Il colombiano si era fermato perché aveva bisogno di nuove motivazioni. Le ha cercate dentro di sé trascorrendo una vita avventurosa, fatta di riflessioni, viaggi nel deserto, nuotate in mare aperto e notti in amaca. Si è anche improvvisato docente all'università. Adesso si sente pronto e, con un nuovo look, è in gara al Miami Open.

Sono trascorsi sei mesi dalla mattina del 18 settembre 2017. Erano le 9.30 quando Santiago Giraldo si è alzato, con una sensazione tutta nuova: non aveva più gli obblighi della vita da tennista, ben deciso a lasciare il tour a tempo indeterminato. Non era la prima volta che si fermava, poiché si era già bloccato nel 2012 a causa di una peritonite. Stavolta era tutto diverso, poiché la necessità di fermarsi non dipendeva dal fisico, ma dalla mente. Aveva bisogno di fermarsi, come peraltro dimostrava la sua stagione, con diversi forfait e tre ritiri nel corso di un match. Il motivo apparente era un dolore alla schiena, ma in realtà c'era dell'altro. E così, dopo la sfida di Coppa Davis contro la Croazia, ha deciso di fermarsi. “Quel giorno mi sono svegliato molto tranquillo – ha detto in un'intervista con l'ATP – ero abbastanza contento perché avevo trovato quello di cui avevo bisogno: calma e libertà”. Nei giorni successivi ha parlato con i suoi sponsor, avvisando che da lì a poco sarebbe arrivato l'annuncio. Nel comunicato, tuttavia, specificò che non si trattava di un ritiro. Le sue intenzioni sono state concretizzate da una serie di terapie fisiche: due piccoli interventi (occhio e narice) e una serie di terapie per sistemare i dolori muscolari. Ma non solo: in questi mesi, si è rifugiato a Cartagena, in un appartamento con vista mare. L'unica sabbia sotto i piedi era quella della spiaggia, non quella della terra battuta. Pensava di restarci cinque giorni, alla fine si è fermato un mese. “Sono rimasto da solo, volevo riflettere, fare introspezione, camminare, meditare, leggere, anche dedicarmi allo yoga. Ho fatto tutto questo”. Si è concesso anche lunghe nuotate, in piscina, nel fiume e anche in mare aperto. “Mi è capitato di nuotare per un paio d'ore, e quando uscivo mi sentivo rivitalizzato”. Per evitare di cadere nella più profonda routine, un giorno è salito in macchina ed è andato a Santa Marta, città natale di Radamel Falcao, in cerca di avventura. È finito presso il Parco Nazionale Tayrona, dove ha potuto trascorrere una giornata intera con l'insediamento di una tribù Kogui. La chiacchierata con il capo della tribù lo ha intriso di saggezza indigena.

AVVENTURE E DISCORSI MOTIVAZIONALI
​Insieme ad altri amici si è lanciato in una serie di avventure, da Indiana Jones dei tempi moderni. È finita che sono arrivati dove il fiume sbocca sul mare, in un luogo dove “ci hanno detto che un alligatore aveva dimorato negli ultimi giorni”. Come se non bastasse, è ripartito in auto in mezzo al deserto, verso la punta nord del Sudamerica. Dopo mille peripezie sono arrivati a destinazione, Punta Gallinas, dove non c'è acqua, benzina, elettricità e nemmeno il segnale telefonico. Ha pernottato in un ranch dove l'unica comodità erano un paio di amache. È stato un modo di conoscere il mondo ben diverso rispetto a quello a cui era abituato. Dopo tante avventure, è tornato nella sua città natale, Pereira. Lì ha trascorso parecchio tempo con la sua famiglia. “E ho avuto la possibilità di fare cose semplici ma gratificanti: andare a prendere i miei nipoti a scuola, giocare con loro in piscina, prendere un caffè con mia nonna, incontrare gli amici, giocare con i miei cani e acquistare anche i cavalli che desideravo. Già che c'ero, li ho anche cavalcati”. Ma non ha rinunciato all'idea di viaggiare: si è concesso anche una sortita in Spagna, dove aveva lasciato tanti amici. Barcellona, Madrid e Marbella. Una volta tornato in Colombia, si è improvvisato docente al Festival di Innovazione e Imprenditorialità a Bogotà, dove ha raccontato la sua esperienza a una platea di quasi 10.000 persone. “Per me la vita non è soltanto individuare un obiettivo e lottare per raggiungerlo: per me il successo è il sentire l'amore e la passione per arrivare al traguardo”. In un altro punto del suo discorso, ha detto: “Fermati, prenditi del tempo per te stesso, trova la passione per le piccole cose e da lì trova un impulso per un nuovo scopo”. Ha parlato anche di tennis, dedicandogli frasi di lode e gratitudine. Questo periodo non è stato frutto di una repulsione verso il tennis, ma sentiva il bisogno di tornare al tour ancora più forte. “Il mio obiettivo era restare sei mesi senza giocare, è stata la migliore decisione che abbia mai preso”.

RITORNO AL PASSATO
Una volta ritrovate le motivazioni, non gli restava che individuare una data per il rientro. Durante una passeggiata in Messico, sulle spiagge di Puerto Escondido, si è sorpreso a simulare il movimento del dritto. “Non lo facevo sin da quando ero bambino, eppure mi è venuto spontaneo e naturale. È stato sorprendente, da lì ho capito che c'era il desiderio di tornare a giocare”. Per dare concretezza al desiderio, ha chiamato il suo ex allenatore Felipe Beron, storico coach con cui si era separato nel 2015. “Insieme a lui ho ottenuto i miei migliori risultati – racconta Giraldo – non solo è molto competente, ma mi sono rivolto a lui anche per la stabilità personale ed emotiva che è in grado di darmi. Mi sono scusato per una serie di sciocchezze che ho commesso, e lui ha accettato. Ho richiamato i miei sponsor, ben felici del mio ritorno: abbiamo sempre avuto un rapporto molto corretto”. In passato, Giraldo si era allenato in Spagna e negli Stati Uniti. A 30 anni ormai compiuti, ha sentito che certi cicli erano terminati. E allora ha scelto di restare in Colombia, alternandosi tra Cartagena, Pereira e Bogotà. Ha iniziato a prepararsi l'11 gennaio, con l'obiettivo di rientrare al Miami Open. Non è una scelta casuale: per i sudamericani, è il Masters 1000 di casa. Se Key Biscayne si trova in Florida, la comunità dei latinos è molto numerosa. “Il mio obiettivo è raggiungere il miglior livello possibile. È una sfida interessante: giocare a tennis perché mi rende felice e non per i soldi o la classifica. Mi gratifica molto, e mi piace il fatto che sia difficile, impossibile. Partire da un ranking così negativo (attualmente è n.288 ATP, ndr) mi dà grande motivazione. Se le cose non dovessero andare, non avrei rimpianti: sto facendo del mio meglio, e nel miglior modo possibile. Quando sei in armonia con te stesso, puoi provare qualsiasi cosa. Adesso ho un solo obiettivo: mostrare sul campo quello che sono veramente”. Prima non ci riusciva, si arrabbiava facilmente, lanciando racchette o strillando sul campo. Adesso si è reso conto che il risultato di una partita non rende migliori o peggiori degli altri. “So già cosa significa competere nel modo tradizionale, avvertire insoddisfazione e andare a dormire sballato. Adesso voglio godermi la magia del tennis, dello sport e della vita”. Il nuovo Giraldo si è rasato e si fatto crescere la barba, sorprendendo i suoi colleghi. La sua nuova carriera è ripartita il 19 marzo 2018, giorno della Festa del Papà. Il suo primo avversario sarà Elias Ymer. Chissà.