da Londra Giorgio Spalluto – foto Ray Giubilo
“Billie, I got you”. Sono state queste le prime parole di Serena rivolte a Billie Jean King in tribuna, al termine della sua quarta finale vinta sui sacri prati dell’All England Club. In realtà Serena con questo successo stacca la King ferma a quota 12 e, con il 13° alloro in uno slam, si issa al sesto posto tra le plurivittoriose di tutti i tempi, dietro Margaret Court (24), Steffi Graf (22), Hellen Wills (19), Chris Evert e Martina Navratilova (18).
Partita non ci doveva essere e partita non c’è stata. Mattanza doveva essere e mattanza è stata. Il più classico degli incroci alla “Davide e Golia” è rimasto in equilibrio fino al 3-3 del primo set, con Vera Zvonareva brava a non farsi intimidire nei primi game, dalla risposta di Serena. L’avvio incoraggiante della russa (2 ace nei primi turni di battuta) si infrange contro lo straordinario servizio di Serena autrice di 15 punti su altrettante prime. Il primo campanello d’allarme per la moscovita giunge nel sesto gioco, sul 3-2 per Serena. Tre errori di dritto regalano a Serena la prima palla break del match. Vera la annulla attaccando, sempre con il dritto, in uscita dal servizio. Un ace e un servizio vincente le consentono di impattare sul 3-3. E’ il preludio al break dell’ottavo gioco. La Zvonareva non sfrutta un vantaggio di 40-15, concedendo una seconda palla break che, però, Serena spreca affossando una risposta di rovescio. Un perfetto lob di rovescio e uno spettacolare passante di dritto in corsa permettono alla Williams di operare l’allungo decisivo e di chiudere poco più tardi il primo parziale al terzo setpoint.
Vera ha giocato meglio di quanto un po’ tutti si aspettassero, eppure ha perso il primo set per 6-3. Le straordinarie qualità di front-runner di Serena sono talmente note da spegnere qualsiasi speranza di rimonta della sua avversaria che cede il servizio in apertura di secondo set. Da lì in poi è un monologo di Serena che opera il terzo break della sua partita nel quinto gioco, grazie a un doppio fallo di frustrazione. Si chiude dopo 66 minuti col punteggio di 6-3 6-2 una delle finali più scontate e prevedibili della storia dei Championships. Zero palle break concesse e 94% di punti sulla prima di servizio. Contro questi numeri c’è poco da fare. Lo sa anche la Zvonareva che rende omaggio alla sua avversaria con il filo di voce che le è rimasto: “Sei una grande giocatrice e una grande campionessa. Adesso sono un po’ delusa perché non sono riuscita a dare il mio meglio, anche perché Serena non me l’ha consentito. Vorrei ringraziare tutti quelli che venuti a sostenermi, in particolare il mio chirurgo, che mi ha consentito di poter tornare a giocare a tennis. Sono davvero grata a tutti loro“.
Questa finale è la degna conclusione di un torneo in cui Serena ha manifestato una superiorità imbarazzante rispetto alle sue avversarie sin dalle prime battute. Nella prima settimana ha sempre rifilato un 6-0 alle sue avversarie e le poche insidie incontrate lungo questa sua marcia trionfale (Maria Sharapova negli ottavi di finale e Petra Kvitova in semifinale), le ha sapute gestire con il piglio della campionessa. Al termine del match perso con la Stosur a Parigi aveva detto che sarebbe tornata a casa per allenare il suo servizio. “The greatest server of all time” così come l’ha definita Martina Navratilova chiude il suo straordinario Wimbledon avendo messo a referto ben 89 ace (9 quest’oggi). Battuto il precedente record di 72, che lei stessa deteneva e che risaliva allo scorso anno. A inizio torneo aveva detto che avrebbe parlato al suo servizio. A volte basta solo parlarsi.
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