A 38 anni dall'ultima volta, l'Egitto sogna di riportare un proprio rappresentante a Wimbledon. Ci prova Mohamed Safwat, che sta vivendo un bel momento nonostante sia fuori casa da tre mesi e abbia perso quasi tutti gli sponsor a causa della crisi economica del suo Paese.

Lo sportivo egiziano più famoso è un calciatore. Mohamed Salah ha indossato le maglie di Fiorentina e Roma, oggi fa le fortune del Liverpool ma non è riuscito a evitare una dolorosa eliminazione ai gironi nel Mondiale di Calcio. E allora, il paese delle faraoni spera di vivere una piccola soddisfazione con il suo miglior tennista, Mohamed Safwat, impegnato nelle qualificazioni di Wimbledon. Non accade da 38 anni che l'Egitto non porta un giocatore nel main draw: due anni fa, lo stesso Safwat c'era andato abbastanza vicino, arrendendosi al terzo turno. Ci riprova quest'anno, forte di un gran coraggio e la recente partecipazione al Roland Garros, in cui ha fatto una discreta figura contro Grigor Dimitrov, sul Philippe Chatrier, dopo essere stato ammesso come lucky loser. Sull'erba di Roehampton ha superato Jack Draper (wild card locale) con un doppio 6-4, mentre al secondo round sfiderà il giovane americano Michael Mmoh. Inevitabilmente, il punto di riferimento di Safwat è il suo più illustre predecessore, Ismael El Shafei. Correva l'anno 1980 quando incrociava la racchetta con Bjorn Borg: fu uno degli avversari battuti nella cavalcata verso il quinto titolo consecutivo, sublimato dalla leggendaria finale contro John McEnroe. “Sarebbe bello guadagnare l'accesso al main draw per meriti propri, e non solo come lucky loser – ha detto Safwat – ma in realtà si tratta di un piccolo obiettivo. Quello che sto cercando di fare è cambiare la mia mentalità. Voglio pensare in grande. Non voglio esagerare con le aspettative, nel senso che qualificarmi mi renderebbe felice. Ogni giocatore vorrebbe qualificarsi, ma non dovrebbe essere la fine del percorso. Non è che se entro in tabellone faccio una vacanza in spiaggia. Ho bisogno di continuare a lavorare, vedere cosa c'è dopo. Bisogna essere impazienti, soprattutto se vuoi salire”.

UN TEAM PICCOLO MA FELICE
Il percorso di Safwat è frutto di tanti piccoli ostacoli, diventati grandi a causa della sua nazionalità. Per un atleta egiziano è molto, molto difficile viaggiare. Attualmente fa base a Vienna e si fa seguire dall'ex top-20 Gilbert Schaller, che qualche mese fa ha preso il posto del coach-fratello Martin Spottl. Non torna in Egitto da tre mesi. Da tre mesi, dunque, non vede la moglie e il piccolo Selim. Ma i problemi non finiscono qui: l'Egitto sta vivendo un periodo difficile sul piano economico. Risultato: ha perso parecchi sponsor. Gli unici che gli sono rimasti sono quelli strettamente tecnici: corde, scarpe e abbigliamento. Ma gli manca un accordo per le racchette. “Sapete una cosa? Ho comprato un paio di racchette dopo il Roland Garros grazie al prize money che ho intascato a Parigi – dice con un sorriso – sono da solo, sono soldi miei. Nessuno mi dà niente, ma nessuno si aspetta che faccia qualcosa. È tutto sulle mie spalle, è una questione personale”. Sul campo, le cose vanno benino: giusto ieri ha festeggiato il suo best ranking al n.163 ATP. Il nuovo team funziona bene: con Gilbert Schaller c'è buona intesa, ma il click è stato soprattutto sul piano mentale, perché da un paio d'anni si fa seguire da una mental trainer, Hend Eissa, che di tanto in tanto viaggia con lui. “Mi ha aiutato moltissimo, sia dentro che fuori dal campo – dice Safwat, che è una persona molto intelligente – ho iniziato a vedere le cose in modo diverso, a pensare in modo diverso, su ogni aspetto della mia vita. È stato importante anche il cambio di coach, mi sembra che siano sulla stessa lunghezza d'onda. A volte non parlano neanche tra loro, ma mi dicono spesso le stesse cose. È un aspetto molto interessante: si sono incontrati per la prima volta durante il Roland Garros, ed è stato molto divertente. Sono felice, non è un team molto ampio ma mi ha dato grande energia”. Chissà che questa energia non si possa tramutare in qualche vittoria in più sul campo da tennis. Qualche vittoria che possa far dimenticare, per qualche ora, le delusioni calcistiche di un paese in difficoltà.