La Schiavone è la prima italiana in una semi Slam da oltre 50 anni. Eccola in un’intervista a tutto campo… GUARDA LE FOTO

 

di Roberta Lamagni – foto Fabrizio Stipari

 

Per tutti è la “Schiavo”, la “Leonessa”. Per gli appassionati sportivi è la ragazza simbolo del tennis azzurro, un autentico personaggio, di quelli rari, capace, in un periodo di ombre per il nostro sport, di riportarlo agli onori della cronaca insieme alla compagna d’avventura Flavia Pennetta. Merito delle imprese tennistiche, certo, con due vittorie e una finale, nella massima manifestazione internazionale a squadre, la Fed Cup. Ma anche grazie a qualità “extrasportive”, quel carattere così forte, deciso, al limite dell’ostinazione, quella totale noncuranza delle convenzioni, risultato di una schiettezza e di un carisma innati.

 

Qualcuno la ricorderà forse in una apparizione televisiva a “Striscia la notizia”, ad affrontare la consegna del Tapiro d’Oro per una esternazione in campo “poco consueta”: spigliata, divertente, reattiva alle battute di Staffelli come a una risposta alla prima di servizio. Del resto Francesca Schiavone è così: o si odia o si ama. Una straordinaria combattente in campo, una che non si tira indietro davanti alla fatica, alla sofferenza, ma che anzi affronta ogni ostacolo con il sorriso, perché lo ritiene indispensabile alla sua crescita come atleta. Ci aveva fatto sognare nel 2006 raggiungendo l’11a posizione nel ranking mondiale, come nel 2001 con i quarti di finale al Roland Garros o nel 2003 agli US Open. Poi una frenata, 20 posti persi in 6 mesi. Un passaggio buio in una carriera così luminosa fino a quel momento. “Piuttosto naturale per chi gioca ad alti livelli”, rassicura lei, “una pausa è necessaria dopo anni consecutivi di crescita”.

 

E in effetti, puntuale, ecco la ripresa. Il primissimo acuto in carriera in un torneo Wta e tanta grinta, tanta voglia di rialzare la testa, tante motivazioni da esprimere e “consumare” nella dura preparazione invernale. Noi l’abbiamo incontrata tra una pausa e l’altra di un allenamento a San Floriano, nelle vicinanze di Verona. Provata dalle fatiche della mattina, ci ha rivolto una sola raccomandazione: “Iniziamo subito perché poi andiamo a pranzo, ho già il buco nello stomaco”. Non sapeva ancora, povera Francesca, che la nostra chiacchierata si sarebbe protratta molto, molto a lungo…

 


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di Roberta Lamagni – foto Fabrizio Stipari

 

– Quale colpo o aspetto del tuo gioco ritieni il tuo punto forte?

“Per come sono fatta è importante che stia bene fisicamente e sia in grado di poter lottare. Se parliamo di colpi, sicuramente il diritto”.

 

– Su quale superficie ti esprimi al meglio?

“Amo giocare il Roland Garros. E’ sulla terra, quindi per le mie caratteristiche va benissimo. Però sul veloce ho vinto partite importantissime. Diciamo che mi sento di escludere l’erba, non mi ci trovo proprio, anche se cercano di convincermi che ci potrei giocar bene. E invece entro in campo, le altre fanno a pallate e io non rispondo a quel gioco. Anche indoor ho ottenuto buoni risultati, le finali di Lussemburgo e Mosca su tutte, ma preferisco di gran lunga giocare all’aperto e quando c’è caldo”.

 

– Quando le avversarie soffrono e invece tu…

“Anche se non lo do a vedere anche io faccio molta fatica. Forse la differenza è che mi piace”.

 

– Qual è l’aspetto che pensi di poter migliorare?

“Sto lavorando tantissimo sui piedi, per muovermi più rapidamente, incontrare la palla con anticipo ed essere più precisa. A livello di colpi, mi sto allenando molto sul rovescio, perché quando le mie avversarie mi aggrediscono lo fanno lì. Mi piace il mio gesto, ma quando colpisco devo stare attenta, perché appena mi distraggo un minimo, o sono in ritardo, arriva puntuale la “stecca”. Ho provato anche a mettermi le lenti… ma non è un problema di vista (ride, ndr)”.

 

– Quanto dura, nei periodi di preparazione, una tua giornata di allenamento?

“Inizio alle 8,30 e finisco verso le 12. Ma non conta tanto la quantità. Ci sono giorni in cui gioco 3 ore a tennis, altri in cui mi alleno sul campo un’ora e mezza e poi proseguo con un’altra ora e mezza o due di atletica. E nel pomeriggio lo stesso, ma la preparazione varia molto. Di certo so che arrivo al sabato e non riesco più a sollevare le braccia, faccio persino fatica a lavarmi i capelli…”.

 


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di Roberta Lamagni – foto Fabrizio Stipari 

 

– La tua giornata ideale se non giocassi a tennis?

(1 minuto di silenzio) “Non ci ho mai pensato (ride, ndr). Mi alzerei sicuramente presto, perché mi rendo conto che, quando dormo più del solito, sono stordita per il resto della giornata. Farei una mega colazione, ogni giorno all’americana, con bacon, uova. Andrei a piedi a prendermi il giornale, poi un giro con la mia moto al mare o al lago e a pranzo fuori, in tutta tranquillità. Una giornata molto semplice, ma un’attività fisica la farei comunque: una gara, una corsa, una sfida a qualsiasi cosa, che sia bowling o calcetto. La sera, quando ne ho la possibilità, adoro mangiare con i miei amici o la mia famiglia, mi dà energia”.

 

– A proposito di famiglia: cosa hai preso da tuo padre e cosa invece hai ereditato da tua madre?

 “Questa la devono leggere, quindi facciamo due calcoli. Da papà le qualità atletiche, lui ha sempre fatto sport: giocava nei pulcini del Milan, faceva le staffette, mi portava a correre e a giocare a calcio. Quindi la coordinazione, la struttura corporea. Da mamma invece ho ereditato la forza: mia mamma è fortissima, mi sorprende sempre quando le vedo portare le borse della spesa. I miei genitori hanno due fasce muscolari diverse: una è resistente (papà), l’altra è esplosiva. Ma da mamma ho preso anche il carattere, ho la testa dura, sono una Minelli. Mio padre è molto più riflessivo, mentre io sono impulsiva, se posso agire, lo faccio”.

 

– Quali sono le persone che hanno dato una svolta alla tua vita?

“Mi ritengo molto fortunata perché le persone importanti nella mia vita sono state tante. Mamma e papà innanzitutto, anche se prima di uscire e confrontarmi con altre realtà non ero in grado di apprezzarlo. Poi Daniel (Panajotti, ndr), perché quello che mi ha insegnato in campo è impagabile. E ci metto Giovanni Palmigiani. L’ho conosciuto quando avevo 19 anni, è il mio allenatore mentale. Lui ha lavorato tantissimo su di me, ha tirato fuori Francesca. Ero una “bestiolina” prima, poi crescendo… Ah, il mio dottore, Luigi Formica. Sono stata molto fortunata; probabilmente mi avranno dato molta fortuna in cambio di un po’ di cervello… (scoppia a ridere, ndr)”.

 


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di Roberta Lamagni – foto Fabrizio Stipari

 

– Per tutti, in Italia, sei la Leonessa, ti piace come soprannome o ti infastidisce?

“Diciamo che lo accetto. C’è stato un momento in cui è significato molto. Ora continuo a sentirmi così ma vedo nella leonessa qualcosa che non vedevo prima. Qualche mese fa ho fatto una ricerca e ho voluto capire chi fosse veramente questo animale, dato che tutti continuavano a paragonarmi a lei. In fondo non credo di saper solo ruggire, dentro di me c’è altro”.

 

– Quale è stato il risultato finale della ricerca?

“Ho scoperto come la leonessa vive e si nutre: fa dieci attacchi, sapendo già sin dall’inizio che di questi dieci ne andranno in porto due. Ogni attacco è per lei molto dispendioso, e lei lo sa. E’ la sua storia: procrea, cresce i piccoli, che poi però si separano. Vive tanto sola quanto per la famiglia. Tutte queste informazioni mi hanno fatto pensare, ne ho parlato anche con Giovanni. E ora l’apprezzo e sono convinta che mi rappresenti più di prima, quando pensavo mi paragonassero a lei solo per la grinta e le urla in campo. Poi è un animale molto forte, può sopravvivere in tante situazioni…”.

 

– In passato hai avuto motivi di incomprensione con la stampa. Ora come vivi questo rapporto?

“A inizio carriera ero insopportabile, senza un motivo particolare. Ero molto diversa da adesso, meno disponibile. In generale credo sia perché apprezzo chi riporta veramente quello che dico, senza stravolgerne il senso. Ricordo che durante un’intervista un giornalista che avevo davanti si appuntava dichiarazioni che io non avevo fatto, mettendomi in bocca parole come “finalmente” o “miracolo” che per mentalità mia non avrei mai detto. Cercavo di esprimere sensazioni che anche per me erano confuse, parlare di me stessa nel profondo, dell’espressione di sé… queste sono cose che non farò mai più, mai più. Quando cerchi di spiegare a modo tuo quello che è veramente importante per migliorarti e dall’altra parte avverti che non interessa e che invece vogliono solo sapere se arriverò mai tra le prime 10 al mondo… non si può riassumere tutto in una risposta! Prima questo mi infastidiva moltissimo. I giornalisti avevano le loro responsabilità e io le mie, perché ero difficile, facevo fatica a spiegarmi, non mi conoscevano e c’era lo scontro… Ora invece il giornalista inizia a conoscermi,

non solo sul campo da tennis, ma anche per come sono io. La persona ‘impossibile da trattare’ nasceva dalla mia rigidità e inesperienza nei confronti di un mondo e di persone che non conoscevo”.

 

– Come vorresti che i giornali parlassero di tennis in Italia e di te?

“Per la mia persona vorrei che rispettassero quello che dico, che raccontassero i fatti per come sono, anche quelli che non vanno. So di avere difetti ma a volte mi dispiace leggere notizie che non mi rappresentano. Per il tennis in generale vorrei vedere più equilibrio nei commenti. Non mi piace che i giornali esaltino una vittoria gridando all’impresa e poi massacrino il giocatore per una sconfitta la settimana successiva. Vorrei una critica più costruttiva. Se il lettore legge un articolo completamente negativo gli resta il ricordo ed è difficile poi fargli cambiare idea. Per questo credo che quello del giornalista sia un ruolo molto delicato”.

 

– Quali sono le differenze, se ci sono, con il giornalismo straniero?

“Mi capita di leggere riviste americane, argentine, spagnole. La situazione è diversa perché sanno di avere tanti campioni. Ma l’esempio più significativo è quello di Nalbandian. Nel 2007 a metà stagione non ha ottenuto un risultato, ma se tu vai a leggere i commenti di quel periodo e le interviste sono tutte positive. Si dice che ha avuto difficoltà, ma gli si riconosce che ha le potenzialità per recuperare”.

 


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di Roberta Lamagni – foto Fabrizio Stipari

 

– E ora uno sguardo al futuro. Quali sono i tuoi obiettivi?

“Il desiderio è di entrare nelle prime 10 del mondo e sto lavorando per questo, dico la verità. Ho tante motivazioni, ho la possibilità e la condizione per farlo. Mi piacerebbe vincere un altro titolo, se non più di uno e ottenere qualche piazzamento significativo nei tornei dello Slam, si sa mai che riesca a centrare il Roland Garros…”. (Profetica! Ndr).

 

– In passato hai incontrato più di una volta Justine Henin, che è considerata un po’ come la Federer in gonnella. Tu cosa ne pensi?

“Lei in questo momento è la numero 1 assoluta. E’ vero, ci ho giocato diverse volte e ho avuto anche più di un set point. Ma c’è differenza tra arrivare al set point e vincere, purtroppo. Anni fa, in finale a Sydney, ero avanti 6-4 5-3 e servizio, e poi ancora 5-4 nel terzo set e servizio, ma niente. Il match è durato 3 ore e 5 minuti, alla fine eravamo due stracci. Ricordo che quando abbiamo giocato il primo incontro degli Australian Open siamo entrate in campo insieme, io l’ho guardata e le ho chiesto: ’Still tired (ancora stanca)?’. Lei mi ha guardato e mi ha risposto ‘Yeeeees’, con gli occhi praticamente socchiusi, distrutta… che ricordi!”.

 

– Riesci a immaginare Francesca una volta conclusa la carriera tennistica? Ti vedi commentatrice tv, manager, coach, dirigente Fit…

“Mi piacerebbe mamma, diciamo così, ma mi hanno detto che avrei le qualità per diventare una buona coach. Anche se penso sia dura ricominciare, riprendere a viaggiare. Se qualcuno mi dice che posso essere utile e che ne ho le possibilità, ben venga”.

 


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di Roberta Lamagni – foto Fabrizio Stipari

 

Sveglia: ore 7

Colazione: pizza, brioche e latte

Racchetta: Babolat AeroPro Drive

Città preferite: Roma e Melbourne

Miglior passatempo: carte, ciccia (un gioco bresciano)

Piatto preferito: pizza e spaghetti alla carbonara

Vacanza ideale: Maldive

Bibita preferita: coca cola con ghiaccio e limone

Auto dei sogni: Ferrari

Moto: Harley Davidson

Sms ricevuti al giorno: 5

Sms inviati: almeno 10 (non mi rispondono mai, ride)

Programma tv preferito: Sottovoce, di Gigi Marzullo (troppo divertente)

Film che ti ha fatto piangere: Il Pianista

Ultimo libro letto: “Mille splendidi soli” di Hosseini Khaled

Cosa ti fa arrabbiare: quando mi aggrediscono

A cosa non puoi rinunciare: agli amici

Animali preferiti: l’aquila e lo squalo (mi affascinano)

Il tuo sogno: vincere il Roland Garros

A che ora vai a letto: 9 e mezza

Trasgressione più grossa: un’orgia (ma dice che stava scherzando, ndr)

 


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