dalla nostra inviata a Roma, Roberta Lamagni – foto Getty Images
Un leone deve riconoscere la criniera, per avvertire il pericolo. Sul campo, la stessa scintilla sembra scoccare nella mente di Serena Williams quando affronta prede "meritevoli".
E' un tributo di stima quello della panterona di Compton, che adegua il trattamento al valore: più la spia rossa pulsa, più il livello di attenzione sale.
Chissà se questo servirà a consolare Victoria Azarenka, travolta nella finale degli Internazionali d'Italia dalla numero uno del mondo in 93 frustranti minuti. Le statistiche di fine match sentenzieranno 41 winner a 12: praticamente un'emorragia.
Uno spettacolo che tuttavia non può aver scontentato gli otre 10.000 tifosi, che a dispetto del punteggio hanno potuto godere di un tennis di altissimo livello. Senza risparmiarsi, Vika e Serena hanno mostrato tutta la qualità del proprio arsenale, scagliando bordate da ogni angolo del campo ma soprattutto esprimendosi al meglio anche in difesa.
Nessuna delle due campionesse aveva finora mostrato una particolare affinità con la terra battuta, basti pensare che dei 50 titoli ottenuti da Serena in carriera, soli 7 successi hanno un fondo rosso; uno su 16 per la avversaria.
L'americana ha tuttavia dato prova, se ancora ce n'era bisogno, che se la forma la sostiene, avversarie, superfici e qualunque altra condizione sono tutti elementi accessori. Trofeo conquistato lasciando per strada soli 14 giochi, in poco più che 5 ore d'impegno.
Si era già espressa ai massimi livelli a Madrid, nella finale contro Maria Sharapova, ma il servizio riservato oggi alla bielorussa è apparso ancora più crudele. Ha sbriciolato le sicurezze avversarie sin dai primi vincenti, con una potenza e una precisione impressionanti da fondo campo e al servizio, con siluri valutati costantemente intorno ai 180 km/h, come nemmeno Federer nelle serate romane. E con una rapidità in fase difensiva che raramente avevamo osservato.
Una Williams impeccabile, a tratti invincibile eppur scontenta, eccessivamente autocritica, decisa a non concedere o mostrare la pur minima debolezza, perché dall'altra parte della rete, ricordiamolo, c'è l'ex regina del tour che lei stessa ha detronizzato lo scorso febbraio, diventando la più matura numero uno al mondo di sempre con i suoi 31 anni e 8 mesi.
Con il successo romano – il secondo dopo il 2002, quando sconfisse Justine Henin – Serena è certa di mantenere lo scettro Wta almeno fino a Wimbledon. Ma, visto il particolare momento di forma, i numeri la destinano a conservarlo tante altre settimane. La vittoria su Azarenka prolunga la personale striscia record della Williams a 24 vittorie consecutive, portando a 32-1 il bilancio sul rosso degli ultimi due anni (la sconfitta risale al Roland Garros contro Virginie Razzano)
In precedenza, in sole 3 altre stagioni in carriera Serena aveva conquistato 5 o più titoli. Quello del Foro è il quinto, e siamo ancora al mese di maggio. Il record di 8 trofei nel 2002 già inizia a scricchiolare.
Raggiante, con un sorriso genuino, fanciullesco, travolgente, Serena chiude la premiazione con un ringraziamento nella nostra lingua al pubblico romano, che suggerisce a Lea Pericoli, storica maestra di cerimonie, di naturalizzarla italiana. A richiesta, la pronta risposta: "Mi piace tanto la pasta!". Peccato averlo scoperto tardi…