di Roberta Lamagni
Il nuovo anno porterà certo poca serenità agli impiegati di Sergio Tacchini. La notizia è risuonata come una campana a lutto: lo storico marchio di abbigliamento che porta il nome del suo fondatore, dal 24 gennaio chiuderà definitivamente i battenti italiani, costringendo in mobilità 42 dei 55 dipendenti della sede di Bellinzago novarese.
Qualche segnale d’allarme purtroppo c’era già stato. Nel maggio del 2007 Sergio Tacchini, dopo 41 anni di glorioso "servizio alla Patria" – e al proprio portafoglio – aveva ceduto la proprietà ai cinesi di Hembly, importante distributore di prodotti moda.
Tuttavia l’eccellenza di fattura che aveva contraddistinto il “made in Italy” degli anni d’oro e vestito tra gli altri campioni come John McEnroe e Pete Sampras, aveva già abbandonato da tempo i lidi novaresi. Lo spostamento degli stabilimenti in Cina, Portogallo e Grecia nei primi anni 2000 aveva dato vita a una produzione più “democratica” in termini di costi e qualità, nel tentativo di contrastare la concorrenza dei paesi emergenti. Pessima scelta, evidentemente.
La situazione non era migliorata: nel maggio 2007 la cessione ai cinesi e nemmeno la sorprendente decisione di ingaggiare un testimonial d'eccezione come Novak Djokovic pare aver aiutato a rilanciare l’immagine della Casa. Anzi si è trasformata in un boomerang economico.
Ora Hembly ci riprova, perché la chiusura degli uffici italiani non significa la fine di Sergio Tacchini. Dai vertici del colosso cinese precisano che l’intenzione è quella di riqualificare il marchio a livello mondiale e proprio a questo scopo la società si sarebbe affidata alle sapienti mani di Img, nota società di marketing. Per concentrare le risorse in questa attività, però, pare fosse necessario risparmiare sui costi di gestione riducendo le sedi.
Eccone il risultato: a gennaio chiuderà il negozio di Castelletto Ticino, gran parte dei dipendenti di Bellinzago saranno accompagnati alla porta e a febbraio scadrà pure l'anno di cassa integrazione degli addetti allo spaccio aziendale di Caltignaga.
Notizie così, specie di questi tempi, proprio non vorremmo sentirne.