La semplicità, secondo il nostro talent scout, fa parte del talento. Anzi ne è la base. E Sinner ne ha da vendere
La Sinnermania sta contagiando l’Italia e non solo: come accade a tutti i grandi campioni, perché ormai lui lo è, Sinner è sulla bocca di tutti e piace, soprattutto perché è sempre se stesso e non se la tira. La miglior dote di Jannik è la semplicità: quella dote che ti permette di concentrarti sulle priorità e di venire subito al sodo in ogni cosa che fai. Ti aiuta a evitare per quanto possibile il superfluo e a concentrarti sul lavoro; non ti fa perdere tempo, ti pulisce la testa: insomma, ti fa rendere al massimo.
La semplicità fa parte del talento, anzi ne è la base; noi sbagliando per talento spesso intendiamo le doti tecniche, il colpo ad effetto che ti stupisce: la smorzata millimetrica, il passante in corsa, l’estro in generale. Anche questi aspetti ne fanno parte, certamente, ma sono molto più importanti la passione, la cultura del lavoro, la dedizione, direi l’amore per quello che si fa.
Tutti i grandi campioni di qualunque sport, ma direi anche tutte le persone di successo possiedono questa qualità, e quando perdono un po’ in semplicità – per problemi fisici, di usura o perché sono appagati – inevitabilmente cala anche il loro rendimento.
Tutti i grandi giocatori che ho avuto il piacere di conoscere e persino di lavorarci assieme, uomini e donne, avevano questa dote, compresi coloro che facevano parlare non solo di sport, come Borg, McEnroe, Noah, Panatta, Ivanisevic, Seles, Serena Williams e mille altri.
Se ho avuto un po’ di successo nel mio lavoro è perché ho sempre cercato queste doti nei ragazzi e ragazze che mi capita di vedere, molto più che il dritto o il rovescio.
La lezione che Sinner ci dà in campo e fuori è proprio questa. Non l’ ho mai sentito parlare, che so, di videoanalisi, di psicologi, di altre cose più o meno superflue; magari le usa, ma sottolinea piuttosto il lavoro, l’impegno, la serietà. Esattamente come facevano e fanno i vari Federer, Nadal, Murray, Djokovic ma anche chi non è magari un grande campione, ma un ottimo professionista, per restare in Italia Sonego, Arnaldi, Darderi, Cobolli, Nardi e tanti altri.
Stanno lontani dai ciarlatani che sono tantissimi, specialmente nel circuito giovanile ma non solo; nel 2017 persino Djokovic si lasciò sedurre da un ignobile cazzaro, una sorta di santone e quasi gli costò la carriera.
Per questo nel mio lavoro non ho mai ‘firmato’ ragazzini che girano con due coach, preparatori, psicologici, video riprese, e via dicendo: non me ne sono mai pentito.
Per cui ascoltiamo Jannik, e coltiviamo la semplicità.
Ricordatevi che chi dà il 100% di se stesso non è mai un perdente, ma un grande. Oggi impera una cultura per cui se non vinci, non sei nessuno, e purtroppo si fa strada anche tra i bambini, in tutti gli sport. Mi stupisco che nessuno abbia mai allertato Il telefono azzurro. Chissà, forse sarò il primo a farlo.