dalla nostra inviata a New York Roberta Lamagni – foto Ray Giubilo
Di normale amministrazione a una lettura superficiale, per via della classifica delle contendenti: numero 7 e 33. Tra i più delicati e insidiosi tra quelli che potessero capitare ai sedicesimi, per chi può leggere tra le righe.
Il match tra Francesca Schiavone e Alona Bondarenko, alla sua ottava edizione, presentava un conto di 4 a 3 per l’italiana. Ancora più determinante tuttavia l’ultimo precedente, l’unico siglato 2010, in occasione dell’incontro di Fed Cup contro l’Ucraina. Proprio quella sconfitta che, per stessa ammissione di Francesca, l’aveva messa in crisi e fatta dubitare di se stessa.
Sarà forse per questo che oggi la Schiavo aveva negli occhi il fuoco della competizione, sin dai primi colpi. Un braciere che in lei mai si spegne, ma che per questo terzo turno newyorkese era stato sovralimentato.
In più la pressione di dover almeno eguagliare il risultato dello scorso anno: un ottavo di finale ottimo per quel tempo, appena sufficiente oggi.
Concentrazione e determinazione massima, quindi. Quella che ti fa correre disperatamente anche sui vincenti inarrivabili e sbraitare quando, sul 5 a 0 in tuo favore e 30-40 si perde un’occasione per l’ennesimo break.
La Schiavo del primo set ha il piglio della regina di Parigi. Topponi carichi, profondissimi, spinti anche con fiato e voce. La condizione atletica, straordinaria, è quella di sempre. Si chiude così il primo parziale con il punteggio di 6 a 1.
Nel secondo un moto d’orgoglio dell’avversaria, che alza decisamente il livello, coincide con un rilassamento fisiologico di Francesca, che si trova sotto 4 a 1. “Sono bastati un paio di diritti sbagliati per ritrovarmi sotto”, dirà lei. Poi la scossa. Come già le era capitato contro Melanie Oudin a Reggio Calabria, durante la finale di Fed Cup. Quel colpo sotto le gambe, alla Federer… no alla Schiavone, diciamo noi. La palla che la supera, morbidamente, e lei che scatta e impatta un colpo secco tra i polpacci: “L’ho presa proprio bene, ho tirato forte. A furia di esercitarlo lo gioco meglio di Federer…”. E il pubblico impazzisce.
Da lì 7 punti consecutivi, sulle ali dell’entusiasmo: “Penso che questo colpo abbia ferito l’avversaria, come con la Oudin”, conferma la Schiavo. E il recupero, straordinario, che la sospinge sul 7 a 5.
Il prossimo ostacolo si chiama Anastasia Pavlyuchenkova, con cui Francesca ha perso quest’anno a Miami. “Devo giocare molto bene per batterla. Quello che faccio io le può dare fastidio. Però mi sento bene. Sto vivendo un momento bellissimo e me lo sto godendo. Sento di aver ripreso il ritmo di Parigi ma qui basta un attimo e… sono tutte cavallette”. Chissà cosa penseranno le altre di lei, nel vederla muoversi in campo.
Declassata al campo 11 dal Grandstand, Flavia Pennetta nel frattempo iniziava la sfida con Shahar Peer. L’unico precedente 2010, a Indian Wells, la dava sfavorita. Come prevedibile in un incontro tra giocatrici simili per caratteristiche, la chiave è stata il controllo dello scambio, più spesso nelle mani dell’israeliana. “Sono stata troppo dietro. Lei invece era molto aggressiva e ha messo subito i piedi in campo. Così ho commesso molti errori, troppi”, commenterà a caldo la Penna.
Il primo set si gioca su poche palle. A “braccetto” fino al 4 pari, l’equilibrio si interrompe nel momento più critico, sul 5 a 4 e servizio della nostra con un set point gentilmente offerto con doppio fallo.
Nel secondo parziale la Peer prende subito il largo. Si allontana fino al 4 a 0; poi si concede il lusso di andare alla deriva. Ma quando l’azzurra sembra riagganciare le sorti del match (4-4), è il servizio a tradire Flavia, ancora una volta. Sul 5 a 4 in favore di Shahar, dopo aver annullato due match point e riottenuto la parità, il doppio errore regala alla Peer l’ennesima chance. Questa sarà l’ultima (6-4).
Della carenza di questo fondamentale Flavia è più che consapevole. “Il servizio non è mai stato uno dei miei punti forti. Posso e devo migliorarlo. E oggi sicuramente non è andato bene. Ho fatto pochi doppi falli ma purtroppo quando contava di più”.
La cambiale del quarto 2009 qui allo Us Open le costerà probabilmente l’uscita dalle prime 25 giocatrici mondiali. Ma lo sconforto non le impedisce di fare un’analisi lucida sull’annata in corso. “Reputo comunque questa stagione buona, anche perché sapevo che non sarebbe stato facile ripetere i risultati del 2009”. Senza considerare i numerosi successi in doppio valsi alla coppia Dulko-Pennetta la prima posizione in tabellone. L’avventura newyorkese, per la Penna, non si è ancora conclusa.
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