“Scusa, ma tu da dove vieni?”
“Dallo Yorkshire, in Inghilterra”
“Se ci sarà mai un torneo da quelle parti, verrò sicuramente a giocarlo. Adoro il tuo accento. Non ho capito niente di quello che hai detto, ma non importa”.
Alexander Zverev non sarà un mostro di simpatia, ma ogni tanto si inventa dei passaggi un po' così, quasi surreali e per questo divertenti. Forse era un modo per distogliere l'attenzione dalla domanda che tutti si pongono: sarà finalmente la volta buona per fare grandi cose in uno Slam? I dubbi sono legittimi dopo le enormi difficoltà patite per battere Dusan Lajovic, numero 60 ATP. Ha dovuto tribolare per cinque set, poi l'ha spuntata col punteggio di 2-6 7-5 4-6 6-1 6-2. Il serbo può nutrire rimpianti per il secondo set: aveva vinto il primo, si è trovato avanti 3-1, ma non ha avuto la forza e la capacità di “uccidere” il match. Fosse andato avanti di due set, avrebbe costretto Zverev a un'impresa mai riuscita in carriera: rimontare due set di svantaggio. Invece, terminato il terzo, si è trovato a corto di benzina mentre il tedesco ha preso a giocare piuttosto bene, sia con il servizio che negli scambi da fondocampo. Non è una vittoria banale: Lajovic ha un tennis pesante, perfetto per la terra battuta. E da quando ha assunto José Perlas, ex allenatore di Fabio Fognini, ha dato una svolta alla sua carriera. Probabilmente supererà il best ranking e può salire ancora. Inoltre viene da un buon periodo, con i quarti al Masters 1000 di Madrid e la semifinale a Lione, in cui per poco non batteva Dominic Thiem.
SIPARIETTI PER ALLONTANARE LA TENSIONE
“Dusan sta giocando in modo incredibile, sapevo che sarebbe stata dura. Non ho giocato bene nei primi tre set, ma poi ho trovato il ritmo e le cose sono andate sempre meglio. Ci sono alcune cose su cui devo lavorare, però nel finale mi sono piaciuto, anche se ero un po' stanco”. Sascha era lì lì per innervosirsi quando gli hanno chiesto cosa ha pensato dopo aver perso il terzo set. “Voi giornalisti ritenete che in situazioni del genere si pensi a chissà cosa, invece non è così. In realtà pensi soltanto a giocare, e cosa fare nel prossimo punto, magari a cambiare tattica. In fondo era come aver perso il primo in una partita al meglio dei tre set”. E allora, forse per allentare la tensione, ha iniziato con i siparietti. Quando gli hanno chiesto su cosa pensa di dover lavorare, ha detto: “Non so, magari sollevare pesi per 160 kg! No, scherzo, sto facendo tanta corsa su pista e mi aiuto con il VersaClimb”. D'altra parte, Jez Green è una garanzia per mettere a punto un fisico ben dotato ma con notevoli margini di miglioramento. E poi, lo scambio con il giornalista inglese. Quest'ultimo aveva speso parecchie parole per chiedergli se il Roland Garros può essere lo Slam della svolta, ma lui ha sviato focalizzandosi sull'accento del giornalista. “Il tennis mi piace, ma non come il tuo accento. Sono sicuro che se arriverò in finale, mi farai molte domande”. In effetti, l'idiosincrasia verso gli Slam è preoccupante. E qualcuno, osservando il match contro Lajovic, aveva temuto che potesse nascerne un complesso.
L'INCORAGGIAMENTO DI FEDERER
Zverev ha ricordato il supporto che gli aveva dato Federer in Australia, dopo la sconfitta contro Chung. E pazienza se ha tirato in ballo statistiche sbagliate. “Ero molto abbattuto e lui mi ha detto cose incoraggianti. Per esempio, che non aveva mai superato i quarti fino ai 23 anni di età. Mi ha fatto capire che ho ancora tempo. Ascoltarlo è stato confortante perché se perdi una volta puoi pensare che perderai sempre. Sentire certe parole da lui mi ha fatto pensare che non è la fine del mondo. Da allora ho giocato molto bene, forse gli devo dare credito”. In verità, Federer ha superato i quarti ben prima di compiere 22 anni, quando vinse il suo primo Wimbledon nel 2003. Inoltre aveva raggiunto i “Last Eight” due volte nel 2001, quando era ancora un teenager. Ma il paragone regge, nel senso che i primi anni di carriera di Federer hanno avuto qualche incidente di percorso. Ma era colpa sua, mentre Zverev sta facendo le cose giuste, con la dovuta professionalità. D'altra parte, di Federer ne esiste uno solo. Sascha sente la pressione, come è inevitabile, e allora si rilassa giocando ogni sera alla Playstation. Il suo compagno di giochi è il doppista Marcelo Melo (che ogni tanto compare anche al suo angolo). “Non riesce mai a battermi, e questo mi rende felice. La mia routine serale, in effetti, è tutta qui”. Finché porta fortuna, è bene che la porti avanti. Per eguagliare il suo primato in uno Slam, ovvero centrare la seconda settimana, dovrà battere Damir Dzumhur. Per il resto, meglio fare un passo alla volta e non guardare troppo in là.