Lorenzo Sonego gioca un match splendido contro il top-30 Joao Sousa, ma cade a un passo dal traguardo, dopo quasi tre ore di lotta. Le qualità mostrate, tuttavia, lasciano ben sperare per il futuro. “Questo match mi servirà”. Vero, forse più di una vittoria che avrebbe generato tanta gloria effimera…LA STORIA DI LORENZO SONEGO – 303. Sono le posizioni che separano nel ranking ATP il torinese Lorenzo Sonego dal portoghese Joao Sousa, numero 30 del mondo, ma nel caldissimo pomeriggio romano non se n’è vista nemmeno mezza, e c’è mancato poco che il lunedì degli Internazionali d’Italia si trasformasse nel Sonego-day. Molti dei presenti non l’avevano nemmeno mai sentito nominare, hanno seguito l’istinto (e la massa) e si sono fiondati sul Campo 2, prima a conoscere e poi a sostenere al grido di “Lorenzo, Lorenzo” quel ragazzo magro come uno spillo, senza un grammo di muscoli, dalla maglietta gialla fluorescente e il diritto che viaggia fortissimo. Lui se n’è andato deluso, perché l’impresa l’ha assaporata sul serio, per quasi tre ore, prima di arrendersi 6-7 6-3 7-5. Ma loro no, perché negli ultimi anni era capitato veramente di rado di trovare un giovane azzurro tener testa a un giocatore molto più navigato, che solo tre giorni fa ha strappato un set a Rafael Nadal. È vero, nel 2015 c’è stata la bella storia di Matteo Donati, ma l’alessandrino era già piuttosto noto dai tempi dei tornei juniores, quando giocò tutti i tornei under 18 del Grande Slam. Il grande pubblico lo stava aspettando. Sonego invece è arrivato senza avvisare, dopo una crescita nell’ombra, e proprio per questo, forse, la sconfitta potrebbe tornargli più utile di una vittoria a doppio taglio. Manca la libidine, le interviste in tv e il Foro che impazzisce per lui, ma sarebbe stato solo un tornado di popolarità effimero, pericoloso, difficile da gestire per un ragazzo introverso, una gloria pronta a svanire quando tornerà inevitabilmente a combattere nel circuito Challenger. Una sconfitta così, invece, diventerà sicura fonte di crescita, per un ragazzo che a metà 2014 non era nemmeno nel ranking ATP, mentre 24 mesi dopo si è guadagnato coi denti un posto nel main draw di un Masters 1000. Se le premesse sono queste c’è da scommettere che non rimarrà l’ultimo.
A DUE PASSI DAL MIRACOLO
L’azzurro ha mostrato di avere tutte le qualità per colmare più o meno rapidamente il gap con giocatori come Sousa, tennistiche ma anche mentali. Lo aiuta un carattere freddo, quasi timido, ma che gli torna utilissimo quando ci sono da gestire le situazioni più complicate. Si è visto nel primo set, rimesso in piedi dopo una partenza da incubo (0-3 e doppio break), non appena la tensione della “prima volta” se n’è andata via. E pure nel tie-break, gestito a suon di servizio-diritto come se fosse normale amministrazione. E poi di nuovo nel terzo, aperto da un break di Sousa al termine di un game infinito, da 24 punti. L’azzurro ha salvato sei palle-break, con lucidità, cuore e cervello, ma non la settima, e in quel frangente poteva crollargli il mondo addosso. Invece ha continuato a lottare come un leone, spinto dal pubblico del Campo 2, ma anche da quello dell’adiacente Campo 1 (in barba al match in corso) e pure da una cinquantina abbondante di spettatori che hanno abbandonato Errani-Watson, per arrampicarsi fino in cima al Grandstand e guardare giù. È rimasto aggrappato a Sousa sperando che passasse una chance: è arrivata sul 4-3 e lui se l’è presa, rimettendosi in parità e salendo poi sul 5-4, dopo un altro game infinito, con tanto di “time violation” che gli ha tolto la prima di servizio. Molti sarebbero andati in escandescenza, lui è rimasto tranquillo e ha vinto il game. E quando nel gioco successivo è risalito da 30-0 a 30-30, arrivando a due punti dal match, il pubblico ci ha creduto per davvero. Ma Sousa ha detto “no”, ed è forse proprio quello l’unico momento in cui è emerso quel tantino di esperienza in più che ha fatto la differenza. Il portoghese ha mostrato carattere, si è preso il 5-5, e poi ha raccolto il crollo dell’azzurro, che ha regalato il break con un paio di errori di troppo e poi non ha più saputo recuperare.
“FELICISSIMO. HO IMPARATO TANTO”
Perdere sul filo di lana fa sempre male, ma bisogna anche saperci arrivare, ed è per questo che l’azzurro, nella prima conferenza stampa della sua vita, non ha nascosto una certa soddisfazione. “È girata un po’ male, alle fine mi sono mancate le energie, ma sono felicissimo del mio torneo. Già dalle pre-qualificazioni ho capito che posso giocarmela anche con gente più forte di me, anche con gente come Sousa. Ho dato il massimo, ho lottato col numero 30 del mondo e ne sono veramente contento. La sconfitta ci sta, lui nei momenti importanti è stato bravissimo, non ha regalato nulla. Contro questi giocatori le partite bisogna andare a prendersele con le proprie mani. Lavorerò e cercherò di migliorarmi per ottenere risultati sempre più importanti. Già da un paio d’anni sto cercando di avvicinarmi al campo, per giocare in maniera più aggressiva. Prima aspettavo spesso l’errore del mio avversario, ora invece, anche di rovescio (il colpo meno forte, ma che ha fatto progressi importanti nel giro di poco tempo, ndr), cerco di costruire il punto, di andare a prendermelo”. “Lavorerò” e “migliorarmi”, due parole che ha ripetuto a raffica, un sacco di volte, segno che ci crede davvero, oggi ancor più di ieri. “Questo risultato mi dà grande fiducia, la partita mi insegna molte cose, ora devo continuare su questa strada”. Gli è stato chiesto cosa gli avesse detto Sousa dopo il match-point: “si è congratulato, mi ha detto che di questo passo avrò un futuro. È stato bravo”. E al termine della conferenza stampa, Lorenzo ha chiuso con un “grazie a tutti”. Banale? Altroché. Dei colleghi più navigati non lo fa praticamente nessuno, visto che dopo anni e anni al centro dell’attenzione le interviste le eviterebbero più che volentieri. Conviene sperare che Lorenzo inizi presto a non ringraziare più.
MASTERS 1000 ROMA – Primo turno
Joao Sousa (POR) b. Lorenzo Sonego (ITA) 6-7 6-3 7-5
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