazioni di Serena preoccupano un po’. Contro la Pennetta ha perso 6-0 il primo set, poi è stata salvata da un caffè espresso. Il miracolo non si è ripetuto contro Eugenie Bouchard, che le ha lasciato appena tre giochi. “Non so cosa ci sia di sbagliato in me. Sono stanca, esausta – ha detto ai giornalisti – è strana. Non riesco a muovere il mio corpo. Mi sento come se non avessi energia. E’ un po’ frustrante perchè so di poter giocare duemila volte meglio”. In passato ha già avuto clamorose debacle: basti pensare all’incredibile stato confusionale mostrato a Wimbledon. Ma a 33 anni non si può scherzare con il proprio corpo. Se anni fa bastavano potenza e classe, adesso ci vuole un regime ben diverso. E Serena, più forte tennista di sempre (ma non la più grande) non sempre è stata un esempio di professionalità. Spesso Melbourne è stato il teatro di rinascite. Sarà così anche stavolta?
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