Cadono le accuse contro il giovane arrestato durante l’Australian Open, sospettato di inviare in tempo reale i risultati di un match per favorire alcuni scommettitori. Sarà rivoluzione? 
L'arresto di Dobson aveva generato un certo scalpore

Di Riccardo Bisti – 6 marzo 2014

 
Il tennis offre sempre meno tolleranza agli scommettitori. Fino a qualche anno fa c’erano decine di “professionisti” in giro per il tour, armati di computer, che sfruttavano la presenza sul posto per scommettere in tempo reale. Da allora, ATP e WTA sono intervenute e hanno drasticamente ridotto il fenomeno, con vere e proprie “espulsioni” dai tornei. Ma è una continua rincorsa tra guardie e ladri, acuita dai nuovi dispositivi elettronici come tablet e smartphone. Ad oggi, è piuttosto semplice camuffare una scommessa con l’invio di un sms o un giochino sui social network. Tuttavia, un fatto accaduto in questi giorni riaccende la speranza di chi svolge questo tipo di attività. Un tribunale australiano, infatti, ha lasciato cadere le accuse nei confronti di Daniel Thomas Dobson, un ragazzo britannico di 22 anni, arrestato lo scorso gennaio durante l’Australian Open. Motivo? Utilizzava di nascosto un dispositivo per inviare i risultati in tempo reale al suo datore di lavoro, Sporting Data Limites. Non scommetteva direttamente, ma avrebbe dato un certo vantaggio ad alcuni scommettitori, i quali avrebbero saputo con qualche secondo d’anticipo l’andamento degli incontri. Dobson fu accusato del reato di “courtsiding”, il quale vieta un passaggio di informazioni più veloce rispetto ai canali ufficiali. Fu rilasciato quasi subito e gli consentirono di tornare in patria, ma le indagini sono proseguite. Fino alla decisione di archiviare tutto. Un portavoce della polizia del Victoria ha deto: “Dopo un attento esame, abbiamo deciso di accettare la decisione del pubblico ministero di non procedere con il caso. Ma questa scelta non deve essere presa come un invito a recarsi all’Australian Open 2015 con l’obiettivo di scommettere da bordo campo”.
 
E’ emerso che Dobson girava per Melbourne Park con un dispositivo nascosto nel suo abbigliamento, forse addirittura nell'intimo. Questo gli consentiva di trasmettere in tempo reale i risultati di un primo turno maschile. Per questa ragione, era stato accusato di una condotta che avrebbe potuto corrompere l’esito di un scommessa. Dobson è la prima persona a subire questo genere di accuse da quando è stata istituita la legge nello stato del Victoria, il cui obiettivo è porre freno al dilagante fenomeno delle scommesse. Pare che fosse in grado di inviare i risultati con quasi 10 secondi di anticipo rispetto ai canali ufficiali del torneo (in particolare, il livescore del sito). In questo modo, avrebbe dato ad alcuni scommettitori un vantaggio sleale rispetto agli altri. Sapere in anticipo l’esito di una palla break, in effetti, consente al giocatore di effettuare una scommessa prima dell’aggiornamento delle quote. Si opera sul filo del rasoio, ma si possono ottenere guadagni importanti.
 
Come detto, Dobson era tornato in Gran Bretagna subito dopo. Il magistrato Gerard Lethbridge aveva accettato il rilascio, a patto che il giovane fosse andato a vivere con il padre, ispettore della Metropolitan Police. David Galbally, avvocato del ragazzo, ha informato che il rilascio risale al 27 gennaio, subito dopo la fine dell’Australian Open. “La polizia non aveva alcuna prova per sostenere qualsiasi accusa – ha detto Galbally – in particolare, non c’era nessuna prova del fatto che stesse facendo qualcosa di illegale, o magari interferire con l’evento sportivo”. L’unica certezza è che lavorava per Sporting Data, società di consulenza per gioco d’azzardo e le scommesse. La stessa Sporting Data ha espresso tutta la sua soddisfazione: “Siamo lieti del fatto che l’accusa di corruzione a carico del nostro cliente sia caduta, e che Sporting Data e i suoi amministratori siano stati prosciolti da ogni accusa. Era tutto falso, e sembra proprio che la polizia sia stata malconsigliata in materia. Un ringraziamento a tutti quelli che ci hanno sostenuto in un momento così difficile”. Secondo le accuse, Dobson è una delle sei persone mandate in giro per il mondo da Sporting Data per fare questo tipo di lavoro, e pare che la settimana prima dell’Australian Open avrebbe già avuto problemi al torneo di Auckland.