Per fortuna c'è stata la premiazione con tutti i suoi rituali, anche fotografici. Senza, sarebbe stato difficile trovare un'immagine per descrivere il 21esimo Slam di Serena Williams. Quando l'ultimo dritto di Garbine Muguruza è terminato in corridoio, sigillando il 6-4 6-4 finale, c'è stato un attimo di smarrimento. Niente salti, capriole, strilli clamorosi. Anche il Centre Court si è bloccato prima di sciogliersi in un applauso di ammirazione, più che di amore. Serena vince di nuovo a Wimbledon, staccando la sorella Venus nell'unico Slam in cui il loro palmares era uguale. E' il sesto titolo ai Championships, il nono Slam da quando ha compiuto 30 anni. Gli attimi di difficoltà sono arrivati, ma non in finale. Contro Heather Watson si è trovata a due punti dalla sconfitta, mentre Victoria Azarenka l'ha impegnata a fondo pur senza mai arrivare troppo vicina al successo. In finale, contro la futura stella Garbine Muguruza, la numero 1 ha giocato a sprazzi ma si è imposta con un doppio 6-4. Pronostici rispettati, gerarchie confermate. In attesa di firmare un Grand Slam che ormai sembra scritto, può festeggiare il secondo “Serena Slam” della sua carriera, ovvero vincere quattro Major di fila, anche se spalmati in anni diversi. Impressiona il lasso di tempo trascorso tra il primo e il secondo successo. Il precedente “Serena Slam” era maturato tra il Roland Garros 2002 e l'Australian Open 2003, oltre 12 anni fa. Un dato che la dice lunga sulla grandezza e la longevità di Serena. C'è poi un altro record: vincendo questa edizione di Wimbledon, l'americana è diventata la più “anziana” a vincere uno Slam nell'Era Open. Battuto il primato di Martina Navratilova, 33enne pure lei quando battè Zina Garrison nel 1990. Avrebbe potuto ripetersi quattro anni dopo, ma Conchita Martinez le rovinò la festa.
EMOZIONI NEGLI ULTIMI GAME
Non è stata una partita banale. Serena ha commesso tre doppi falli nel primo game e ha dovuto impostare un match di pura rincorsa. Avanti di un break, la spagnola non ha sofferto del “miedo escenico” tanto famoso in Spagna, e ha provato a fare corsa di testa. Ha resistito fino al 3-1, ha stretto i denti per acciuffare il 4-2, ma Serena era ormai pronta a devastare l'argine. Da lì è partita una serie di cinque giochi consecutivi, poi nove dei successivi dieci che l'hanno spinta rapidamente fino al 6-4 5-1. La vicenda agonistica sembrava finita lì, con una Serena da esaltare e poco da raccontare. Ma è successo l'imponderabile: la n.1 si è distratta e la Muguruza ha ripreso a giocare benissimo. Il primo break è stata pura distrazione, ma sul 5-3 c'è stato un game ad alta intensità emotiva: un doppio fallo e due (gran) rovesci vincenti della Muguruza l'hanno spinta sullo 0-40. Serena si è concentrata, ha riacciuffato la parità e persino il matchpoint, annullato da un gran dritto di Garbine. Più forte di un overrule sfortunato, la Muguruza ha trovato il break e ha pensato che sì, forse la finale si poteva riaprire. Ma quando ha servito sul 4-5, prima un doppio fallo e poi un nastro malefico hanno consegnato all'americana un torneo più che meritato. “Alla fine c'è stata un po' di pressione – ha detto l'americana – ma credo che Garbine abbia giocato alla grande, ha tirato alcuni colpi eccezionali e ha reso tutto più complicato”. Fino all'ultimo errore che ha spinto Serena ancor di più nella storia. Dovesse vincere lo Us Open, acciufferebbe uno storico Grand Slam (sarebbe la quarta nella storia dopo Maureen Connolly, Margaret Court e Steffi Graf) e aggancerebbe proprio la Graf a quota 22 Slam. Ma i titoli della tedesca, si sa, hanno un grosso asterisco: difficilmente avrebbe vinto così tanto se non ci fosse stato l'accoltellamento di Monica Seles. Margaret Court? Continua ad essere la più titolata, ma nessuno pensa che sia anche solo in lizza per essere considerata la più forte di sempre.
SLAM: NON NE PARLA, MA CI PENSA
Nonostante la sconfitta, questo match potrebbe aver consacrato Garbine Muguruza. Se la spagnola dovesse vincere degli Slam, tutti ricorderanno il pomeriggio dell'11 luglio 2015 come la nascita di una nuova stella. Ancor di più rispetto a quando battè proprio Serena al Roland Garros 2014. “Mi piace giocare sui campi più importanti – ha detto dopo essere scoppiata in lacrime prima e durante la premiazione – giocare una finale è una sogno diventato realtà”. L'impressione è che il sogno diventerà abitudine: la spagnola è troppo forte e troppo “focus” per potersi montare la testa e pensare di essere già arrivata. L'investitura è arrivata proprio da Serena: “Vincerai questo torneo molto presto: credimi”. Nel frattempo, il Duca di Kent le aveva consegnato il Rosewater Dish per la sesta volta. Per adesso, l'unica certezza è questa. L'americana non vuole sentir parlare di Grande Slam. Ma è ovvio che sarà il suo unico pensiero da qui al 12 settembre, giorno della finale femminile di Flushing Meadows.
WIMBLEDON DONNE – FINALE
Serena Williams (USA) b. Garbine Muguruza (SPA) 6-4 6-4