Buon esordio del tedesco, il cui match è terminato sotto la luce dei riflettori, con appena 200 temerari in tribuna. “Amo Monte Carlo, è casa mia – racconta – inoltre mi piace giocare sulla terra, ci sono cresciuto e mi piacerebbe che ci fossero più tornei”. Il suo prossimo avversario potrebbe essere Fognini.

Le luci artificiali sono una rarità al torneo di Monte Carlo. Gli incontri iniziano presto e sono spalmati su più campi, in modo da ultimare il programma ben prima dell'ora di cena. E non c'è traccia di sessione serale, un po' perché l'umidità complicherebbe le cose, un po' perché il Country Club non ha certamente bisogno di incassi extra. Però può capitare che i match vadano per le lunghe e la giornata diventi infinita. È successo martedì sera, quando circa 200 temerari sono rimasti sul campo intitolato a Ranieri III per seguire fino alla fine l'esordio di Alexander Zverev. Molti indossavano giacche, qualcuno addirittura un asciugamano a coprire le gambe. Sotto la luce dei riflettori, il tedesco è rimasto in campo fino alle 20.46 per battere Gilles Muller col punteggio di 4-6 6-3 6-2. La lunga attesa, comprensiva del match del fratello (che ha colto un buon successo contro Lucas Pouille), gli ha creato qualche problema contro il tennis offensivo del lussemburghese. Ma era chiaro che non sarebbe durato a lungo: le batterie di Muller non sono infinite, soprattutto sulla terra battuta. Dal 4-3 nel secondo, Zverev ha raccolto cinque game consecutivi che hanno rovesciato la partita. Nessuno si è stupito quando Muller ha chiuso con un doppio fallo. Con questo successo, Zverev si è garantito un giorno di riposo e lo rivedremo in campo giovedì. Potrebbe esserci un derby contro Jan Lennard Struff, ma anche una bella sfida contro Fabio Fognini. Se l'azzurro arriverà all'esame Zverev, lo farà fresco del successo numero 300 nel circuito maggiore. Sarebbe la rivincita del match dell'anno scorso al Foro Italico, quando Fognini pagò la sbornia dopo il successo su Murray, oltre alla qualità di Zverev.

IL TORNEO DI CASA
Da parte sua, il tedesco vorrà garantirsi la possibilità di scendere in campo nel giorno del suo 20esimo compleanno, venerdì. “Sascha” ha fatto discutere alla vigilia: da una parte, spiegando che gli piacerebbe assumere Ivan Lendl come coach, dall'altra facendo una dichiarazione d'amore alla terra battuta. Il suo stile di gioco farebbe pensare altro, anche se da bambino è cresciuto sui campi del Rothenbaum Club di Amburgo (prima di spostarsi a Saddlebrook, negli Stati Uniti). Invece adora Monte Carlo… e non solo. “Come prima cosa mi piace perché qui sono a casa – ha detto, alludendo alla sua residenza monegasca – questo rende Monte Carlo un torneo speciale. Non passiamo molto tempo in casa e stare qui con famiglia e amici è sempre speciale. Inoltre siamo dei pivilegiati a poter giocare sul campo che offre la migliore vista del mondo”. Reduce dalla finale a Miami, ha rispettato la sua nazionale e ha giocato il match di Davis contro la Spagna, cogliendo un buon successo contro David Ferrer ma arrendendosi (un po' troppo nettamente) a Rafael Nadal. “È stato un weekend molto impegnativo, ma ho avuto tre giorni per ricaricarmi, recuperare e preparare l'inizio della stagione sulla terra battuta”.

"VORREI PIÙ TORNEI SULLA TERRA"
A plasmare i suoi muscoli è stato Jez Green, ex preparatore atletico di Andy Murray: consapevole dell'importanza della parte atletica, ha messo sotto contratto un guru che gli sta fortificando il fisico. “Mi ha preparato per giocare partite molto lunghe, contro i migliori. È una fortuna poter contare su di lui”. Con il suo amico Dominic Thiem in ritardo di condizione, Zverev può pensare di essere il principale rivale di Nadal. In fondo, approfittando della sconfitta di Rafa, lo scorso anno si impose proprio agli Internazionali BNL d'Italia. “Potrei affrontare Rafa in finale, ma prima è lunga. Spero di arrivarci, dalla mia parte di tabellone ci sono giocatori molto forti”. Zverev ha poi ricordato di essere cresciuto sulla terra battuta e, dunque, di non aver dimenticato certe dinamiche. “Il mio approccio con la terra è molto naturale perché ci sono cresciuto. Mi piace il tipo di punto che si gioca, la struttura del match è molto differente. Mi piace allenarmi e giocare sulla terra battuta. Bisogna avere pazienza e la capacità di gestire il punto. Mi piacerebbe se la stagione su terra fosse più lunga, ma ormai il tennis si è indirizzato verso i campi più veloci”. Ci sarebbe una piccola appendice dopo Wimbledon, con il torneo di Amburgo che è stato diretto per anni da Michael Stich, uno dei primi a credere in lui, quando gli diede parecchie wild card sia al German Open che al Challenger di Braunschweig. Adesso, però, Sascha è un top-player a tutti gli effetti. La sua programmazione è da big: giocare sulla terra prima di volare negli Stati Uniti non lo attira più di tanto, neanche con il richiamo della sua città natale. E poi, ormai, nella sua carta d'identità c'è scritto che vive a Monte Carlo…