Francesca Schiavone è tornata in Italia e sta già spadroneggiando negli studi di Sky Sport. Chissà se l’anno prossimo la rivedremo in campo ai Champioships. Con lei, tutto è possibile. Ma per una Francesca che esce, ce n’è un’altra che entra. Il passaporto è britannico e la storia è molto (molto!) affascinante. Francesca Jones ha quindici anni e ha perso al secondo turno del torneo junior, ma è stata ad un passo dal successo contro l’americana Kayla Day, numero 5 del tabellone (e già numero 442 del ranking WTA). Fallito l’exploit, è crollata nel terzo set. Si spiega così il 4-6 7-5 6-1 finale. Ma non ci sarà mai sconfitta per Francesca: ogni partita è un trionfo, un’emozione. Già, perché ha soltanto nove dita nelle mani e sette nei piedi. Era nata con sei, poi una serie di operazioni le hanno consentito di giocare, anche se continua a mancarle un dito nella mano destra. E’ nata con la sindrome EEC, il cui nome “tecnico” è “Sindrome Ectrodattilia – Displasia Ectodermica – Palatoschisi”. Si tratta di una malattia rarissima, che genera problemi nello sviluppo delle mani e dei piedi. Nel caso specifico, la Jones ha la mano destra insolitamente piccola (ed è quella con cui impugna la racchetta). Nonostante tutto, è riuscita a coronare il sogno di giocare a Wimbledon, sia pure nella prova junior (ed è ancora in gara nel tabellone di doppio). Come se non bastasse il suo handicap, lo scorso anno si è sottoposta a ben tre operazioni al polso. Sommate a quelle del passato, è già a una decina. Ma nulla sembra in grado di scoraggiarla. “Dovessi operarmi di nuovo, lo farò senza problemi. Sono focalizzata al 100% su quello che sto facendo e sto dando tutto per arrivare dove vorrei”. Francesca ha spiegato i problemi tecnici dovuti al suo handicap: “Sono piccole cose: ad esempio, mi si è rotta un’unghia perché devo impugnare la racchetta con una certa forza”. Più che nelle mani, il problema nasce nei piedi: “Ho soltanto tre dita nel piede destro, quello dominante, così l’equilibrio è sempre stato il mio punto debole. Ma appena sono cresciuta ho lavorato duramente su questo aspetto, giorno dopo giorno”.
“IL MIO DRITTO E’ GIA’ TRA I MIGLIORI”
Francesca è nata a Bradford, 300.000 abitanti nel centro-nord britannico, a due passi da Leeds. A causa del suo problema ha trascorso l’infanzia entrando e uscendo dagli ospedali, e ha iniziato a giocare a tennis perché – da bambina – aveva qualche chilo di troppo. A quel punto ha scoperto di avere quella dote comunemente definita “talento”. Inizialmente ha dovuto indossare alcune protesi per tenere in mano la racchetta, ma appena ha vinto qualche torneo l’hanno spedita a Barcellona. Era il 2010, aveva nove anni, e i genitori pensarono bene di farle ricalcare le orme di Andy Murray. Entrambi consulenti finanziari, sono le persone più importanti nella vita e nella carriera di Francesca. “Hanno dato tutto per me, sono genitori incredibili”. Numero 4 al mondo tra le Under 14, sperava di giocare a Wimbledon già l’anno scorso (e magari imitare Laura Robson, campionessa proprio a 14 anni), ma le operazioni l’hanno tenuta fuori. Ciò che colpisce, oltre allo sguardo e al corpo acerbo, è la sua decisione. L’incapacità di piangersi addosso. “Non mi importa essere definita per il mio handicap fisico. A ben vedere, è qualcosa di cui sono orgogliosa. Non ho intenzione di farmi condizionare, anche perché non si tratta di una cosa realmente negativa. In tanti mi criticano, ma per me è solo una motivazione. Penso solo a me e cerco di utilizzare la situazione a mio vantaggio”. E’ capitato che le affibbiassero qualche soprannome per il suo modo di tenere la racchetta, ma lei ha imparato a non farci caso. “Adesso la gente può vedere dove sono arrivata. E magari ho zittito qualcuno”. Quando era piccola, Francesca era costretta a giocare con un manico tagliato su misura. La mano destra era talmente piccola che non esisteva un manico adatto. “Però adesso la mia mano è cresciuta, quindi utilizzo un grip abbastanza normale. E il mio dritto è uno dei migliori proprio a causa del gran lavoro che ho dovuto fare. Credo che il mio tennis sia già al livello delle top-5 junior”. Francesca non lo sa ancora, ma se dovesse diventare una professionista affermata, sarà un simbolo, una bandiera, per le persone meno fortunate. E alimenterà il motto secondo cui “se vuoi, puoi”.