US OPEN – L’americana domina la Wozniacki e si conferma la più forte. Evert e Navratilova, raggiunte a diciotto Slam, la omaggiano durante la premiazione.

Di Riccardo Bisti – 8 settembre 2014

 
Se il momento più emozionante di una finale arriva durante la premiazione, beh, significa che non è stata un granchè. Stavolta è andata proprio così: dopo il rapido 6-3 6-3 con cui Serena Williams ha cancellato Caroline Wozniacki, il momento strappa-titoli è arrivato dopo che Serena aveva già sollevato il trofeo e intascato il prize-money più grande nella storia del tennis: 4 milioni di dollari, frutto del premio per la vincitrice più un milione extra per aver vinto la Us Open Series. A un certo punto sono entrate Martina Navratilova e Chris Evert e le hanno consegnato un braccialetto Tiffany a 18 carati. Diciotto come gli Slam conquistati dall’americana, tanti quanti Chris e Martina. Se ne parlava da tempo, sembrava diventato una maledizione. Le sconfitte di quest’anno contro Ana Ivanovic, Garbine Muguruza e Alize Cornet avevano offuscato i cinque titoli WTA e una sensazione di dominio ancora viva. Bloccata a 17 titoli, due mesi fa usciva da Wimbledon piegata in due, vittima di un malessere che aveva fatto temere per futuro e salute. Ancora una volta, come un’Araba Fenice, è risorta dalle proprie ceneri grazie alla vicinanza di Sasha Bajin, lo sparring-amico, ancora più importante di Patrick Mouratoglou. Dopo il disastro londinese se l’è portata in Croazia, a Umago, dove l’ha ricaricata a suon di sole e allenamenti leggeri. Da allora ha perso solo una partita, a Montreal contro la sorella Venus (curiosamente assente nel box giocatori), infilando tre titoli e rafforzando la leadership. Durante il discorso post-successo, Serena si è commossa nel ringraziare tutti quelli che le sono stati vicini. Le telecamere della CBS, impertinenti, hanno colto qualche guancia rigata. Evidentemente non era così sicura di vincere.
 
SE DICIOTTO SEMBRAN POCHI
In sette partite non c’è stata una sola giocatrice in grado di vincere più di tre game in un set. Un dominio totale, aiutato dalle autoeliminazioni delle avversarie più autorevoli: Na Li non c’èra, la Azarenka ha fatto un miracolo a raggiungere i quarti, la Bouchard deve smaltire la sbornia, la Sharapova si è arresa alla Wozniacki, la Ivanovic è stata la grande delusione. E così sono giunte in semifinale due giocatrici di secondo piano come Makarova e Peng, rendendo ancora più facile il compito di Serenona. Ma non è colpa sua, e probabilmente le avrebbe battute tutte. L’impressione è che l’americana trovi il meglio di sè quando la situazione si fa complicata. Come se avesse bisogno di stimoli per mostrare la sua forza. Per questo ha vinto “soltanto” 18 Slam. Per una carriera iniziata quasi 20 anni fa non sono poi così tanti. Tuttavia non ha nessuna intenzione di ritirarsi: da quando lavora con Mouratoglou – e si è sottoposta a una disciplina più rigorosa – sembra essere ringiovanita. Di sicuro andrà avanti fino alle Olimpiadi del 2016, ma non è escluso che possa andare ancora più in là. I 22 Slam i Steffi Graf, e forse nemmeno i 24 di Margaret Court, non sono così al sicuro. Certo, quest’anno avrebbe dovuto centrare almeno un Major in più, ma la rincorsa non è compromessa. Soprattutto adesso che ha ottenuto la benedizione di Chris e Martina.
 
LE VANE RINCORSE DI CAROLINE
La finale non ha offerto granchè. Chi sperava che la Wozniacki potesse replicare la resistenza di Montreal e Cincinnati, o magari ripetere il successo di Miami 2012, è rimasto rapidamente deluso. Il match, previsto per le 16.30 locali, è iniziato con una ventina di minuti di ritardo che lo ha fatto giocare quasi interamente all’ombra. Cinque break nei primi sei game sono stati lo specchio di troppi errori, ma Serena aveva sempre in mano il gioco. Quasi mai la Wozniacki ha potuto tessere una ragnatela di palleggi. E quando lo scambio di prolungava, beh, era lei a dover correre disperatamente per tenere vivo il punto. Aggiustato il mirino, Serena prendeva il largo e chiudeva il primo set con un bel rovescio in contropiede. Il punto-simbolo della finale si giocava nel primo game del secondo set, con la Wozniacki al servizio sul 15-30. La danese le ha provate tutte, rimandando di là anche l’impossibile, ma non poteva nulla su un nastro malandrino che faceva morire la sfera nel suo campo, lenta e beffarda. A quel punto si è temuto che Caroline “sbracasse”. Invece, con orgoglio, ha cancellato una pericolosa palla break del 3-0 ed ha provato a rimanere in scia. Ce l’ha fatta fino al 4-3, quando ha prodotto il massimo sforzo per dare un senso alla finale: ha ripreso Serena dal 30-0 a 30-30, strappando qualche applauso al suo clan, dove trovavano posto papà Piotr, mamma Anna e la sparring partner Marta Domachowska, ex discreta giocatrice polacca famosa per aver avuto una liason con Jerzy Janowicz. Ma come spesso le accade, nel momento del bisogno, Serena ha dato il meglio di sè. E sul 5-3 e 15-15 ha deciso che bisognava rompere gli indugi: al termine di un altro punto strepitoso, Caroline ha ceduto con uno slice in rete, segno della resa. L'ultimo errore di rovescio consentiva alla Williams di sdraiarsi sul Decoturf per la sesta volta, la terza di fila. “Non potevo immaginare un posto migliore dove vincere il primo e il diciottesimo Slam – ha detto durante la premiazione – voglio fare i complimenti a Caroline, siamo grandi amiche, ci mandiamo messaggi quasi ogni giorni. Adesso dovrò iniziare ad allenarmi per l’Australia perchè dovrò restare al suo passo!”. Ma aveva fretta, voleva indossare il suo braccialetto a diciotto carati. Diciotto come i suoi Slam.

US OPEN 2014 – DONNE
Finale

Serena Williams (USA) b. Caroline Wozniacki (DAN) 6-3 6-3