Senza le batoste incassate da Andy Murray, verrebbe da mettersi sull’attenti. Prima di esordire a Parigi Bercy, dove è stato sconfitto negli ottavi dall’aspirante numero 1 ATP, Lucas Pouille ha fissato una serie di obiettivi per il 2017. Grandi, importanti. “Non c’è niente di male a mostrare le proprie ambizioni” ha detto il francese di mamma finlandese, con residenza a Dubai. Pouille è un tipo risoluto, dice le cose come stanno senza il timore di essere preso per pazzo o, nella migliore delle ipotesi, presuntuoso. A inizio anno era numero 90 ATP, chiuderà agevolmente tra i top-20 grazie a due quarti di finale Slam (Wimbledon e Us Open), senza dimenticare il primo titolo ATP a Metz. Ciò che colpisce, dell’allievo di Emmanuel Planque, è la consapevolezza nei propri mezzi. Sa di essere forte e si cala senza problemi nel ruolo di stellina, persino di possibile erede di Yannick Noah. “A inizio stagione avevo un paio di obiettivi: chiudere tra i primi 30 e raggiungere la seconda settimana in uno Slam – racconta – quindi se mi avessero anticipato quel che poi ho ottenuto, non l’avrei ritenuto eccessivo. Certo, ho avuto qualche sorpresa in positivo, come la vittoria su Nadal allo Us Open”.
PAGARE MENO TASSE
Pouille è un ragazzo scrupoloso: dopo 10 anni di preparazioni invernali nei palloni pressostatici di Parigi, ha voluto fare qualcosa di diverso. Ma non si è limitato ad andare a Dubai: ci ha proprio fissato la residenza. “Era stato Federer a propormi di fare un salto a Dubai, già nel febbraio 2015. Ne ho parlato con il mio coach e ho scelto di provare, non mi andava di fare l’ennesima preparazione invernale al freddo”. Qualcuno pensa che dietro la scelta ci siano ragioni economiche, poiché il fisco degli Emirati Arabi è meno pressante di quello francese. “Dicono così? Hanno perfettamente ragione, ma il motivo principale della scelta è prettamente tecnico. Ok, risparmio di tasse, ma se avessi voluto fare solo quello avrei scelto un posto più vicino alla mia famiglia”. Un candore quasi sorprendente. A parte l’ottima preparazione, il 2016 non era iniziato così bene. La sconfitta contro Coric a Indian Wells è stato il punto più basso. “Dopo quella partita ho avuto una lunga discussione con il mio coach. Mi ha detto alcune verità, dovevo cambiare la situazione. Davo troppa importanza al giudizio degli altri e non riuscivo a gestire la pressione”. Non ha fatto un vero e proprio mental training, anche perché Yannick Noah gli aveva dato qualche indicazione in questo senso. Di certo è cresciuto sul piano fisico. “Il merito è dell’investimento su un preparatore atletico, Pascal Valentini, reduce dal rugby. Ha lavorato con me a tempo pieno: adesso mi muovo meglio e sono più forte e veloce. Ma non finisce qui: la prossima persona che inseriremo nel team sarà un fisioterapista”.
“EREDE DI NOAH? VA BENISSIMO”
Ma la frase che lo perseguiterà per tutto il 2017, il buon Lucas, l’ha pronunciata quando gli hanno chiesto se l’anno prossimo proverà a vincere uno Slam. “Certo, perché no? Io ho fiducia. Ho raggiunto per due volte i quarti di finale, battendo ottimi giocatori. Lavorando ancora meglio, soprattutto sul piano atletico, potrei arrivare ai quarti più fresco fisicamente. E non mi piace mettermi limiti”. Intanto gli obiettivi sono molto chiari: entrare tra i top-10 il prima possibile, superare lo scoglio dei quarti in uno Slam e vincere la Coppa Davis. L’Insalatiera gli sta molto a cuore, specie da quando in panchina c’è Yannick Noah. Lo scorso anno lo aveva assunto come supervisore: adesso non ha più l’esclusiva, ma i due continuano a sentirsi anche al di fuori della Davis. “E mi sta benissimo che mi dicano che posso essere il suo erede. Vuol dire che mi ritengono in grado di vincere uno Slam”. Insomma, attenzione al ragazzo che ha battuto Nadal a New York (“ma non l’ho vissuta come una svolta: la mia carriera è cambiata quando ho battuto Ferrer a Miami”): non vuole essere ricordato per un exploit. No, lui vuole ben altro. Certo, se inizierà a vincere qualche game in più contro Murray….
Sentite Pouille: “Uno Slam nel 2017? Perché no…”
Il giovane francese non si nasconde. “Ho raggiunto due volte i quarti: lavorando duro posso arrivarci più fresco…e non mi piace mettermi dei limiti”. La scelta di vivere a Dubai (“Le tasse contano, ma la ragione è soprattutto sportiva”) e il coraggio di investire su un team numeroso. “L’anno prossimo voglio anche la Davis”.