ESCLUSIVO – Corrado Erba si è infilato nell’area incordatura di Roland Garros e ha chiacchierato con Lucien Nogues, vero e proprio guru del settore. E ha scoperto che…
L'area incordatura di Roland Garros curata da Babolat
da Parigi, Corrado Erba – 30 giugno 2013
Ero impegnatissimo ad addentare tartine al salmone bagnandole con ottimo champagne Pommery presso lo stand di Babolat a Roland Garros, quando il direttore commerciale, Giovanni Pietra mi ha preso da parte. Ero già pronto a scusarmi per aver rubato sotto il naso una tartina al foie gras al delegato cinese, quando Giovanni ha sorriso bonario.
“Secondo me tu vuoi conoscere Lucien Nogues”.
Tombola.
Per chi non lo sapesse, Lucien Nogues è uno dei più grandi esperti di corde e di macchine incordatrici dell'intero universo. Impiegato Babolat dal 1981, è stato un precursore del tour moderno. A bordo del caravan Babolat, ha seguito i giocatori in tutto il mondo, onde preparare adeguati settaggi e incordature per quello che all’epoca era il mitico VS Babolat. Detto fatto, siamo scesi nelle viscere di Roland Garros, più o meno sotto il campo numero 7, nella zona dove il team Babolat incorda per tutti i giocatori (prezzo? 25 euro di manodopera a incordatura, 15 per gli juniores). L’organizzazione è semplice: ogni giocatore consegna la propria matassa che viene posta in un apposito ripiano e contrassegnata da un codice, quindi assegnata ad una determinata macchina, in modo che ogni giocatore abbia le racchette incordate sempre dalla stessa, per evitare differenze (anche minimali) che possano inficiare la prestazione.
Lucien è sicuramente un bel tipo. Aria di chi la sa lunga, affatto spocchioso, ti scruta con occhi indagatori per capire se l’argomento ti interessa, oppure se sei l’ennesimo giornalista che curiosa e basta. “Tranquillo Lucien – lo rassicura Giovanni – Corrado è un giornalista per hobby, dunque molto migliore dei professionisti, visto che lo fa perché gli piace”. Lucien, che parla francese, inglese e italiano, ammicca e inizia a raccontarmi la sua storia di ragazzino che si fa ammaliare da una vecchia macchina per incordare. Detto fatto, viene imbarcato in un piccolo negozio di articoli sportivi dove impara (da solo) i rudimenti dei 2 e 4 nodi. Poco dopo viene reclutato da Babolat e inizia a girare per il circuito, quando esistevano solo legni e morbidi budelli.
E’ interessante parlare con lui perché, venendo dal “passato”, ha l’esperienza per comprendere l’evoluzione (o meglio dire rivoluzione) degli ultimi quarant’anni. Ti dice cose che un giovane incordatore, per quanto super esperto, non ti può raccontare. “Dicono che il problema dell’incordatura ibrida sia il budello perché reagisce diversamente dai monofili nel tempo – dice Lucien a mia domanda -. Il problema non è il budello che perde tensione al principio ma poi si assesta. Il problema sono i monofili, che iniziano a perdere tensione e non la finiscono più” si infervora. “Vedi, io ho incordato in più di 600 tornei ATP, comprese 60 prove dello Slam, qualcosina avrò imparato”, mi dice con aria assolutamente modesta, mentre tra i 16 incordatori del team scoppia un applauso: “Ah, sono due americani, hanno finito il turno e tornano negli Stati Uniti domani”. I turni in sala incordatori sono da miniera di sale: 15 / 16 ore filate, dalle 8 del mattino a mezzanotte, con top players che magari arrivano alle 9 di sera e lasciano 8 racchette per le 8 del mattino dopo. Lucien è sempre li a supervisionare.
E’ facile chiacchierare con Lucien, saltando di palla in… telaio. “Sai una cosa che mi fa veramente inc….? – mi dice ridendo – Le signore di 60 anni che magari arrivano in negozio e ti chiedono di montare il monofilo di Nadal! E la motivazione non è come ti aspetti – perché cosi tiro più forte – ma perché cosi credono di non romperle mai! Così vedi gente che gioca con monofili da 6 mesi, totalmente morti, ma tutti contenti perché non rompono mai le corde”. Ma, gli chiedo, tu che hai incordato la Donnay di Borg e la T2000 di Jimbo, cosa pensi dell’evoluzione dei materiali? “Grafite dice lui -. La grafite è molto, molto migliore di una volta, più selezionata, più leggera. Pensa che le fibre di grafite utilizzate da Babolat sono le stesse del composito del nuovo Boeing 787. Per forza che tirano cosi forte: hai visto cosa devi fare per rompere una Babolat?”. Su questo non sono un esperto e glisso. Tra le altre cose, Lucien non è solo un esperto di corde, ma è un guru delle macchine incordatrici. Confesso di essere un po’ debole su questo argomento, così gli chiedo di guidarmi sui grandi cambiamenti degli ultimi tempi: “Dal punto di vista della tecnica non è cambiato molto, sono più precise e si rompono meno, ma i grandi progressi sono stati sulle forme, sull’ergonomia della macchina, che consente di lavorare più comodamente e velocemente, senza per questo rinunciare alla precisione”. Detto questo abbraccia affettuoso con lo sguardo i suoi boys. Cerco di carpirgli qualche segreto sulle customizzazioni dei telai dei professionisti ma è come interrogare un agente della CIA sui segreti di Guantanamo. E il tempo è trascorso via veloce, una erede della famiglia Babolat si approssima, tolgo il disturbo.
“Merci Lucien”.
Il mio dilemma ora è “Nadal sul Suzanne Lenglen o tartine da Babolat”?
Non lo saprete mai.
I NUMERI DI BABOLAT A ROLAND GARROS
3897 racchette prese in carico
3853 racchette incordate
(la differenza sta nelle racchette totalmente customizzate)
46 chilometri di corde utilizzati
57 racchette fatte incordare da Nadal
68 racchette fatte incordare da Serena Williams
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